Parola ai Poeti: Cristina Bove

 

Qual è lo “stato di salute” della poesia in Italia? E quello dei poeti?

A fronte di una ristretta cerchia di eccellenti poeti, c’è una pletora di autoreferenzialità. O di mediocrità.


Quando hai pubblicato il tuo primo libro e come hai capito che era il momento giusto? Come hai scelto con chi pubblicare? Cosa ti aspettavi? Cosa ti ha entusiasmato e cosa ti ha deluso?

Il mio primo libro Fiori e fulmini è stato pubblicato nel 2007 da “Il Foglio letterario” completamente a carico dell’editore, cui fui segnalata da uno scrittore  che frequentava come me un sito di poesia. Aveva apprezzato la mia poetica e l’aveva proposta al direttore di collana della casa editrice.
Ne fui entusiasta, incredula che mi fosse offerta una simile opportunità. Salvo poi accorgermi che i miei libri non venivano per niente proposti o pubblicizzati, e che avrei dovuto promuoverne io stessa la vendita. Cosa che ho fatto saltuariamente e con scarso successo sul mio blog.
Anche i due successivi, Il respiro della luna e Attraversamenti verticali sono stati editi negli anni seguenti sempre dallo stesso editore.


Se tu fossi un editore cosa manterresti e cosa cambieresti dell’editoria poetica italiana? Cosa si aspettano i poeti dagli editori?

Intanto promuoverei la poesia così come si fa per altre forme di scrittura più popolari, ne diffonderei la comprensibilità attraverso i media fornendo chiavi di lettura e ne farei risaltare la bellezza alla stregua della musica. Soprattutto tra i giovani. Inoltre li invoglierei a “consumarne”come nutrimento essenziale per la mente e per lo spirito.
La poesia dovrebbe essere presente nelle scuole quale conoscenza indispensabile per comprenderne il linguaggio e le regole, in maniera determinante, e non come sezione cadetta degli studi di base.


La poesia di domani troverà sempre maggiore respiro nel web o starà in fondo all’ultimo scaffale delle grandi librerie dei centri commerciali? Qual è il maggior vantaggio di internet? E il peggior rischio?

Il maggior vantaggio della rete è che si può far conoscenza di altre fonti di poesia e di altri poeti. Tessere contatti e organizzare incontri anche dal vivo, per diffondere la poesia e renderla protagonista come tante altre forme d’arte. Chiarirne sempre più la genesi filosofica che la sottende.
Il peggior rischio è quello di far passare per poesia qualunque pensierino romantico , qualche rima in croce, e quindi di ingenerare confusione a chi fosse al primo approccio con questa espressività polisemica e il suo pathos.


Pensi che attorno alla poesia – e all’arte in genere – si possa costruire una comunità critica, una rete sempre più competente e attenta, in grado di giudicare di volta in volta il valore di un prodotto culturale? Quale dovrebbe essere il ruolo della critica e dei critici rispetto alla poesia ed alla comunità alla quale essa si rivolge?

Sì, penso che si possa e si debba creare questa comunità critica e competente. Se ne gioverebbero i poeti ma anche i fruitori di poesia.
L’opera di una simile comunità dovrebbe anche essere di apertura e attenzione verso i primi accenni di un’attitudine poetica innata, anche  se esulasse dai canali degli studi classici. Ed essere in grado di riconoscere una voce poetica valida, capace di  constatare che la stessa è sempre innestata su un bagaglio culturale di grande spessore.

 

Il canone è un limite di cui bisognerebbe fare a meno o uno strumento indispensabile? Pensi che nell’attraversamento della tradizione debba prevalere il rispetto delle regole o il loro provocatorio scardinamento?

Il canone è fondamentale, è referente di un procedimento cui  attenersi perché si possa definire concettualmente,  un insieme di frasi,  “poesia”. Come tale deve conservare la struttura portante, essere di guida nell’addurre la parola comune a simbolo e al significante altro.
Gli scardinamenti sono provocatori, producono inevitabilmente degli eccessi ma, se da una parte rompono schemi, dall’altra aggiungono nuovi referenti , fanno intraprendere nuove strade e creano nuove modalità d’espressione.

 

In un paese come il nostro che ruolo dovrebbe avere un Ministro della Cultura? Quali sono, a tuo avviso, i modi che andrebbero adottati per promuovere la buona Letteratura e, in particolare, la buona poesia?

Sicuramente dovrebbe essere un letterato o comunque uno studioso competente. Una persona saggia i cui meriti  fossero riconosciuti a tutti i livelli, e non un improvvisato esponente politico che non riesce nemmeno a esprimersi con proprietà di linguaggio.
Inoltre dovrebbero essergli forniti tutti gli strumenti necessari per ampliare ogni campo artistico, in una prospettiva che consideri la cultura un bene inalienabile di tutta la comunità, accessibile a tutti senza distinzione di ceti.

