Anche per le poesie vale la regola delle polpette: per farle bene ci vuole tempo, e poi se son venute bene durano. — Valentino Zeichen

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Il numero

di

di Gianni Ruscio

[Visto il considerevole interesse suscitato dall'articolo di Gianni Ruscio pubblicato il mese scorso, “Il vuoto di plastica (oppure sull’Io antisociale)” diventa un nuovo tema di dibattito che va ad aggiungersi a Letteratronica e La buona poesia all'interno dello spazio Parliamone. Chi volesse partecipare alle discussioni, può farlo andando qui. Buona discussione.]

“Quando si pigia a manetta il pedale dell’acceleratore di un sistema dato, tutti i nodi vengono al pettine.”

Ho scritto un piccolo saggio intitolato “Il vuoto di plastica (oppure sull’Io antisociale)” e il sito Poesia 2.0 me lo ha pubblicato.
Entrando nella pagina in cui era stato inserito il mio ‘articolo’, mi sono reso conto che questa era provvista del famigerato “Mi piace” di Facebook. Il mio cervello ha cominciato a lavorare su una intuizione: poter trasmettere il messaggio alle persone che ho come amiche su Fb, da una parte, e… dall’altra togliermi uno sfizio: indagare su una mia curiosità rispetto a questa modalità di comunicazione di massa.
Il primo elemento che ho notato (dopo aver deciso di non ‘frequentare’ più Fb) alla mia ricomparsa è stato lo stile asettico con cui si propone quello che da qui in poi chiamerò ‘il numero’. Ho voluto mettere alla prova la mia capacità di interagire, controllare, o meglio gestire questo ‘numero’. Ho cliccato sul “Mi piace” e ho spedito i primi link della pagina ad alcuni miei amici stretti. Quel “Mi piace” ha cominciato ad attirare il mio interesse critico.
Da un giorno all’altro ho visto quel singolo ‘numero’ salire in maniera esponenziale. Ho cominciato così a diffondere il più possibile questo link tra i miei contatti, anche quelli meno stretti, anche quelli che avevo deciso di ignorare. Sentivo dentro me, da una parte l’interesse scientifico a voler verificare la mia tesi (“Quando si pigia a manetta il pedale dell’acceleratore di un sistema dato, tutti i nodi vengono al pettine”), mentre dall’altra non mi sono privato della possibilità di provare soddisfazione nel veder aumentare sempre più quel ‘numero’.
Pur facendolo in maniera cosciente, una parte di me ha sperimentato cosa volesse dire provare piacere nel constatare che un ‘numero’ sempre maggiore di persone leggesse cosa io avevo scritto. A tal punto che ho capito.
Ho capito che se non fossi stato io, se non avessi deciso in maniera consapevole di fare esperienza di questo canale, mi sarei alienato in questa vetrina che alimenta, in maniera molto raffinata (ma a pensarci bene neanche troppo, forse sarebbe meglio dire ‘subdola’) una parte molto profonda dell’essere: la ricerca di sicurezza. Una ricerca di sicurezza che a questo livello sviluppa quasi una sorta di ‘culto della personalità’, nel quale ognuno, o Quasi ognuno dei frequentanti, si ritrova partecipe e attivamente e passivamente, senza che ci sia la possibilità di accorgersene.
Allora ho premuto il pedale sull’acceleratore. Mi sono reso conto che questo ‘numero’ che cresceva in maniera esponenziale avrebbe potuto colmare un bisogno che crediamo sia il nostro, ma che in realtà non lo è. Questa mania del possedere, anche se solo attraverso quel ‘numero’, noi stessi e coloro che incappano nella rete avrebbe potuto farsi strada dentro di me che, affamato, anzi, assetato di conoscenza, ho voluto capire fino a dove mi avrebbe portato questa follia dell’accumulazione.
Devo essere sincero, non ce l’ho fatta. Non ho terminato l’esperimento. Il motivo è semplice. Amo profondamente ciò che ho scritto, senza esserne innamorato, è certo, ma lo amo nel senso che provo stima nei confronti di me stesso, anche se questo non basta, è ovvio, a farmi sentire appagato. Ben lungi. Io credo bisogna sempre essere un gradino sotto le nostre aspettative, desideri di creazione o quanto altro, per poter avere sempre l’impulso a progredire come esseri umani, come individui con una coscienza personale. Che non è la coscienza di questa o di quella cosa, ma una conoscenza fatta anche di abbandono. E di gioco.
Mentre conducevo questo esperimento e la mia piccola e insignificante ‘fama’ cresceva tanto da farmi vergognare quasi di essere nato (è futile pensare alla mia nascita ragionata in termini di questo tipo di soddisfazione, come dire… Gianni, cosa vuoi fare da grande? Mah… non saprei, sentirmi grande grande su fb perché in realtà sono piccolo piccolo rispetto al creato), ho avuto dei feedback molto interessanti durante questo mio piccolo viaggio. Persone che apprezzano il ‘mio’scritto, o meglio, come ho già detto non ricordo dove, lo ‘scritto’ che mi ha attraversato. Persone che mi hanno fatto notare che c’era il rischio che diventasse come lo ‘Spam’, preoccupandosi del fatto che non sarebbe stato giusto ridursi a ciò visto il meritevole lavoro svolto rispetto all’analisi che svolgo. Persone che si sono sentite chiamate direttamente in causa, che mi hanno risposto; addirittura persone che si sono sentite difese o attaccate dal ‘mio’scritto. Tutto ciò mi ha riportato sulla strada che avevo deciso di intraprendere mentre decidevo di divulgare il mio piccolo operato. Quel ‘numero’ stava prendendo il posto delle persone. Questo sistema di business umano stava prendendo il posto dell’uomo. E questa io credo sia una metafora davvero bella, un micro macro cosmo nel quale si rispecchiano in realtà tutti i meccanismi di mercificazione, potere e controllo di cui ‘io’ parlo dentro il saggio breve. Il rischio è sempre lo stesso, quello di dimenticarsi di noi, della nostra etica e della nostra estetica, del nostro senso del bello, della nostra spiritualità, pur di possedere, piacere all’altro, adeguarsi al sistema dato. Che certo non può essere totalmente scardinato, visto che include in sé il concetto stesso di essere vivente ormai (è già, proprio come se fosse dotato di vita e personalità propria, capace di essere operativo e senziente, un po’ come in quei romanzi cyber punk di Gibson in cui la rete si auto costituisce a divinità) ma che può essere quanto meno… compreso forse no… e nemmeno capito… ma percepito, anzi: intuito. Perché lo è.
Ogni volta che questo sistema si scopre mostra il fianco, e ‘mentre attacca’ sono chiari tutti i suoi meccanismi di difesa, e quindi si rende palese il fatto che abbia bisogno di offendere ma anche di difendersi per continuare ad esistere. In quel breve lasso di tempo viene a porsi la mia umile e poco documentata separazione delle parti costituenti. E noi siamo la parte costituente principale. Da qui l’apparire, il rendersi vetrina di se stessi, la plastica di cui ho già parlato. Ma… la plastica, non dimentichiamocelo, può essere pur sempre riciclata…

