Sull’affaire Carofiglio vs. Ostuni: quattro parole (e due video)

 

Il serio

(qui altri video)

 

e il faceto

 

Come già facevo notare in altri luoghi, l’impressione è quella di star vivendo in un periodo storico che ha massmediatizzato, finanziarizzato e, dunque, capitalizzato il comunitarismo di ritorno che promuove associazionismi dal respiro sessantottino anche se uno fa una scorreggia e la mette su youtube, e si è contro o a favore. Quando a nuovi problemi e nuovi contesti si oppongono vecchie metodologie, il rischio è, appunto, farsi capitalizzare (e cannibalizzare) dalla società dello spettacolo.

Personalmente ritengo che ciò che ha scritto Ostuni su Carofiglio e sul suo libro – poiché è a entrambi che si rivolge l’attacco, nella misura in cui il libro sarebbe “letterariamente inesistente” e Carofiglio sarebbe uno “scribacchino mestierante, senza un’idea, senza un’ombra di ‘responsabilità dello stile’, per dirla con Barthes” –  segna la fine della crisi della critica, materializzando la sua sconfitta in un commento su FaceBook. (E mi importa un fico secco se anche Bolaño e innumerevoli altri scrittori di elevata caratura siano cascati nella medesima oscenità espressiva: il mio parere non cambia. Ma per fortuna, il mio parere è irrilevante).

Ad ogni modo, come nelle migliori favole di Esopo, da l’affaire Carofiglio vs. Ostuni è possibile trarre conclusioni (logiche e, possibilmente, etiche).

In primis, ciò che si evince è che prima dello scrittore, del critico o dell’elettricista c’è l’uomo, con i suoi pregi ed i suoi difetti. Ciò spiega la – altrimenti inesplicabile – mancanza (o presenza?), in alcuni casi, di umanità in contesti di siffatto (o supposto) umanesimo.

La seconda cosa che è possibile intuire è che Ostuni, nonostante l’infelice scelta stilistica priva di qualunque “ombra di ‘responsabilità dello stile’ “, per dirla con Ostuni che lo dice con Barthes, non è uno stolto, così come non sono degli stolti tutti i firmatari della lista che lo appoggia: sono tutti consapevoli della indifendibilità non della posizione presa da Ostuni, ma delle modalità in cui è stata espressa: chapeau!

La terza cosa che si può evincere da tutta questa storia è che Carofiglio è prima uomo, poi magistrato, poi parlamentare PD e solo in ultimo scrittore. La complessa stratificazione dei ruoli che fonda la personalità di Carofiglio spiega, dunque, la sua scelta di difendersi in tribunale piuttosto che attraverso le colonne di un quotidiano a tiratura nazionale. Aspettiamo la sentenza e vediamo se, nel caso in cui dovesse perdere, in Carofiglio emergerà il parlamentare che si protegge con l’immunità o l’uomo (o dio solo sa cosa, a questo punto).

La quarta riflessione che si può fare a partire da questa faccenda, e che meriterebbe un capitolo a parte, è la estrema incoerenza del rapporto tra società e web: se Ostuni (o X) scrive una boiata su FB, è solo una boiata su FB che non ha lo stesso valore che avrebbe se venisse pubblicata sulle colonne del Corriere. Anche se FB è stato uno dei media che ha dato voce alla tanto osannata Primavera Araba; anche se, oltreoceano, hanno appena lanciato una nuova app che permette di votare online alle prossime elezioni USA. Dunque, per coerenza, delle due una: o FB (e internet) è un medium da screditare, non affidabile perché privo di filtri che non autorizzano (ovvero non conferiscono dignità a) ciò che in tale medium viene espresso (e dunque la Primavera Araba non è mai accaduta); oppure FB (e internet) è un medium che possiede una dignità pari a quella di qualunque altro (dunque la Primavera Araba è accaduta e la portata del parere di Ostuni non è sminuibile).

La quinta riflessione che er pasticciaccio ispira (oggi, siccome sono in cassaintegrazione, sono in vena di riflessioni) riguarda la estrema leggerezza con cui tutti siamo soliti rapportarci al mezzo web, sottovalutando la portata e la imprevedibilità delle conseguenze reali del nostro agire in tale contesto virtuale.

Indipendentemente da queste ed altre riflessioni a cui ci può condurre questa kafkiana e grottesca situazione, è importante non sottovalutare la risposta in termini giudiziari di Carofiglio, al quale mi sembra che manchi, oltre allo stile ed alla creatività, anche una buona e sana dose di (auto)ironia – che non mancò, per esempio, a Cortellessa quando l’osannato Serino lo definì “balena” dalle pagine della osannata SatisFiction. (Poi a Serino ci pensò qualcun’altro a denunciarlo).
Non è da sottovalutare, dicevo, la citazione in giudizio di Carofiglio perché se la cosa andasse avanti fino a concludersi, andrebbe a costituire un precedente. Ora, considerando la suscettibilità del 99,9% degli intellettuali, il grado di markettismo della critica italiana, le condizioni culturali e i tagli alla giustizia, offrire un precedente in un contesto come questo non fa bene a nessuno – soprattutto non fa bene ai contribuenti, a cui non frega una mazza né di Carofiglio né di Ostuni né di cosa pensa Ostuni di Carofiglio, ma sono interessati ad arrivare a fine mese. Dunque, usare il disastrato apparato giuridico italiano per una stronzata come questa (che sarebbe stata, per me, una stronzata anche se fosse apparsa sul Corriere in prima pagina), mi sembra una esagerazione, una mancanza di rispetto verso la società cui si appartiene che ha priorità notevolmente ed evidentemente differenti e, soprattutto, una mancanza di stile. Se un intellettuale non è capace di difendersi con le parole e ricorre al sistema giudiziario è perché o non è un intellettuale (non è nessuno da cui si può imparare una cippa di niente), oppure perché il suo gosthwriter è in ferie.

Detto ciò, un sincero in bocca al lupo a Vincenzo Ostuni, a cui auguro che tutto si risolva nel migliore dei modi. E un sincero in bocca al lupo alla classe intellettuale e a tutti noi, a cui auguro di rientrare presto nella realtà.

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Luigi Bosco
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3 Comments

  • Francamente, penso che Carofiglio avrebbe fatto bene a beccare Ostuni e fargli provare le sue capacità di cultore delle arti marziali, come ha detto Pennacchi su Repubblica qualche giorno fa. Sono d’accordo che la querela è eccessiva e può costituire un precedente (e consiglio a Carofiglio di rinunciarvi, non fosse che per dimostrarsi un po’ più intelligente e tollerante dei tifosi di Ostuni), ma le opinioni di Ostuni non sono opinioni, espresse nel modo in cui le ha espresse, ma sono insulti: “scribacchino” non è una critica, ma un insulto; o no? In più, siccome è solo contro tanti, anzi: tutti, Carofiglio, intendo, mi sta simpatico. E tutti quelli che si sono radunati per il cosiddetto “flash mob” (che a malapena intuisco cosa possa significare: ma perché non la piantiamo con queste insulse definizioni pseudo tecniche in inglese?). Insomma: Carofiglio ha sbagliato? Mal consigliato dalla propria natura, suggerisce Trevi, che è la ragione prima del contendere. Prima di lui ha sbagliato Ostuni, mal consigliato – per dirla ancora con Trevi – dalla stizza e dall’invidia (per un libro che non ha neanche vinto, poi!), oltre che dalla presunzione di avere verità rivelate in tasca, come del resto, pare, tutti quelli che hanno partecipato alla protesta di piazza.

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