 

Quali sono i fattori che più influiscono – positivamente e negativamente – sull’educazione poetica di una nazione? Dove credi che vi sia più bisogno di agire per una maggiore e migliore diffusione della cultura poetica? Chi dovrebbe farlo e come?

I fattori sono molteplici, il livello culturale in Italia è basso, perché veicolato dai mezzi audiovisivi che impongono esempi di vita basati sul consumismo e sul profitto. Bisognerebbe contrastare la superficialità e l’analfabetismo di ritorno, e quello riguardante l’arte e le sue tante espressioni.
Già dalle classi elementari si dovrebbe far nascere l’amore per la lettura, insegnare che il bello della vita è soprattutto ascoltare e dare voce allo spirito, allenare alla percezione di quel sentire che ha bisogno di mezzi espressivi peculiari per essere manifestato e comunicato.
Stimolare già nel bambino la propensione al linguaggio poetico, tramite insegnanti che sappiano renderlo comprensibile e seducente.

 

Il poeta è un cittadino o un apolide? Quali responsabilità ha verso il suo pubblico? Quali comportamenti potrebbero essere importanti?

Il poeta è un cittadino del mondo, portatore di un idioma universale, una sorta di “esperanto dello spirito”.
Certo non può prescindere dalle convenzioni proprie della sua nazione, tantomeno dalle sorti politiche che ne segnano il cammino verso la libertà. È prima di tutto un pioniere di quella nuova era auspicata dalle menti più evolute, filosofi e sociologi che hanno trasmesso l’amore per la giustizia, per la fratellanza, per la pacifica convivenza dei popoli.
Il moderno cantastorie è il poeta, che si pone con coraggio anche, a manifestare l’interiorità del progetto-uomo, la sua dignità di esistente e, in quanto tale, meritevole del bello,  di essere cultore ed esteta, di nutrirsi del succo della vita.
Come insegnava il prof. Keating nel film L’attimo fuggente: “Non leggiamo e scriviamo poesie perché è carino: noi leggiamo e scriviamo poesie perché siamo membri della razza umana”.

 

Credi più nel valore dell’ispirazione o nella disciplina? Come aspetti che si accenda una scintilla e come la tieni accesa?

Vanno di pari passo, ispirazione e disciplina, e la scintilla si accende quando la mente si lascia guidare dallo spirito. Quando le domande si affacciano e le risposte sono improvvisi lampi di intuizione,  quando un’emozione è così intensa che straripa in parole e lacrime. Si scrivono versi mentre intorno ci assediano le abitudini, è come emettere un grido a lungo trattenuto, una fuga dal labirinto, uno slancio in verticale.

 

Scrivi per comunicare un’emozione o un’idea? La poesia ha un messaggio, qualcosa da chiedere o qualcosa da dire?

Scrivo perché se non lo facessi mi sentirei soffocare. Lo faccio in uno stato molto simile alla trance, mi sento isolata da tutto, come sospesa in un’atmosfera che conosco ma che non è riferibile alla quotidianità.
I versi nascono spesso in circostanze drammatiche, ma anche la gioia, può originarli.
Non parto mai dall’impulso di comunicare un messaggio, che spesso, invece, si rivela diretto a me stessa.

 

Cosa pensano della poesia le persone che ami?

In famiglia la vivono come mia condizione speciale, ne sentono il riflesso, ma non sempre riescono a coglierne l’importanza che ha per me. Apprezzano molto di più le mie opere figurative e materiche. Ma ho la fortuna di essere apprezzata da molti amici poeti e questo, per me, è già un bel risultato.

 

Sei costretto a dividere il tempo che più volentieri dedicheresti alla poesia con un lavoro che con la poesia ha davvero poco a che fare? Trovi una contraddizione in chi ha la fortuna di scrivere per mestiere? Come vivi la tua condizione?

Oggi sono libera di dedicarmi alla scrittura. In passato sono stata molto impegnata nella cura di quattro figli. Ho tralasciato molte occasioni che avrebbero potuto essere d’aiuto al mio inserimento in campo artistico. Ho sempre scelto loro.
Non avevo molto tempo da dedicare alle mie attività artistiche, a stento riuscivo, nei ritagli, a dedicarmi alla pittura e alla lettura, quest’ultima la mia passione prioritaria. Leggevo, dipingevo, scolpivo, sempre di notte, non so nemmeno io da dove mi provenisse tanta energia.
Secondo me è fortunato chi può scrivere per mestiere, anche se penso che non è il mestiere a fare lo scrittore.

