A proposito di “In realtà, la poesia”

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Nel 1962, Amelia Rosselli scriveva che « La realtà è così pesante che la mano si stanca, e nessuna forma la può contenere »[1].

Se ciò è vero, conoscere è appropriarsi di un metodo, dunque: non dell’oggetto in sé, ma delle sue declinazioni.

Un metodo, per definizione[2], non è mai costitutivo di alcunché. Al contrario, esso è sempre necessariamente normativo, e la prescrittività del suo incedere è garanzia dalla ripercorribilità del percorso che traccia.

In tal senso, il metodo – qualunque esso sia – non è imperativo rispetto al suo oggetto, non possiede cioè quel carattere di inderogabilità che è proprio della legge e che fa sì che i fatti accadano come i fatti che sono.

Così, nella misura in cui si riconosce la non universalità degli orizzonti del suo sguardo, il metodo rappresenta un modo, una forma possibile della conoscenza – di una conoscenza che, però, non è mai totale e che assume i tratti distinguibili non dell’oggetto in sé, ma di quelle sue declinazioni che il metodo ha reso manifeste.

Ora, se il metodo è una forma e nessuna forma può contenere la realtà, è lecito ammettere che la conoscenza di un oggetto non si estingue nel percorso tracciato dal suo metodo, e che le differenti declinazioni di un oggetto possono essere osservate e raggiunte attraverso sguardi e percorsi differenti.

È su queste (ed altre) basi che nasce In realtà, la poesia: un progetto ideato e diretto da Luigi Bosco, Davide Castiglione e Lorenzo Mari che, uscendo fuori dall’ambito strettamente letterario, vorrebbe dedicarsi alla critica della realtà attraverso la poesia (e viceversa), vedendo quest’ultima non più come un sintomo ma come uno strumento interpretativo alternativo ai paradigmi ed al discorso dominanti. La poesia, dunque, come metodo, come forma possibile della conoscenza.

L’idea, in un certo senso, è quella di proseguire e prolungare, ampliandola, l’esperienza di Per una critica futura di Biagio Cepollaro e Andrea Inglese, di cui condividiamo alcuni presupposti, e facendo nostre le lucide osservazioni di Paolo Zublena recentemente pubblicate su Nazione Indiana.

Lo scorso 14 gennaio è stato pubblicato il primo intervento su I mondi di Guido Mazzoni, a firma di Lorenzo Carlucci, a cui sono seguiti gli interventi di Mauro Ferrari su Fabiani poeta medievale e di Gio Ferri su La vicenda poetica di Alberto Cappi. I prossimi due interventi in cantiere saranno a firma di Conticello e Pusterla.

Certo, è ancora troppo presto per trarre conclusioni e c’è ancora molto da fare, ma possiamo ritenerci soddisfatti dei risultati fin’ora raggiunti.

L’obiettivo, lo sappiamo, è ambizioso: tanto fattibile quanto fallibile. Ma, parafrasando Julius Comroe Jr., se l’impressione, a volte, è quella di cercare l’ago in un pagliaio, la speranza è quella di trovarci la figlia del contadino.

 


[1] Amelia Rosselli, Spazi metrici in Amelia Rosselli. Le poesie, Garzanti, 1997.

[2] Metodo: dal lat. methŏdus f., gr. μέϑοδος f., «ricerca, indagine, investigazione», e anche «il modo della ricerca», comp. di μετα- che include qui l’idea del perseguire, del tener dietro, e ὁδός «via», quindi, letteralmente «l’andar dietro; via per giungere a un determinato luogo o scopo». Da http://www.treccani.it/vocabolario/metodo/.

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Luigi Bosco
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