Moltitudine
Gabriela Fantato 2001 Settimo Quaderno di Poesia Italiana Marcos y Marcos |
di Giancarlo Majorino
Hanno l’aria in mezzo e sono belle, queste poesie di Gabriela Fantato. Hanno l’aria in mezzo perché dicono e alludono, dicono e portano segreti; armoniosamente sono belle perché hanno l’aria con sé. Cioé, pur presentandosi polivalenti e serrate intorno a nodi che stringono (dolore pure in senso propulsivo; amore, in cima, e non solo duale; curiosità generosa continua), si permettono e permettono cerchi liberi e svagati, ondose narrazioni in versi a ritmo e per figure non certo di prosa; e vedute e visioni, non ostili fra loro, per anse e coste e mari cangianti, emblematizzandovi un fare milleocchi e insieme girovagante per fiabe, casalinghe almeno quanto stradalinghe.
Ama i gesti, le fisionomie, il discorrere e l’immaginato attorno tutto ciò, e gli archivi in cui tale portato enigmaticamente si autosegrega – le poesie “riprendono”, moltiplicano, avvisano di questo e quello, tramite alterazioni e metamorfosi accertabili di stile coinvolto (si potrebbe, dunque, osservarne l’andamento musicale variato della figuratività; un’ironia che trebbia determinazioni troppo tali; un desiderio d’intelligenza ben allevato filosoficamente; rumori e transiti promossi, con dovizia d’intrecci, da sfondo a fondo).
I rischi di questa poesia stanno dove stanno le virtù: l’amore per quello che c’è, persone in punta il che può divenire descrizione o rappresentazione; l’intenzione di non parlare puramente per addetti, intenzione che può faticare a mantenere profondità e rigore in ogni punto della tessitura scritta.
Ma un ultimo tratto è da accreditare: il tentativo di contrastare, e con dotazione ricca, l’insensata dicotomia, secolare ormai, che ininterrottamente si produce fra il mondo dell’alta cultura e della ricerca artistica, da un lato, e il mondo dell’orecchiato, dell’estetizzazione, dei cosiddetti svaghi, dall’altro.
Tentativo poco praticato in genere, ma posto in atto qui come si deve, senza pedagogie né prevaricazioni.