La difesa si è fatta barriera,
hai la porta chiusa
e nella casa i muri crescono
da dentro.
— Gabriela Fantato

Svalutation
Posted 2 days ago

 

Sono così buono, deve essere lo spirito del natale, quasi quasi la smetto con questa propaganda sulla scomparsa dell'autore e rivendico il diritto della firmetta sul librino.
Sono così buono e…

appunti in prosa [2004-2011]
Posted 4 days ago

 

*

il sogno è di una fiamma chiara e dice fammi divertire –

ma non sapevo come.  dalla catena scherzosa e rotta in c. dei rapporti si esce: punta puntata, pietra scagliata, spaccare l’osso, colpire…

Parola ai Poeti: Sandro Montalto
Posted 7 days ago

 
Qual è lo “stato di salute” della poesia in Italia? E quello dei poeti?
Credo che lo stato di salute della poesia in Italia sia buono, in realtà. La mia esperienza…

Parola ai Poeti: Sandro Montalto
PoetiCut: Videoscritture
Posted 10 days ago

 

Poeticut Videoscritture nasce dal desiderio, desiderio di prendere sul serio un rapporto d'amore lunghissimo che ancora vive un po' nell'ombra, nell'oscurità, che ogni tanto si sa, si può e si…

PoetiCut: Videoscritture
Il Bianco e l’Augusto. Note sulla poesia in pubblico
Posted 11 days ago

 

di Umberto Fiori (Annuario di Manacorda; poi nella raccolta di saggi La poesia è un fischio,2007)
Per gli altri che guardano da fuori, le mie idee, i miei
sentimenti hanno un naso. Il mio…

Parola ai Poeti: Matteo Fantuzzi
Posted 13 days ago

 
Qual è lo “stato di salute” della poesia in Italia? E quello dei poeti?
Lo stato di salute della poesia è buono, o quantomeno discreto perché continuano ad uscire dei buoni…

Parola ai Poeti: Matteo Fantuzzi
Concorso “Opera Prima”: aggiornamenti 2012 e novità 2013
Posted 14 days ago

 

Lo scorso giugno Poesia 2.0 annunciava una importante collaborazione con "Opera Prima", una brillante iniziativa editoriale aperta esclusivamente ai poeti inediti a cura di Flavio Ermini.
Nonostante i tempi stretti, l'estate,…

Concorso “Opera Prima”: aggiornamenti 2012 e …
Un tale, una tale: tra oralità e scrittura
Posted 17 days ago

 
“…suggerisce un ritmo subito cancellato. Né questo né quello. Come direbbe Platone una tale ritmicità…”
Qui presento Un tale, una tale. Con questa rubrica vorrei inaugurare un modo di relazione in…

Un tale, una tale: tra oralità e scrittura
Grazie Amazon
Posted 17 days ago

 
Grazie Amazon di aver creato Kindle, finalmente posso andare in treno con tutta la mia libreria, posso portarmi i 1400 volumi e scegliere cosa leggere; forse il tragitto Verona-Bologna in…

Grazie Amazon
Particelle: “in verità non so dire”, Roberto Minardi
Posted 19 days ago

in verità non so dire

 

come se io non fossi anche
questo maglione a righe,
uno stivale per ogni piede,
questo conforto di aria fredda sulla faccia.
rappresentare il più minuscolo
degli anti-eroi in sordina:
rocambolesche conclusioni…

Particelle: “in verità non so dire”, Roberto …
PreviousNext

Tutti gli autori di “Opera Prima”: Giovanni Campana

di

[Vista la recente iniziativa che vede la collaborazione di Poesia 2.0 con "Opera Prima", abbiamo deciso di presentare tutti gli autori che hanno pubblicato per la collana, chiedendo loro una testimonianza diretta della loro personale esperienza. Di seguito, la testimonianza di Giovanni Campana, alcune poesie scelte e la postfazione alla raccolta di Tiziano Salari. Buona lettura.]

 

Una testimonianza

 