In questo breve racconto ho capito una cosa: che questo sistema non può darci la verità su noi stessi. Anzi forse può farlo, ma solo se ci si mette nella condizione di poterlo adoperare senza venire sfruttati da esso.
Tutto l’occidente è strutturato alla base da questo meccanismo di sostituzione dell’essere con il sembrare, che genera possessione. La più grande bugia che sia mai stata sviluppata fin dall’alba dei tempi per sottoporci all’impossibilità di fuggire dal controllo.
Da artista, è da quando sono piccolo che cerco di sfuggire al controllo dei miei genitori, che poi diventa una forma di percezione del limite, una forma di reazione, anzi, di rivoluzione rispetto all’ovvio, allo scontato. Non che qui non ci siano cose ovvie, o scontate, ma io credo appunto nella possibilità di emancipazione. Sempre. Anche io ho scherzato su fb. Anche io mi sono, a mio modo, sentito immortale. Ho provato questo delirio di onnipotenza che tutto appiattisce. Anche io ho fatto cose delle quali mi vergogno. Non lo nego. Ma un guerriero non dimentica mai la lezione originale che gli viene data alla sua nascita. Potersi ribellare alla mamma, uscire fuori… mentre lotta tra la vita e la morte. Tra l’essere e l’esserci. Per rendersi finalmente conto di essere degli ‘esseri finiti’ che, per come la vedo io, pur se deboli, fragili come me, come tutti noi, non hanno bisogno di nullificare le loro paure di annientamento amplificandosi, sentendosi parte di un qualcosa più grande di loro come Fb. O meglio, certo, anche io nella mia religiosità mi sento parte di qualcosa di più grande di me, in una sorta di “volontà di potenza”, ma io credo che ciò vada scelto a partire da una base relazionale materiale e non virtuale, da una percezione dei confini, e non da una dispersione di essi. Da una fattualità e non da una mistificazione qualunquista delle ‘cose’. Ma come giustamente dice Carmelo Bene: se volete parlare di questo, andate a parlane con il Professor Heidegger. Io non mi occupo di tali cose. E nemmeno voglio provarci.
Ringrazio tutti coloro che mi hanno risposto sia in privato che sulla bacheca di fb. Senza queste piccole fonti il mio lavoro sarebbe privo di spessore.

