Luca Ariano: ‘Contratto a termine’. Prefazione di Francesco Marotta

di Francesco Marotta

contratto a termine - luca arianoLa percezione netta e inequivocabile dell’esistente come terreno, dove si consuma, oggi ancora più che in altre epoche, uno scontro senza requie e senza ritorno tra la memoria, che resiste stretta alle radici valoriali che in essa affondano e in essa trovano ancora linfa, e un presente senza storia che spiana, come un rullo omologante fatto di congegni coercitivi e di rituali vuoti, deprivati di sostanza e di voce, ogni persistenza di senso e ogni proiezione verso un futuro a misura di speranza, è il quadro di riferimento entro il quale si colloca e dal quale si dispiega tutto il percorso poetico di Luca Ariano.

È una scrittura animata e sorretta da una profonda ragione etica, sapientemente giocata nell’alveo di consapevoli e marcati registri antiretorici, capace di penetrare con l’insistenza e il paziente lavoro sotterraneo di fiume carsico, seguendo soltanto la mappa interiore di ben meditate traiettorie di pensiero, nella dimensione del quotidiano, in cerca del frammento fuori quadro, magari di una parola, di un volto, di un gesto superstite refrattari alla dissolvenza nel nulla di comunicazione che contraddistingue l’insieme dei rapporti reificati nei quali siamo immersi – e di farne, con naturale coinvolgimento e disposizione all’ascolto, il punto di accensione che fa esplodere la maschera delle convenzioni e della assuefazione alle logiche del vuoto, della disperazione e dell’effimero elevate al rango di categorie dell’esserci.

Disincrostando metodicamente il suo verso da tutto ciò che fa da ostacolo alla restituzione di un dire che lega uomini e cose in un’unica vicenda e un unico sentire, dove l’interazione non azzera, differenze ma esalta la diversità che ci parla dal cuore di altri alfabeti, il poeta diventa testimone di una metamorfosi che lo coinvolge a misura della radicalità del suo sguardo – voce e vocazione civile, misura di tutto quanto vive, custode e restauratore di ciò che ancora si agita sotto traccia e resiste tenacemente, anche sul punto di scomparire per sempre dal quadrante delle stagioni e dell’umano.

Poesia di recupero e testimonianza, dunque: di un mondo sommerso senza il quale la vita, in tutte le sue forme, diventa niente più che uno specchio opaco che rimanda solo gesti abitudinari, suoni disarticolati di marionette senza libertà e senza respiro, che calcano, ignare, il palcoscenico di giorni tutti uguali, trascinandosi come una catena le false convinzioni di un miraggio, la prigione invisibile e opprimente della loro resa.

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