Gio Ferri e l’impegno nella rivista “Testuale”

 

di Stefania Sini

È da pochi mesi in tibreria il n.12 di Testuale, rivista di critica della poesia contemporanea, diretta da Gio Ferri, Gilberto Finzi, Giuliano Gramigna.

Dal gennaio del 1984, Testuale si dedica alla poesia degli ultimi venti-venticinque anni, “molto recensita, ma scarsamente letta con attitudine critica”, come si legge nella nota redazionale al n.1.

Senza aver mai voluto dichiarare predilezioni per una specifica ‘tendenza’ (“o peggio poetica”, direbbe Gio Ferri), la rivista, a scadenza semestrale (a forma di libro), ha sempre offerto agli amanti della poesia una notevole quantità di materiale critico prezioso, testimone di un “eclettismo sistematico”, di una cultura raffinata, a volte piuttosto dfficile per i non specialisti. Ma è una difficoltà programmatica, inevitabile, dato I’oggetto della ricerca. Un oggetto considerato da Gramigna non tanto difficile, quanto “in-leggibile” e contrapposto alla “leggibilità dell’oggetto di consumo: “… “Leggibile è un libro che si percorre con una lettura che non lascia dietro di sé alcun residuo. Un libro leggibile non richiede – non sopporta, direi – di essere segmentato da una pluralità di letture, destrutturato e ricostruito con movimento ripetitivo; di essere non mai cominciato e non mai finito. Un libro è essenzialmente leggibile in quanto al termine della lettura non esiste più…”.

È invece propria di Testuale una pluralità di letture, vigili e febbrili, lucide e appassionate, comunque sorrette da strumenti critici raffrnati, che percorre testi delle più lontane provenienze. coglie timbri inauditi, o riascolta echi già noti. Se ne possono elencare solo alcuni, troppo pochi: Edoardo Sanguineti, Mario Luzi, Vittorio Sereni. Alberto Cappi, Milli Graffi, Antonio Porta, Adriano Spatola. Proprio a Porta e a Spatola, recentemente scomparsi e dedicato per intero il n.12, che propone una riflessione sul ruolo della loro attività nell’evoluzione della poesia italiana Contemporanea, dal lontano “Gruppo 63” ai divergenti esiti: un cauto recupero della tradizione in Porta e un’inflessibile resistenza sperimentale da parte di Spatola.

Costante è l’attenzione rivolta da Testuale alle recenti ricerche sul versante della cosiddetta “poesia non lineare”. o “multimediale”: poesia visiva, sonora, video-poesia, computer-poesia: “l’oggetto poetico oggi”, scrive Enzo Minarelli, “vive evolvendosi dentro audaci collisioni fra pratiche un tempo lontane fra loro, ora vitali e urgenti per la poesia stessa…”.

Ma tra le pagine della rivista sono apparsi interventi dedicati a testi anche meno recenti: Tommaso Grossi, Gabriele D’annunzio, Antonio Fogazzaro, Umberto Saba, forse a ribadire la continuità di quel flusso inarrestabile che è la poesia, “il poema interminabile”.

Niente “tendenze” o “etichette”, bensi un coerente percorso di ricerca e alcuni stabili punti di riferimento accomunano i redattori di Testuale (il verbo non è casuale, “comunione” opposto a “comunicazione” è un caposaldo nell’ipotesi di Gio Ferri intorno alla poesia). I due ‘padri putativi’ sono Luciano Anceschi e Andrea Zanzotto. Il primo, consulente critico e redazionale, è considerato maestro per il suo profondo contributo teoretico e per l’esperienza de il verri; Zanzotto è presente quasi in ogni fibra della rivista anche per “la sua volontà di terremotare i pavimenti istoriati della lingua della cultura…” (Mario Lunetta) e per una concezione della poesia molto affine a quella di Ferri, Finzi e Gramigna.

Il percorso teorico di Testuale è individuabile ne Il testo poetico, un saggio di Gio Ferri apparso a puntate nei numeri 6.7.8.9 e che, rielaborato, uscirà nei prossimi mesi in volume. In realtà il saggio è uscito nel 1994, unitamente ad altri interventi testuali, con il titolo “La Ragione poetica.Scrittura e nuove scienze” nella collana Civiltà Letteraria del Novecento, diretta da Getto, Bàrberi Squarotti e Sanguineti, Mursia Editore [N.d.R.].

Riducendo, semplificando e citando, l’ipotesi è quella di “un oggetto poetico come sistema vivente… da collocare, materialisticamente [più in senso democriteo che marxista (N.d.R)] nel territorio sensitivo delle cose e degli eventi… dato concettuale nato dalla comunione tra i sensi dell’uomo e i sensi dell’universo delle cose, che trascende quell’universo, ma si fa partecipe concettualmente delle leggi che lo governano…”. Di qui la necessità di conoscere queste leggi, visto anche l’innegabile “alto grado d’incidenza delle ultime teorie scientifiche sulla piu larga novità (filosofica) della ‘concezione dell’universo’ della quale la poesia (e prima di tutto suo centro produttore interagente coi sensi) non puo non partecipare… “.

Perchè la poesia è ‘inutile‘, del tutto gratuita e “nella sua oggettualità sensitiva… estranea ed eversiva rispetto alla quotidianità finalizzata, ma del tutto omologa alla (ir)ragione ingiustificata ed ingiustificabile del processo biologico e cosmico…”. Poesia “come cosa” perché oggi per ‘cosa’ si va intendendo “qualche cosa di diverso (precisamente, secondo la fisica recente, “campo di energìa”  [N.d.R.]. Affidandosi alle “Nuove Scienze” non euclidee (logica, matematica, fisica, fisica della mente, biologia), Ferri non pretende di risolvere I’eterna domanda “cos’è la poesia”. Piuttosto “confida di ritrovare quel metodo ordinativo (anche secondo I’antica lezione di Baumgarten) che metta un minimo di chiarezza negli approcci al testo, nel momento e luogo in cui 1° strumento linguistico, retorico e strutturalistico (primario e insostituibile per un “oggetto” la cui materia prima e la parola) per forza di cose esaurisce la propria potenzialità gnoseologica, come avevano ben compreso quelli del Circolo di Praga. Quel momento e luogo in cui, sovente, psicologia e sociologia tendono a prevaricare senza spiegare veramente alcunché…”.

Dal saggio di Ferri emerge una concezione della realtà “neobarocca” – tema molto dibattuto recentemente – non tanto riferita a una questione di stile epocale, quanto alla natura stessa dell’evolutivo e genetico processo formale [N.d.R.], realtà neobarocca guardata nella sua auto-poietica mutevolezza metamorfica.

Di Testuale non resta che ricordare gli “Intervalli grafici”. opere di artisti contemporanei e poeti visivi quali Vincenzo Accame. Gino Gini, Giovanni Fontana, Federico Schmied, Giuseppe Di Lorenzo, Attilio Lunardi, e molti altri, la cui presenza conferma I’apertura interdisciplinare della rivista.

(Da “Biblion”, Università Statale di Milano, in “Rivisteria” n.12, anno 1992.)

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