Poesia Condivisa 2 N.16: Patrizia Cavalli

Il cuore non è mai al sicuro e dunque,
fosse pure in silenzio, non vantarti
della vittoria o dell’indifferenza.
Rendi comunque onore a ciò che hai amato
Anche quando ti sembra di non amarlo più.
Te ne stai tranquilla? Ti senti soddisfatta?
Potresti finalmente dopo anni
d’ ingloriosa incertezza, di smanie e umiliazioni,
rovesciare le parti, essere tu che umili e che comandi? No, non farlo,
fingi piuttosto, fingi l’amore che sentivi
vero, fingi perfettamente e vinci
la natura. L’amore stanco
forse è l’unico perfetto.

da Datura, Einaudi, 2013

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Annamaria Ferramosca
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3 Comments

  • Grazie, come sempre, Franco, ormai presenza cara, speciale. anche a te buon anno, di cuore. 1

  • Auguro a tutti i lettori di questa rubrica, silenziosi e non, un anno di condivisione poetica, di umiltà e solidarietà con tutti coloro che hanno, e sentono profondamente nella carne, la bellezza e la necessità della sua salvezza.

  • Quello che mi prende subito di questa poesia è l’humus in cui è contenuta. Datura è il nome di un genere di pianta. D. Stramonio è quella a fiori bianchi molto grandi e lunghi, facile da incontrare ai margini delle strade (almeno qui in puglia), quanto nota agli antichi, alla medicina ed agli shamani. Ma che ne sanno le piante di ciò che fermentano al loro interno? Se la droga che scorre nelle loro vene è tossica per l’uomo è affare di quest’ultimo che non dovrebbe mettere le mani dappertutto, anche dove potrebbe farsi molto male. Ma tant’è!
    Però la poesia è bella e risuona di Pound e di Pessoa ma anche di Leopardi. La poetessa come altre in questa rubrica mi è nuova- a dispetto della sua notorietà, scoperta dal sottoscritto solo adesso. Me ne rammarico-.
    Il cuore dunque!
    Quello evidente e quello nascosto, il primo che rimbalza all’ emozione della bellezza e della rivoluzione di sensi e l’altro che conosce le leggi del lungo corso e sa che deve tirare diritto e lavorare duro contro le onde della vita. Il giudizio del primo però è implacabile con l’amore: vendetta, rivalsa o al massimo indifferenza quando esso finisce. Il suo no è la freddezza di un ragioniere che sa bene il fatto suo e deve badare alla saldezza del bilancio. Ma qui nulla è sicuro e sempre c’è una parte che non sta al gioc(g)o della ragione.

    Il cuore non è mai al sicuro e dunque,
    fosse pure in silenzio, non vantarti
    della vittoria o dell’indifferenza.

    Si, un infinitesimo di fibrilla resiste indelebile e non obbedisce ai diktat del buon senso. L’ora della passione se n’è andata. E’ questa la verità tristemente nota. In quell’ora è accaduto tutto ma adesso è l’abitudine ad avere il sopravvento. La tempesta non ha durata cosmica, come su Giove, ma si è adattata a tempi terrestri, alla dose di stramonio sopportabile ma pericolosamente vicina a quella mortale. E qui, di questo si tratta-o almeno credo- di quando cioè quello che sembrava equilibrio naturale del dare e avere improvvisamente si rompe e fa emergere la tossicità degli egoismi fino a vedere nell’altro un tiranno. intravvedendo la possibilità di invertire le parti:

    Potresti finalmente dopo anni
    d’ ingloriosa incertezza, di smanie e umiliazioni,
    rovesciare le parti, essere tu che umili e che comandi?

    L’intossicazione fa emergere i veleni dell’odio nei confronti di chi per anni ha dominato e umiliato la nostra identità.
    Ma è qui che invece entra in campo (o meglio deve entrare) il cuore nascosto, il poeta che invoca per sé stesso la natura dell’amore e impone il suo divieto:

    Non farlo!

    Il suo porsi aldilà della contingenza è anche il suo saper andare oltre la natura stessa:

    ….Rendi comunque onore a ciò che hai amato
    Anche quando ti sembra di non amarlo più.

    C’è in questi versi tutto l’epos poundiano: “ciò che sai amare rimane\il resto è scoria”
    che vanno nel senso di non perdere nulla di ciò che si è amato perché l’atto stesso di amare è sacro e capace di rendere l’uomo superiore a sé stesso. In questo “sapere” del tutto speciale è compreso il bene ed il male, l’inizio e la fine ed in questo senso l’amore è perfetto perché vede nella stanchezza un nuovo motivo di vita anche a costo di fingere, sentendola quasi come un imperativo:

    fingi piuttosto, fingi l’amore che sentivi
    vero, fingi perfettamente e vinci
    la natura.

    Dove finzione (che non è lo stesso di mentire) ha il senso più alto del termine, per cui si affida ad essa la sofferenza stessa d’esistere (coi suoi contraccolpi di cercare senso\non senso ) e l’ethos di contrapporsi ad una natura apparentemente invincibile.
    Nel tritacarne della vita sociale, del gioco di maschere, del lavoro con cui ci si procura da vivere e delle interazioni a vari livelli, la finzione sembra valere quanto l’autenticità e solo l’individuo conosce fino in fondo la sua verità. Ma ha un qualche valore ed importanza? L’ amore va salvaguardato ad ogni costo, è la risposta che mi sembra di sentire.
    Ciao e buon anno. Franco

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