E la tortura esiste. E i fiori di rosmarino esistono. — Andrea Inglese

Libri Di/Versi n.1: una nuova iniziativa di Poesia 2.0 a cura di Sebastiano Aglieco
Posted 14 hours ago

 
Mi sono sempre chiesto, quando si parla di poesia, se la gente la legga veramente. Che poesia si legge? Quali poeti? Quanta se ne legge? Con quali sensibilità, affinità di…

Libri Di/Versi n.1: una nuova iniziativa di P…
A proposito di “Addio alle Armi” n.5: Lorenzo Mari
Posted 1 day ago

 

 
Benvenuta militanza
Appunti in progress

In un preciso momento storico in cui la crisi della critica militante, che perdura da decenni, si è acuita fino a creare spaccature enormi, monumentali faglie sismiche,…

A proposito di “Addio alle Armi” n.5: Lorenzo…
Parola ai Poeti: Loredana Semantica
Posted 2 days ago

 
Qual è lo “stato di salute” della poesia in Italia? E quello dei poeti?
Rispondo a questa domanda da frequentatrice di luoghi virtuali nei quali si scrive e si legge poesia…

Parola ai Poeti: Loredana Semantica
‘Il Piombo a specchio’ vince l’edizione 2012 di “Opera Prima”
Posted 2 days ago

 
La raccolta Il piombo a specchio di Manuel Micaletto vince l'edizione 2012 di "Opera Prima".

[issuu width=550 height=391 embedBackground=%23ffffff backgroundColor=%23222222 documentId=120128173124-96f314051a6442cabd7a653274688da5 name=opera_prima_2012_-_micaletto username=poesia2.0 tag=poesia unit=px id=e7991b86-37c0-fc5b-0758-7ce28c27ca51 v=2]

Aggiornamenti e maggiori informazioni durante…

A proposito di "Addio alle Armi" n.4: Alessandro Assiri
Posted 3 days ago

 
Una poesia che rifonda se stessa è principalmente una poesia che ripensa le sue relazioni percependosi come testimonianza collettiva.
Tra le relazioni che vanno rimesse in discussione ci sono anche le…

A proposito di “Addio alle Armi” n.4: Alessan…
Vicolo Cieco n.21: Comuni e Principati
Posted 5 days ago

 
In fondo Addio alle armi, già dal titolo, voleva essere una chiamata di deposizione, non tanto degli strumenti del conflitto, quanto della zappa che ci serve per la causa del…

Vicolo Cieco n.21: Comuni e Principati
un tale, una tale – tra oralità e scritture n.7: A mio modesto avviso (appunti di poetica ragionevolmente sentimentali)
Posted 7 days ago

 

[ La questione orale : le diverse posizioni sin qui raccolte ne mostrano l'aspetto irriducibile, l' argento vivo. Il tentativo di adunare più voci in questo spazio è un gesto…

un tale, una tale – tra oralità e scritture n…
A proposito di “Addio alle Armi” n.3: Matteo Fantuzzi
Posted 7 days ago

 
di Matteo Fantuzzi
Cari tutti, mi dispiace non essere con voi oggi ma sono di turno col lavoro e non mi era possibile sganciarmi.
Capisco bene le necessità di convegni, di idee,…

A proposito di “Addio alle Armi” n.3: Matteo …
Parola ai Poeti: Dante Maffia
Posted 9 days ago

 
Qual è lo “stato di salute” della poesia in Italia? E quello dei poeti?
Se ti riferisci allo stato di salute attuale devo subito dirti che è buono ma nascosto, occultato,…

Parola ai Poeti: Dante Maffia
Appunti n.14: "Berrà il mojito e avrà i suoi occhi. Alcune osservazioni né a favore né contro il valore didattico della poesia.", Di Luca Rizzatello
Posted 9 days ago

 

[issuu width=550 height=391 embedBackground=%23ffffff shareMenuEnabled=false showHtmlLink=false printButtonEnabled=false shareButtonEnabled=false searchButtonEnabled=false backgroundColor=%23222222 documentId=120212111606-f2e18dbeb5804b1ebf1ce099dfc332d0 name=appunti_-_luca_rizzatello1 username=poesia2.0 tag=appunti unit=px id=f92173a1-2341-890e-7229-9ec6ee9255c5 v=2]

Puoi scaricare il documento qui.

