NOI REBELDIA 2014.02

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DI CASA IN CASA  FINO A CASA DI DIO

Poemetto collettivo anonimo per i senza tetto occupanti la Basilica papale di Santa Maria Maggiore in Roma

 

Da Santa Maria Maggiore i 120 sfrattati ai poeti:
voi, eterni esiliati alla ricerca dell’eternità
voi che nessuno compra i libri di poesia, voi
albatri goffi, vittoriosi nelle tempeste    venite qua
a dividere con noi gli avanzi sotto il cielo della cattedrale

Forti e gentili siamo come Nostra Terra
eppure questa terra non ci è madre
anzi matrigna che ci nega un tetto.
Santa Maria  ci accoglie e ci ricorda
che rosso a tutti  è il sangue  e non esiste blu.

Ripeti il tuo miracolo Maria
della neve d’agosto sopra il colle,
disegni qualcuno sul bianco
un guscio di casa che ascolti
il lento frusciare dei giorni.

Dormire sotto il soffitto decorato a lamine e ceselli
d’oro zecchino è privilegio di papi e re e noi sfrattati
stendiamo l’ossa nelle cappelle laterali vicini ai santi   forse
una coppia copula sul marmo del pavimento
sotto cui riposa senza boria quello che fu il Bernini.

Accarezzare io voi, mi pare cosa ardita che offende.
Superba la forma del bene che si fa senza chiedere
se chi vuole cosa vuole e cosa sa di quel che vuole
in questo uguali noi miserabili col tetto sulla testa.
Forse accarezzare io voi sarebbe un modo di iniziare.

Aiutatemi a comprendere la vostra terra
abbandonata, l’amarezza dei ricordi,
i visi e i luoghi quasi dimenticati,
gli odori e i sapori amati e lasciati.
Aiutatemi poi a capire la miseria nostra.

Eppure non dimentichiamo
la nostra grandezza
nei fuochi di bivacco
nei grandi spalancati tramonti
nel nostro errare in rumorose città.

Sfrattati dimenticati disoccupati
ritroviamo rifugio al fresco d’estate
ombre proiettate sugli affreschi
poetica prigionia provvisoria
nel sogno di uno sperato altrove.

Ma allora, poesia, per millenni hai predicato
Il mutamento e l’approdo, e la luce che avrebbe portato
la verità nei cuori. Ecco il risultato: negli stazzi le pecore
stanno meglio. Basta. Ho gli occhi putridi e non so più cantare.
E tu, Dio, riscrivi le Tavole, adesso, a Santa Maria Maggiore.

Ecco le nostre ore e sfrattati  gli odori ballare     o dio ver-
detto io dio fratto invero e fatto sballo senza sole          verd-
astro    e onnivedente cieco un io d’infarto e  deserto irto
sui tetti senza tetto alti ogni giorno randagi gli sfruttati
hanno occupato la cattedrale, e poeti    disoccupato i sogni

Ma è vostra l’umile grandezza    in sonno
l’urto del capo sull’inginocchiatoio-guanciale
a ricordare    l’acuta generosità degli alberi    e all’alba
ritrovarvi ciechi per troppo splendore d’oro dai soffitti
a ricordare    il sole (come dovrebbe essere a tutti : umano e caldo)

NOI REBELDĺA 2014.02″.

 

Roma, 19 giugno – 8 luglio 2014

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