Vorrei terminare con un commento, il commento è fatto per voce, anzi, per mano di una delle persone che io stimo di più sulla faccia della terra, la persona che mi ha aperto gli occhi, e che ora è dietro ogni mia tensione verso.

“Vedi le contraddizioni insite e implicite in ogni tipo di posizione di questo genere… è come per colui che si definisce comunista (e probabilmente lo è) e ha l’”obbligo”, a livello pratico, di far uso quotidianamente di tutti gli strumenti tecnologici e commerciali del “capitalismo”, del potere in una parola! Come Wu Ming (voce fuori campo, la Mia, che questa persona stima e rispetta) che pubblica con Einauidi, come altre milioni di realtà…. come noi con facebook, ecc..”

Le contraddizioni sono insite nel nostro sistema che è appunto, (lo ha detto qualcuno prima di me) un sistema capitalista, tecnologicamente avanzatissimo, la cui storia ormai coincide con la storia del mondo intero…

 

Citazioni tra virgolette di: Gianni Ruscio, Noemi.O, Carmelo Bene.

Ispirato da: Noemi.O, grazie AMORE.

Ringrazio: Carla Verbano (per il calore) Stefano Pulcini, Federico Pulcini, Ginevra Magiar Lucidi, Gungo Takesh, Eleonora Cancemi, Valeria Orlando, Chiara Dvaloi, Matteo Cervini, Eleonora Ficini, Virginia Mantegna e Giulia Vulcano per avermi aiutato, senza saperlo, a scrivere questa piccola riflessione.

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9 Responses Subscribe to comments

  1. gianni says:

    Riporto qui sotto un commento che una mia vecchia amica mi ha spedito in privato dopo averle fatto leggere questo saggio breve prima che venisse pubblicato su Poesia 2.0 e che personalmente ho parecchio apprezzato.
    vedete, io non scrivo per dire la mia, che poi non è la ‘mia’, ma solo ciò che mi attraversa, ma perché credo nella forza del pensiero e della ragione. se ognuno scrivesse qui sotto una cosa, anche totalmente contraria alla roba che ho scritto io, ne sarei soddisfatto più di ogni altra cosa. G.R

