Poesia Condivisa 2 N.27: ADAM ZAGAJEWSKI

La pelle levigata degli oggetti è tesa
come la tenda di un circo.
Sopraggiunge la sera.
Benvenuta, oscurità.
Addio, luce del giorno.
Siamo come palpebre, dicono le cose,
sfioriamo l’occhio e l’aria, l’oscurità
e la luce, l’India e l’Europa.

E all’improvviso sono io a parlare: sapete,
cose, cos’è la sofferenza?
Siete mai state affamate, sole, sperdute?
Avete pianto? E conoscete la paura?
La vergogna? Sapete cosa sono invidia e gelosia,
i peccati veniali non inclusi nel perdono?
Avete mai amato? Vi siete mai sentite morire
quando di notte il vento spalanca le finestre e penetra
nel cuore raggelato? Avete conosciuto la vecchiaia,
il lutto, il trascorrere del tempo?

Cala il silenzio.
Sulla parete danza l’ago del barometro.

 

da La vita degli oggetti. Poesie 1983-2005, Milano 2012, Biblioteca Adelphi, a cura di Krystyna Jaworska

 

Annamaria Ferramosca
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6 Comments

  • Le cose hanno un partito preso, una fissità funzionale che non tradisce le aspettative. Le cose sono, e sono immuni alla sofferenza, resistenti ai mutamenti dei parametri di spazio e tempo. Si situano in un placido silenzio. Non chiedono nominazione, non rispondono, non colgono la sfida dello scarto, se non con una danza d’inerzia, quasi irridente. Lo scarto è il luogo vuoto dell’inquietudine, l’abisso su cui sporge la Poesia.

  • Sì, come rileva il nostro amico Franco, l’essere pervasi da inquietudine è il discrimine tra gli oggetti e gli esseri umani, attraversati dalle emozioni. ma tanto ancora di misterioso permane nei nostri moti mentali ed è compito e sofferenza del poeta aprirne i varchi a chi legge. grazie, Franco

  • C’è qui il rapportarsi agli oggetti del poeta e attraverso loro al mondo. Il suo è un interrogare ma anche uno svelare e dire tutto ciò che poi è il peculiare umano. Per quanto apparentemente appaia discontinuità tra l’uno e l’altro mondo, in realtà è il linguaggio a unirli- il mondo degli oggetti è quello stesso della razionalità, del rendere funzionale qualcosa ad un interesse umano. C’è dunque un terreno che accumuna, uno stare fianco a fianco come palpebra ad occhio, l’uno interconnesso all’altro ma la tristezza e l’inquietudine sono di uno solo dei due. Se il mondo degli oggetti, il loro interagire rappresenta l’ universalità della macchina, quello del soggetto gli è drammaticamente contro. Ed è così perché a quest’ultimo appartiene non solo la contin\guità delle leggi fisiche a quelle chimiche a quelle matematiche etc che costituisce la materialità dell’orologio meccanico ma anche il salto dal nulla al pensiero cosciente e dunque all’inquietudine. Da questo punto di vista il nostro far parte della natura è avvolto dal più grande mistero, come possa cioè inserirsi nella spontaneità generale dell’invecchiamento dell’universo il nostro progredire per salti ed il suo portarsi dietro le angosce, come l’altro il degradarsi dell’energia. A guardare il fondo nero dell’uomo questa volta è l’Hubble del poeta con le sue richieste incalzanti. La rivelazione sconvolge il barometro sulla parete, abituato al tranquillo procedere della pressione che per rispetto della natura non fa salti.
    La poesia qui è del contrasto abissale tra l’uno e l’altro mondo, la contraddittorietà stessa su cui si regge l’animo umano, oscuro persino nella sua razionalità, incapace di rispondere alle domande fondamentali. ciao Franco

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