 

Cosa speri per il tuo futuro? E per quello della poesia? Cosa manca e cosa serve alla poesia ed ai poeti oggi?

Vorrei che i miei versi, con il loro contenuto di vita e di pensiero, fossero letti e condivisi dagli appassionati di poesia, che fossero veicolo della mia anima.
Alla poesia di oggi manca la diffusione correlata alla qualità, è carente la distinzione seria tra chi si autodefinisce poeta perché va spesso a capo, e chi davvero lo è.
Nei blog si può avere un’idea ben precisa di quanto sia assente la capacità di autocritica.
Ma forse tutto nasce dal mancato approfondimento di questa disciplina, che parte sì dall’ispirazione, ma che ha dei precisi canoni che andrebbero diffusi e ratificati,  per vie dirette e indirette, affinché sia chiaro a chiunque si appresti a scrivere che non si può comporre musica se non si conoscono e rispettano le regole. E la poesia è musica.
Anche quando ne rompe gli schemi, cosa che si può fare solo conoscendoli.


 

Sono nata a Napoli il 16 settembre 1942, vivo a Roma dal ’63. Ho cominciato da piccolissima a disegnare, a nutrire la passione per la lettura e la pittura e, in seguito, per la scultura e la scrittura. Oggi mi esprimo soprattutto in poesia.
Sono testimone del mio tempo e della mia esistenza. Amo la libertà e la giustizia, penso che il rispetto della diversità sia un valore fondante tra gli esseri umani. Sono alla costante ricerca di un significato in questo infinito mistero in cui mi sento immersa, ma non mi faccio più domande inutili. Amo la vita, i miei cari, e tutti gli esseri umani dal cuore buono e dalla mente aperta.
Sono presente in diversi e-book, in svariati siti. In alcune antologie tra cui: Auroralia (a cura di Gaja Cenciarelli); La ricognizione del dolore (a cura di Pietro Pancamo); Antologia del Giardino dei poeti (a cura mia e di altri poeti).
Ho pubblicato tre raccolte di poesie: Fiori e fulmini; Il respiro della luna; Attraversamenti verticali per la casa editrice Il Foglio Letterario.
Conduco un blog personale. Partecipo ad alcuni collettivi tra cui PoetarumSilva. Sono ospite de “La dimora del tempo sospeso” di Francesco Marotta.

 

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9 Comments

  • Mi scuso con Alberto Liguoro, è stato un lapsus dovuto a un recente scambio di mail con un omonimo che però fa di cognome Luongo.
    Spero di essere perdonata.

  • Alberto Luongo, la ringrazio dei suoi interventi. Sono s’accordo su molti punti, ottimi spunti di riflessione.

  • Simonetta, ti ringrazio anch’io.

    Mariella, penso che la rete sia una magnifica occasione di conoscere altre voci, alcune davvero bellissime.
    Per me, lo sai, è stato un dono della vita. Mai avrei potuto immaginare di ascoltarle e anche di farmi ascoltare.
    La poesia collega anime.
    Condivido appieno le tue considerazioni.
    ciao

  • Senza la rete, non avrei mai letto Cristina Bove. Non avrei potuto conoscere poeti e scrittori come Rita Bonomo, Amilga Quasino, Mimmo Grasso, Aristide Bellacicco,Flavio Almerighi, Carlo Bordini, Jack Hirschman, Chiara Francini,Beppe Sebaste o Anna Mallamo. Maestri, cantautori ed interpreti ghost whriters come Mario Castiglia (che tra l’altro canta divinamente), cantapoeti come Canio Loguercio, che adoro, e tanti altri non sponsorizzati che da se stessi, dalla propria ricerca di senso e dal passaparola della rete di blogger e frequentatori di siti, riviste o litblog presenti in rete. Per questo non si può che ringraziare i pochi ‘cercatori di pepite’ (Cristina Bove è tra questi) che non si scoraggiano, non si chiudono nella Torre d’Avorio della Cultura e continuano ad esplorare i bassifondi della poesia e dell’arte in cerca di contatto e di contatti, di sintonie e distonie, di affinità e diversità. Il loro contributo alla crescita della sensibilità poetica e letteraria dei molti appassionati dilettanti è fondamentale.

  • se scrivessi il mio pensiero, sarebbe la copia di quello di abele. per cui.
    aggiungo solo, grazie.

    simonetta

  • Come nella sua opera narrativa e poetica, nelle sue tele e le sue sculture, Cristina rivela anche nelle interviste la sua luminosità e il saper cogliere l’essenza delle cose. Un’artista e una persona straordinaria.
    Abele

  • Pingback: sono ospite « ancorapoesia

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