La poetica interiorità del mondo

intimo-del-mondo-lucetta-frisaNell’intimo del mondo – Antologia poetica 1970-2014 raccoglie versi scritti da Lucetta Frisa dal 1970 al 2015 (il volume si conclude con l’inedito “Perseidi”, datato, appunto, 2015).

Si tratta di una nutrita sequenza d’intensi brani il cui procedimento di scelta pare adombrato da versi come

“Solo chi sale conosce il precipizio solo
chi ha tante braccia sa lo spazio e il ritmo”.

Versi ricchi di una propensione al senso tale da renderli particolarmente emblematici: espressioni quali conoscere “il precipizio” e sapere “lo spazio e il ritmo” sono in grado di svolgere un ruolo di coordinate poetiche di cui occorre tenere debito conto e, a mio avviso, l’esserne consapevoli aiuta non solo, in generale, a scrivere ma anche a compiere opzioni antologiche (relative a testi propri o altrui).

Altrettanto significativo è il verso

“Da anni attendo quel balzo dal lontano invisibile”.

Un “balzo” non nel ma “dal” remoto territorio “invisibile” che gli occhi, evidentemente, non possono scorgere e della cui esistenza, tuttavia, si può prendere atto.

Se allusione ed evocazione sono tratti caratteristici di un’autrice in grado di comprendere come il superamento di certi canoni possa aprire la strada verso la poesia, non meno importante è la sorpresa:

“In quella stanza di disordine donne e bambini disordinati
tutto un parlottare tra loro mi sorprendono di schiena”.

Quel “parlottare” rende vivace un’immagine definita con precisione: si avverte, qui, l’esigenza di descrivere una circostanza la cui dimensione usuale – poco importa se onirica – non impedisce lo stupore dell’esserci.

D’altronde, si legge a pagina 134:

“Ogni mattina ho il compito di rifare il mondo”.

Si tratta di una pronuncia semplice e pregnante nel suo riferirsi a una straordinaria quotidianità.

Vivere, per la nostra poetessa, è anche “rifare il mondo”.

È degno di nota l’incipit di “Perseidi”:

“Parlerò solo alle stelle”.

Qualcuno, viene da pensare, può rivolgere frasi “alle stelle” ma non “solo” a esse.

Nel caso in questione, nondimeno, chi parlerà soltanto ai luminosi astri notturni ha parlato (e continuerà a parlare) agli uomini, poiché quell’avverbio esprime un’esigenza linguistica in cui la parola, rivolta alle stelle, è in ogni modo partecipe dell’umano verbo.

E proprio in questa tensione idiomatica rivolta verso un tutto inteso come assieme di dissomiglianze consiste, a mio avviso, l’originale cifra di un’autrice che, sensibilissima nei confronti dei molteplici aspetti dell’esistere, non tende a confondersi con essi: “Nell’intimo del mondo” e dall’intimo del mondo, la voce di Lucetta Frisa emerge nella sua mutevole immutabilità durante 45 anni di scrittura poetica.

Essere identici può voler anche dire essere diversi?

È forse questo l’enigma dell’interiorità del mondo.

Marco Furia
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