Un percorso poetico intenso. Mai domo, sempre in prima linea nel prendere di petto ogni tipo di violenza. Fin dal libro d’esordio la ricerca è sempre stata verso quel germe, quel nervo scoperto che tenta di identificare e chiarire un universo di meccanismi inceppati, situazioni compromesse, abitudini generalizzate, l’uniformità dell’agire comune. E più che una forma d’analisi emerge soprattutto un’indignazione randagia, uno sdegno che non tace.
Partire da fatti realmente caduti e non essere solo cronaca, sfuggire la banalità, la retorica, in questo è riuscita Alessandra Carnaroli e nei suoi versi non (ci) ha risparmiato nulla. Da questa lettura non si scappa, è dolorosa, nuda e cruda, la violenza riemerge come se non se ne fosse mai andata ed a volte è ripugnante quanto scritto ma incute pure rabbia, consapevolezza, voglia di resistere. Questi versi non celano il lato buono, la libertà acquisita né fanno intravvedere certezze e rinascite e così facendo ci lasciano immersi dentro questa realtà, entro questi limiti umani, entro questa inciviltà.
Nei testi trovano spazio le vicende più varie: violenze familiari, violenze nelle scuole, femminicidi, violenze razziali, la non accettazione del diverso. C’è l’intero panorama delle violenze qui esposto in cattiva mostra. Accanto a queste violenze, le motivazioni ad esse legate sono spesso tralasciate o rese ancora più improbabili eppure vere, proprio perché la ragione sfugge dietro a questi sfoghi, a questi istinti irrefrenabili. Spesso la brutalità pare figlia di una eredità sociale da cui fatichiamo a distaccarcene del tutto, pare quasi “naturale” la predisposizione ad agire con azioni assurde.
Il linguaggio rimane rasoterra, scarno, semplice, essenziale, spesso farcito di errori grammaticali quasi a sentenziare che le colpe provengano dall’ignoranza, da una mancanza di cultura, da riferimenti deboli a cui sorreggersi nei momenti delicati. E visto che spesso ci sono bambini di mezzo, la scrittura cerca anche di mimare la voce con parole proprie di un’età infantile, e così facendo ci pare ancora più vicina la vicenda esposta.
Alcuni versi sono pensieri malati, frasi di pazzi. Eppure è tutto reale, è vita che esiste e bisogna affrontare, oltre le scuse e le colpe, le nefandezze più turpi.
(Marco Scarpa su Primine, presentazione reading “Traversi incontra pordenonelegge”, Treviso 2017)