Maria Pia Ciancio intervista Lucetta Frisa

 

[Spunti (di) versi: interviste sulla poesia a cura di M. P. Ciancio per il blog letterario “LucaniArt Magazine”, 31 maggio 2010.]

Poesia: passione, libertà.

Sans passion il n’y a pas d’art – ha scritto Matisse. La poesia è libertà dello spirito, l’unica libertà che ci resta in condizioni di prigionia, fisica o morale. Forse la poesia mette radici e ali proprio in questa condizione. Un esempio per tutti: Osip Mandel’stam che scrive i suoi Quaderni di Voronez, La poesia è un lavoro duro e ostinato perché la parola poetica voli oltre ogni tipo di sbarre.

I desideri di un poeta.

Che il suo esercizio di poesia corrisponda specularmente a un esercizio di conoscenza. Un esercizio di approfondimento della realtà e di conquista di un’altra vista. Una sorta di veggenza, simile a quella del mistico. Si può essere mistici religiosi come mistici laici, anche atei, e cercare comunque conoscenza, vivere “in stato di poesia”. Scrive il poeta catalano Gabriel Ferrater: “scriviamo poesia per il desiderio di vedere fin dove possiamo elevare l’energia emotiva della lingua.”

Una mia definizione di poesia.

Una cosa fatta di parole che nasconde un messaggio misterioso e desta in noi uno stato di allarme e stupore.

Il ruolo della poesia oggi.

Piena e consapevole inattualità, con scarsa possibilità di ottenere spazio, consenso e condivisione. Sì, sono pessimista forse anche perché non sono più giovane. Il suo ruolo è quello di mantenere viva e accesa la ribellione allo status quo, la resistenza alla superficialità dilagante, fatta di gossip, piattezza e volgarità, sia nella lingua come nel pensiero e nel modo di porsi nella vita e nella società. La poesia contiene in sé la realtà nella sua interezza simultanea e contraddittoria.

Da dove viene la parola del poeta.

Da un’emozione di qualunque natura. Certe emozioni non colpiscono solo il cuore, ma la mente. Può essere la parola letta e ascoltata, un concetto filosofico, un’immagine quotidiana o imprevista. Un’immagine d’arte o della natura. Dall’esterno penetra – a nostra insaputa – nella nostra interiorità che la rielabora e traduce in parola. Tutto può diventare poesia. Siamo noi gli alchimisti, noi i ribelli controcorrente, noi che dobbiamo preservare lo spirito della poesia dalle aggressioni che continuamente la minacciano, ma, se l’alchimista e il ribelle sono dei mistificatori, i loro trucchi da apprendisti stregoni si smascherano da sé, prima o dopo.

 

I tuoi poeti preferiti.

Guinizzelli, Dante, Ariosto, Jacopone, Gaspara Stampa, Dickinson, Baudelaire, Rilke, Stevens, Szymborska, Rich, etc. Ma spesso in alcune poesie, non nella loro opera intera.

Almeno 3 libri di poesia da cui non ti separeresti mai.

Elegie Duinesi di Rilke, l’opera omnia della Dickinson, Quattro quartetti di Eliot, ma anche Les fleurs du mal di Baudelaire e Il mondo come meditazione di Stevens.

Un poeta sopravvalutato.

Alda Merini. I suoi ultimi libri non sono all’altezza dei primi, splendidi. E’ l’aspetto massmediale e “patetico” intorno alla sua pazzia ad irritarmi. In libreria, i suoi libri si trovano e si vendono, quelli degli altri poeti…molto meno o sono introvabili. Cosa attira la gente, la magia reale dei suoi versi o la follia della povera poetessa internata in manicomio?

Un poeta sottovalutato.

Molti, credo. Due giovani fra tutti, morti tragicamente: Lorenzo Pittaluga e Marco Amendolara. E tutti quelli che non hanno raggiunto un minimo di visibilità come meriterebbero o sono stati fraintesi. Sui blog di poesia continuo a scoprire poeti entusiasmanti. Ben venga il web a colmare queste lacune! Altrimenti rovinose. Chi sono ormai i veri critici della poesia?