PreviousNext

Il vuoto di plastica. (Oppure sull’Io antisociale.)

di

(di Gianni Ruscio)

È dalle marginalità che si possono cominciare a svelare i meccanismi di un sistema.
La nostra immaginazione pagata a caro prezzo. La nostra immaginazione e la possibilità di metterla in pratica è legata alla base dai rapporti economici che le persone vivono sulla propria pelle.
La struttura del nostro sistema socio-politico non viene più dal basso, da radici strettamente connesse col territorio, o dalla memoria. In questi vent’anni abbiamo assistito all’appiattimento della dualità da cui nasce e prende vita il confronto sociale e politico.
Non esiste più un sistema basato sull’opposizione, in cui il dialogo si sviluppa tra tesi ed antitesi, che dovrebbero essere rappresentate dalle realtà del territorio, ma solo un sistema in cui ormai le parti della contesa si limitano ad essere pro o contro la situazione vigente nel nostro paese. Con o contro Berlusconi, questo è diventato il problema del dibattito politico. Sarebbe sciocco essere indifferenti rispetto a questo argomento, ma l’analisi critica dovrebbe costituirsi a partire dai rapporti di potere e ciò che ne consegue. Tali rapporti di potere hanno portato alla creazione, per auto conservarsi, di una realtà parallela e fittizia, che chiameremo di plastica, rispetto a ciò che il piano della realtà fattuale necessita per aver dignità a che gli sia resa giustizia.
Ogni cosa che ci circonda ci è stata messa davanti agli occhi per coprire con un velo di menzogna e perbenismo la verità. Per nasconderci la verità di cui loro sono i padroni, ovvero, che tutto è stato mercificato. Pensiamo, tanto per fare un esempio, cosa hanno fatto (tra mass media del nulla e cartelloni di vacche da macello agli angoli delle strade) alla figura della donna nella nostra ‘civiltà’. L’hanno trasformata in merce, e intanto coloro che la rendevano tale per tornaconti di casta cos’altro facevano? Hanno fatto leva su una delle pulsioni più remote dell’uomo. L’hanno reso schiavo di quella merce. Ci hanno talmente bombardato che alla fine siamo diventati degli animali senza cervello. E senza sentimenti. Senza niente. Ci hanno tolto la purezza dell’innocenza. Hanno strumentalizzato una delle due parti più profonde e remote del nostro io. La sessualità… così facendo hanno preso due piccioni con una fava. Poiché la distruzione della naturale alternanza tra ciò che è femminile e ciò che è maschile non solo ha sminuito e impoverito la donna nella nostra cultura, ma ha pure reso impotente l’uomo di fronte allo spettacolo che hanno messo in scena.
Una carnalità svuotata, infatti,  è lo spettacolo ideale per far sentire l’uomo continuamente castrato. Il miglior modo per annichilirlo, renderlo innocuo e privarlo, attraverso la porno aggressività messa in cattedra dalle nostre televisioni, davanti alla quale non si può reagire, della sua energia vitale.
Come se non bastasse hanno saputo far leva anche sulla seconda delle due parti di cui accennavo, la paura della solitudine (o della morte) e hanno infettato con i loro tornaconti anche quella. Poveri noi, pensiamo di non poter vivere senza ciò che da qui in avanti chiamerò “Giochi da Colosseo”. Prendiamo il calcio. Sport nobile. Ma costituito da un grande potenziale intrinseco: la passione. Hanno saputo prenderci per la pancia e disperdere così la naturale tendenza dell’essere umano ad appassionarsi per qualcosa da cui si sente rappresentato. Dispersione delle energie e soddisfacimento dello spirito d’appartenenza. Un miscuglio micidiale di controllo e quella che chiamerò una vera e propria gestione statale delle risorse umane. Se ne deduce che ormai anche la politica è diventata tifo.