di Giovanni Campana

A “Opera Prima” devo in primo luogo di aver segnato nella mia esistenza personale il passaggio alla difficile e a lungo perseguita dimensione di rispetto verso me stesso e i miei testi. Crederci: questa la condizione di gran lunga più ardua da conquistare durante l’annoso lavoro di scrittura dei testi  pubblicati poi in significativa selezione in “Opera Prima”. Già l’essere finalista del premio Montano mi aveva… insospettito. Ma è stata la proposta di pubblicazione in “Opera Prima“, con l’inequivocabile autenticità attestata dal personale sostegno economico di personalità note e non note, che mi ha finalmente tolto da quello stato dubitativo e sofferente: dunque, quel che era venuto fuori da uno scavo di anni, tanto angoscioso quanto ermetico e apparentemente astruso, aveva davvero un senso riconoscibile e riconosciuto e persino una sua qualche dignità letteraria… Colpiva, tra l’altro, la serietà e l’impegno della puntuale e organica nota critica di Tiziano Salari. Sta a me ora la fatica di cercare contatti: ora non mi manca la serena sicurezza per farmi avanti. E “Opera Prima” rappresenta una presentazione effettivamente considerata. Quanto all’invio dell’opera a intellettuali italiani, ho avuto un riconoscimento da parte di una figura significativa della scena letteraria italiana del ‘900 (*) e da una stimata poetessa siciliana, attivissima militante della causa della poesia, che ha fatto conoscere il mio lavoro a destra e a manca, seminando recensioni e apprezzamenti in varie pubblicazioni e mettendomi in contatto con un noto apprezzato poeta italiano (**), il cui riconoscimento, pieno e sincero, mi ha profondamente toccato. Il successo entusiastico della presentazione del libro qui in città – con il patrocinio dell’Accademia nazionale di scienze, lettere e arti e della Società Dante Alighieri – mi ha confermato nella determinazione di assumere come compito personale, quasi un programma di vita, la prosecuzione della mia modesta ricerca di pensiero ed espressiva… Dell’esperienza di “Opera Prima” mi rimane infine la lezione umana di vicinanza discreta e rassicurante di un intellettuale come Flavio Ermini.

(*) Bàrberi Squarotti

(**) Paolo Ruffilli

 

 

Open publication - Free publishing - More anterem

 

 

Ombra e luce nel pensiero di Giovanni Campana

 

di Tiziano Salari

Una delle inquietudini  dell’attuale dibattito filosofico è l’attraversamento del deserto lasciato alle spalle dalle filosofie del nichilismo e dalla loro destituzione  del concetto di soggetto e di verità. E che le filosofie del nichilismo abbiano fatto il loro tempo, e che ci troviamo di fronte a una svolta che esige tutta la nostra responsabilità, è la premessa anche di questo libro singolare di Giovanni Campana, Pensieri sulla soglia e Autoglosse, composto di prose e di versi, e che si  articola intorno ad alcune domande fondamentali. Domande fondamentali presenti nel dibattito filosofico, ma che alimentano anche il pensiero poetico, quello più avvertito della necessità del domandare dell’essere e della verità. “La soglia cui qui si allude – viene detto della Premessa dell’autore – è la penosa condizione di sospensione in cui ci troviamo da tempo – ma oggi in modo particolarmente angoscioso – tra certezze che provengono dal passato, ormai crollate, e la nuova certezza della loro insufficienza, inadeguatezza, implausibilità. Soglia è anche il valore minimo necessario perché si produca un nuovo inizio.

Giovanni Campana circonda di riflessioni (di autoglosse) il suo libro poetico. Ci parla dei libri che hanno accompagnato la sua meditazione (Severino, Cacciari, Luhmann). E in ogni suo verso si avverte l’intensità del suo modo di sentire (vivere) il concetto e l’insufficienza del concetto a placare l’angoscia del domandare. E l’apertura del libro porta un titolo inconsueto: “Restituzioni”. Che cosa all’uomo deve essere restituito? Si tratta, ovviamente, di qualcosa che all’uomo è stato tolto. Ora se nella modernità è stato  sottratto qualcosa  all’uomo quel qualcosa è stato Dio. La morte di Dio, annunciata dal folle nella Gaia scienza di Nietzsche, è l’evento all’origine del sovvertimento ontologico  che ci ha imprigionato nel mondo come in un tutto compiuto. Giovanni Campana non nomina mai Dio, ma ci richiama da subito alla nostra mortalità e finitezza senza Dio.

Abitiamo un mondo che dev’esser tolto
siamo coloro che saranno tolti

Che cosa significa? Se il mondo deve avere una fine, vuol dire che ha avuto pure un inizio, cioè è stato creato, non è sorto dal caso, dalla cieca casualità del big bang, e noi stessi, che abitiamo il mondo, anticipiamo, con la nostra stessa fine, il senso complessivo della presenza dell’uomo sulla terra.

e i nostri primi luoghi erano eterni

Se, come ritengo, Campana accenna qui al paradiso da cui siamo decaduti in seguito al peccato originale, da dove può  cominciare una riappropriazione dei primi luoghi, del paradiso?

e ora  le mani, i passi, le parole
i nostri volti
questi innumerevoli indizi d’eterno
sono tracce rimaste
o un inizio di restituzione
?