La tua prima poesia.

A 11 anni. Un bellissimo mazzo di rose era appassito e mi toccò buttarlo nell’immondizia. Che dolore! E poi mi punsi…Dolore duplice. Fu un’emozione fisica ed emotiva a farmi “ragionare” poeticamente…

Il punto di partenza della tua poesia.

Lo scirocco e la malinconia accidiosa, la variabilità metereologica mi creano uno stato di malessere, di torpore dal quale mi devo liberare scrivendo.

Un verso che avresti voluto scrivere.

Tantissimi. Ma recentemente sono a contatto con la poesia di Adrienne Rich e Gottfried Benn. Della prima…Temo questi fogli d’acqua/ questa vita inespressa. Di Benn Tutto è sponda. Eterno il richiamo del mare. Quest’ultimo avrei potuto metterlo tra le epigrafi del mio ultimo libro Ritorno alla spiaggia.

La poesia che più ti rappresenta.

Apro un libro di Emily Dickinson, cerco a caso e la trovo.

Il tuo ultimo libro.

Ritorno alla spiaggia, appunto. Ma sono anche particolarmente legata a L’altra (Manni, 2001) e a Se fossimo immortali (Joker, 2006). Sono loro i miei figli, non avendo avuti quelli – ben più importanti – di carne e ossa.

Le tracce tematiche che lo caratterizzano.

E’ il mio libro più intimo, più autobiografico ma non solo. Mare come origine, inizio e fine. Grembo materno del mare, la mia casa dell’infanzia. Il flusso ritmico sempre variabile che batte come onda sulla spiaggia (così qualcuno l’ha percepito confermando le mie intenzioni). La sua struttura circolare, quasi poematica e monotematica.

Una definizione della tua poesia.

La lascio a coloro che la leggono. Pochi ma buoni. Rinaldo Caddeo, ad esempio, la definisce un impasto tra filosofia e stupor.

Keats sostiene che il timone della poesia è l’immaginazione, la fantasia le vele, e l’invenzione la stella polare. Cosa aggiungeresti?

Ma il ritmo, naturalmente, struttura vertebrale di una poesia, la caratteristica principale che la distingue dalla prosa. L’impasto sonoro. Di quest’ultimo era maestro insuperabile Hopkins, ma senza andare così lontano, qui da noi Amelia Rosselli docet. Diceva che la sua metrica si adattava strettamente al suo tempo emotivo, ha detto molte cose importanti che condivido sulla musicalità dei versi. Da parte mia, concepisco la poesia come uno spartito musicale.

La qualità che apprezzi maggiormente in una poesia.

Non posso parlare di una qualità separata dalle altre. Tutte dovrebbero coesistere (parlo al condizionale, che è la forma verbale del desiderio): il senso del mistero, la sua intensità, visionarietà, asciuttezza. E naturalmente, il ritmo-che è un’ossessione tutta mia. Dopo averla letta, deve lasciarmi lì, con le orecchie che ronzano e la sensazione di averci capito poco ma colpito molto.

Il futuro della poesia.

Non ne so nulla. Posso solo formulare un desiderio generico: che non se ne perda mai il seme, né come atteggiamento verso la vita e l’esistente, né come forma espressiva.

Un consiglio ai giovani poeti.

Leggere molta poesia. Da quella antica ai giorni nostri. La qualità della lettura influenza la qualità della scrittura. La poesia è anche un artigianato che si impara via via che si scrive, esercitando quel tanto di autocritica necessaria (non troppa, altrimenti diventa castratoria). Leggere e rileggere, memorizzare. La poesia è sempre frutto di memoria, sia che prenda per spunto di partenza la limitata autobiografia dell’autore o la poesia letta. Mai solo l’autobiografia… il poeta la sorpassa, va ben oltre. Fondamentale è nutrirsi della memoria letteraria. Troppi “poeti” oggi pretendono di fare tabula rasa del passato, comportandosi come le guardie rosse di Mao di buona (o cattiva) memoria.

Redazione
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