    “Mi trovo in parte d’accordo e in parte no :) E’ vero che ognuno di noi (esseri umani) siamo come i pupi: dai una mano e si prendono tutto il braccio. Non conosciamo limiti se questi non vengono imposti. Così è internet, e di conseguenza anche Fb..senza limiti. Ognuno di noi può usufruirne per vivere una vita fuori dall’alienazione moderna e priva, ormai, di molte moralità ed etiche. Si possono costruire immagini di se stesse differenti in maniera più estrema in confronto al concetto di “Uno, nessuno e centomila”. E qui c’è la differenza tra persone di una generazione e persone di un altra. Noi, Gianni, siamo tra molte virgolette più fortunati dei ragazzini nati nel 2000. Noi conosciamo il confronto verbale, spesso e volentieri grazie proprio alle nostre famiglie (vedi mia mamma), il confronto intellettuale, il gioco, le relazioni..e possiamo utilizzare Internet per ciò che è: uno strumento. I ragazzi delle nuove generazioni hanno come principale balia i media, che siano tv, cellulari, INTERNET. Non riescono più a separare uno strumento da un metodo di relazione vivo, vero. Internet è la corrente di controcultura per eccellenza..ma come detto prima è senza limiti. Qui, secondo me, han fallito le famiglie, lo Stato (che ci vuole pecore, e gli fa comodo averci così) le Istituzioni..allora…che fare? Noi, secondo me, siamo la chiave. Siamo i futuri genitori, siamo elettori, siamo giovani..possiamo fare davvero qualcosa..se solo ci svegliassimo dal torpore mediatico che piano piano sta accalappiando molti di noi.
    Ribadisco..internet (Fb) è controcultura? E noi facciamo una contro-controcultura..realizziamo di nuovo che è solo uno strumento e che come tale va sfruttato.
    L’idea di inserire il tuo saggio fra le fila di fb è un modo per vedere, secondo me, anche un punto di vista ancor più liberale delle reazioni umane..e sai perchè? Col fatto che oramai non sanno più parlare di persona probabilmente non sarebbero in grado di “esporre” il loro pensiero senza aver PAURA.. in questo modo hai potuto vedere il pensiero “libero”. Lo so..è triste, ma come dicevo prima, è uno strumento. Sfruttalo! Su può andare davvero controcorrente anche utilizzando gli strumenti del potere :)

  2. gianni says:

    ragionare, senza mai perdere di vista il rispetto per la dignità umana.

    G.R

  3. Daniele Barbieri says:

    Be’, più o meno la stessa roba io ho cercato di spiegarla qui, poco più di un mese fa, da un punto di vista un po’ diverso, ma non troppo: http://guardareleggere.wordpress.com/2011/04/10/di-facebook-e-di-bauman-e-dellidentita-narrativa/
    db

  4. iole says:

    Molti scenari apre questo scritto, sotterranee che conducono a cunicoli sempre più fondi che permettono di guardare/guadare se stessi: la ricerca di certezze, di confini che ci con-tengano, ci comprendano, restituendoci la nostra forma, riconosciuta e riconoscibile; il desiderio di onnipotenza che evidenza l’estrema fragilità ecc. Molto su cui riflettere …

    Mi limito a portare la mia esperienza-non esperienza circa fb.
    Con una sorta di rifiuto/ pudore mi sono imposta di non iscrivermi. Una forma di snobismo che forse mi fa perdere qualcosa di buono, ma che in qualche modo si rifiuta di entrare in un meccanismo che rischia appunto di togliere autenticità. Lo stesso rischio si corre certo anche in un blog, ma attraverso quello mi sembra di riuscire a mantenere meglio una specie di distacco, riuscire a esserci-non esserci senza condizione e condizionamenti.

    Ciao e grazie per la riflessione.

    iole toini

  5. gianni says:

    grazie a voi… di cuore.

    gianni

  6. alessandro says:

    mi piace è una citazione da grande fratello di cui faccialibro perpetra la bufala

    quando il passaggio del non esserci è confuso con la sine nobilitate ceh è l’essenza dello snobismo siamo molto più cotti di quel che si pensa
    ale

  7. luisa says:

    ho apprezzato molto questo scritto. finalmente leggo nero su bianco tutte le considerazioni e soprattutto le critiche tanto discusse riguardo i social network. Se ne parla sempre, o meglio si parla attraverso i social network, ma non si riesce mai ad evidenziare bene il punto; le insicurezze che ci viviamo quotidianamente nelle relazioni con gli altri e la società. tutte le nostre paure, offuscate, nascoste dietro al nostro caro schermo che ci protegge e ci fa sentire sicuri e forti. diversi, come ci vogliono immaginare, noi saremo.
    Non posso negare però quanto allo stesso tempo mi sia stato utile il social network in alcune occasioni ( pubblicizzare eventi,anche solo per organizzare un uscita con tante persone). Direi che la parte migliore in questo caso di fb è sicuramente il risparmio di soldi in queste occasioni, bisogna quindi approfittare della gratuità della comunicazione e riuscire a ridimensionare il proprio desiderio di onnipotenza.
    bella gianni!

  8. gianni says:

    grazie Luisa. : )

    un saluto

    g

  9. gianni says:

    Si infatti… scusate. Ma il primo commento (molto bello) di questa serie l’ha scritto Valeria Orlando.

    g

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