Tuttavia una traccia di quel primo uomo uscito dalle mani di Dio e quindi ritenuto perfetto, continua a rimanere impresso, come  indizi d’eterno, negli uomini; e Campana non intende, certo, la schopenahueriana continuità della specie, una cieca volontà eterna di perpetuazione del male di vivere.

siamo sempre tutti nei luoghi estremi

Nella poesia di Giovanni Campana s’intrecciano numerevoli suggestioni  filosofiche e teologiche. E quella che segue è una mia interpretazione del suo pensiero che, come ogni pensiero complesso, offre possibilità diverse d’interpretazione. I luoghi estremi non sono altro, per me,  che la nostra attuale esistenza,  o il nostro essere gettati nel mondo, con le nostre vite limitate, in un mondo limitato: quello che, dalle loro particolari angolazioni, è, per Adorno e Heidegger, il mondo della metafisica compiuta, o, per Severino, il velo della follia nichilistica del divenire che nasconde agli uomini il destino della verità e l’essenziale permanenza dell’essere.

è così smaccatamente reale questo mondo
non  potrà che continuare a consumarsi
non resterà non adempiuta ogni necessità:
che cosa potrà essere restituito che non sia prima tolto?
solo le ombre sono restituite fin da prima
volevate essere ombre
?

Il mondo – l’ente – ci è presente ormai nella sua totalità, e questa totalità non potrà che continuare a corrodersi, a diminuire, a consumarsi. Ma può rimanere senza risposta quella primitiva traccia d’eterno impressa nell’uomo? E che cosa ci dev’essere restituito che non sia stato prima tolto, e cioè il paradiso, anteriore alla caduta? E questa restituzione non può essere soltanto un simulacro (ombre), ma un’integrale restituzione. Ma è la prosecuzione del discorso di Giovanni Campana  che ci sorprende. Kafka scriveva, negli Aforismi di Zürau,  che “la cacciata dal paradiso è un processo eterno nella sua parte principale […] e la vita nel mondo inevitabile”, ma che “l’eternità dell’evento rende tuttavia possibile non solo che potremmo rimanere perennemente in paradiso, ma che di fatto perennemente vi siamo”. Per Campana è proprio questo il

luminoso compimento:
ogni infinita assenza è svanita
non restiamo che noi
e cose d’intorno
qualcosa di perfetto, a suo modo,
un’infinita finitezza
volenti o nolenti, siamo completamente restituiti
.

E cioè restituiti in carne e ossa, anima e corpo, e tuttavia avvertendo, in quella perfezione, qualcosa che ci trascende infinitamente: un’infinita finitezza. Espressione che mi fa venire in mente una proposizione del Tractatus di Wittgenstein: “Intuire il mondo sub specie aeterni è intuirlo quale tutto – limitato –”.

Nelle due brevi poesie d’apertura viene così sintetizzato l’intero percorso  di un testo che tuttavia continua a rimanere sulla soglia, e quindi nell’inquietudine. Quando, al 4 leggiamo:

Improvvisamente pensammo il mondo
come qualcosa che può essere compreso

Quell’improvvisamente dell’incipit in realtà rinvia all’inizio di una storia millenaria: la storia della metafisica. E la metafisica è la comprensione dell’ente nella sua totalità. Ma, come in modi diversi ha insistito la filosofia contemporanea, la storia della filosofia occidentale è anche la storia della dimenticanza dell’essere. Giovanni Campana vuole tuttavia interrogarsi a fondo su quel primo inizio, che rinchiude il mondo  nel concetto come un tutto misurabile. “Ente è ciò che si mostra così, in stabilità e presenza” (Heidegger).

ci ritrovammo pieni di ogni limite
ci parve di toccare ogni parete

E stabilità e presenza si rivelano attraverso l’angoscia come il niente in cui siamo sospesi sulla soglia. O dopo aver esplorato i limiti della ragione, come scriveva Kant, “la terra della verità” sentirla “circondata da un oceano vasto e tempestoso”. Al 5:

Non si colma l’irriducibile voragine

E quando al 7. leggiamo:

Più acutamente fummo restituiti a noi stessi
nell’estrema perdizione,

non ci sembra di sentire un’eco dei celebri versi di Hölderlin: “Ma là dove c’è il pericolo, cresce / Anche ciò che salva”? Ma che significa “salvare” ed essere “restituiti a noi stessi” per Giovanni Campana? Le Autoglosse tentano di andare incontro al linguaggio poetico, che si riapre, pagina dopo pagina,a nuovi interrogativi. Abbiamo la perlustrazione del limite, il suo sfondamento, che ci riporta ogni volta all’insuperabilità della nostra condizione (Confini e Autiglosse 3 e 4);il disvelamento del mondo, che ha tolto alle parole ogni splendore e margine di mistero (alla fine non fu che vicinanza/e tutto fu alla portata). Dopo l’apologo di Eufemio (Autoglossa 5), che vedeva nell’esattezza delle parole nel corrispondere alle cose una continua perdita della loro bellezza, e il suo dubbio se non fosse meglio”adoperarsi a mantenere le cose nella loro antica distanza”, Giovanni Campana ribadisce la sua convinzione che “le cose vicine e conosciute possano mai ritornare ad essere oscure”, ma  (in Autoglossa 6) senza contraddirsi, ripete che proprio quelle parole”vestono le nostre anime […] splendidamente” e, che se ne abbiamo bisogno di altre, esse sono per noi “inaccessibili”, ma che proprio da quelle parole gli uomini si devono far guidare. Ed ecco che ci troviamo immersi in una duplicità di orizzonti, oscillando tra il fatto che non vi è alcun enigma (“l’enigma non v’è”, scriveva Wittgenstein, dopo l’intuizione del mondo sub specie aeterni quale tutto limitato) e lo spalancarsi di un abisso insondabile di buio dietro le cose conosciute. Ma è da quel buio che a volte proviene una luce.

A volte passerai come aria un velo
vedrai la sponda luminosa
per quel che dura un incanto

E l’ultima sezione dei Pensieri sulla soglia s’intitola, appunto,  “Luci”. Ed è questa una sezione di riflessione aperta, problematica, in cui l’essenza dell’Essere non significa più assolutamente la presenza nello spazio-tempo, ma questa presenza avvolta da una luce rivestita soltanto di parole inaccessibili, e che tuttavia lascia nel dubbio se sia veramente  una luce e se veramente le parole, da cui è rivestita, siano inaccessibili. Lascio al lettore muoversi tra gli interrogativi di cui Giovanni Campana circonda la sua “metafisica della luce”. Sono interrogativi che hanno investito il pensiero post- metafisico, da Heidegger a Severino, e tra i quali anche Giovanni Campana si muove col ritegno di chi, ancora titubante sulla soglia, è tentato da una declinazione neoplatonica: “E questa luce di cui egli parlava nel racconto era la stessa divina luce  che lui, l’Uno, il Primo, abita e vive essendo  Egli la luce stessa […]” (Autoglosse 11, “Cecità del veggente”); ma solo come tentazione. Essere sulla soglia significa che per noi luce e ombra continuano ad avvolgerci come i giochi di luce e ombra nel bosco, nei Chiari del bosco della Zambrano o nella Lichtung heideggeriana

continuiamo a sentire intimamente di essere una luce,
e continuiamo a sentire, intimamente di essere un buio

Il pensiero conclusivo di Giovanni Campana è che la luce non arriva mai a disvelare completamente l’oscurità della nostra condizione, ma che il timore di rimanere perduti nel buio, non fa che accrescere il nostro bisogno di luce.

Che un continuo meditare e domandare del senso e della verità dell’Essere si presenti come un’opera prima di poesia, in cui sono saltati i tradizionali steccati che hanno separato nei millenni poesia e filosofia, non significa soltanto che sia in atto una pacifica riconciliazione tra le due forme espressive. Significa che un pensiero, che non è più filosofia né poesia in senso tradizionale, tenta un accesso alla parola per dire l’insufficienza e l’inadeguatezza di quel  sapere e cerca di trovare se stesso e, arrivare a possedersi, attraverso nuove vie del pensiero.


Giovanni Campana è nato a Modena nel 1949. Ha ricevuto un’intensa formazione cattolica. Dopo il liceo classico, si è laureato in filosofia all’Alma Mater di  Bologna con una tesi  sul problema del tempo nella teologia di Karl Barth. È stato insegnante di lettere, poi, a lungo, preside nella scuola media. Attualmente svolge attività di  formazione dei docenti sui temi dell’apprendimento e del disagio. La sua esperienza intellettuale è dominata dalla durezza del confronto tra il riferimento religioso, sia pure incessantemente problematizzato, e la piena immersione nel pensiero filosofico ed epistemologico contemporaneo.

Articoli correlati:

  1. Tutti gli autori di “Opera Prima”: Giovanni Majer
  2. Tutti gli autori di “Opera Prima”: Sofia Demetrula Rosati
  3. Tutti gli autori di “Opera Prima”: Michele Fogliazza
  4. Tutti gli autori di “Opera Prima”: Michele Lamon
  5. Poesia 2.0 presenta: “Opera Prima”

One Response Subscribe to comments

  1. [...] Giovanni Campana, presentiamo questa settimana un altro autore di "Opera Prima": Michele Lamon. Di seguito, la [...]

Leave a Reply

Bookliners