Il poeta si fa interprete della decadenza solo incarnandola, assumendola. Il rischio è che, in questa assunzione, si visualizzi e si proietti solo la propria dissoluzione, il proprio disfacimento.
La poesia rischia solo di far voce a una zavorra emotiva. Poesia è sempre sapere che è il futuro il tempo della concretezza, il resto è spazio per la tempesta perfetta.
Cosa è lo stile se non una appendice dell’intimità? Queste cazzate di scriver per l’urgenza, queste menate che il testo sia sempre un emergenza. Sì, é vero, vorrei un uso politico della poesia perché ne auspico una lettura politica. È ora di finirla davvero con questa metodologia di approccio per pance felici, quella è roba da Danone non letteratura.
E allora eccolo qui lo stile, la peculiarità del riconoscimento, perché poesia è riconoscere forme di vita anche nei rari casi dove si incontrano gli alieni. Lo stile che non risiede necessariamente nella forzatura linguistica, nel confine sottile tra la decenza e la vergogna ma lo stile che è riconoscere gli ingredienti, distinguere il Findus-verso dalla primizia di stagione. Queste poetiche del brodino non garantiscono più nemmeno il sostentamento di un editoria da ortolani.