Anche se è difficile ammetterlo non basta più solo fare un’analisi minuziosa della situazione e dire le cose come stanno. Abbiamo bisogno di un progetto, di una prospettiva comune nella quale sublimare la nostra passionalità male espressa o, nella maggior parte dei casi, addirittura repressa. Perché ogni essere vivente se messo nella condizione di non poter subodorare una via d’uscita si arrenderà, prima o poi. Oppure perderà interesse per ciò che davvero conta, la sua spinta vitale, che è lo strumento, insieme alle parole (e alla comunicazione di cui dopo riparlerò) “per giungere al significato”. Ed è per questo che, parafrasando Stefano Martini, l’unica via di salvezza possibile sarebbe il ripristino delle caratteristiche specifiche della figura della donna. E della donna come essere vivente, non come prodotto di scambio, come accadeva nel mercato degli schiavi (che ora è diventato mercato dei servi). Le mie frecce, già da tempo, sono puntate verso il femminile e la giusta valorizzazione di questo tesoro inestimabile. Infatti ho sempre visto, tanto per fare un esempio, le famose ‘quote rosa’ (soltanto all’interno di questo sistema ovviamente) un’abile strategia sociale per ammazzare la dignità che spetta alla donna, che non penso risieda tanto nella parità dei sessi, quanto piuttosto nel comprendere che proprio uomo e donna sono portatori di alcune diversità sostanziali che andrebbero fatte sbocciare, per poterle gestirle al meglio. E solo con il confronto, l’unione, insomma con la dualità delle due fonti si potrebbe giungere ad una giusta amministrazione del potenziale umano. Per quanto mi riguarda la mia opinione è che bisognerebbe lasciar governare le donne, ma un’equa distribuzione dei compiti mi sembra un compromesso accettabile per entrambi. Ma non mi dilungherò a spiegarmi intorno a queste cose, perché finirei fuori strada. Invece il mio intento è cercare un plausibile anelito di verità in tutto ciò…
… E come sempre, quando si parla di verità, “non si può fare a meno di guardarsi allo specchio”. Per fronteggiare tale condizione, sensibilizzarsi di fronte al controllo che il potere esercita su di noi, (tra l’altro questo potere ha la capacità di fagocitare ogni contraddizione che da esso proviene) proprio come se facessimo parte di una macchina in cui ognuno è un tassello fondamentale della catena di montaggio, bisognerebbe partire da se. Dal proprio luogo comune come persone che coabitano all’interno di uno stesso mondo. La consapevolezza di essere dei prodotti della società contemporanea è il primo passo a cui giungere per poter combattere ‘da dentro’ questo sistema di scatole cinesi in cui ci ritroviamo catapultati. Conosco persone che lottano ogni giorno per combattere dentro di loro quella parte di se stessi che non è altro che prodotto del potere che ci anestetizza e lobotomizza al solo scopo di alimentarlo. È una continua creazione di dipendenze fittizie, di necessità e bisogni ai quali crediamo o ci facciamo persuasi di dover sopperire, e che in realtà non sono altro che la presenza dell’istituzione che ci vuole istituzionalizzati. Istituzionalizzati e incoscienti. Controllati e ignoranti. Mediocri. E io questo prodotto che mi sono dentro non lo sopporto più, non lo voglio più, e mi fa incazzare come un ape sentirmi schiavo di questo meccanismo che mi tiene a bada.
La coscienza e il sapere bisogna, io credo, ognuno dentro di se, osare. Liberarsi dalle catene che ci rendono schiavi, appunto, perché per fortuna la maggior parte di noi almeno è ‘solamente’ schiava, e non serva, di questo sistema di potere e di controllo. È dalla marginalità, dalle piccole grandi lotte di realtà cittadine, o di quartiere, che prende ispirazione il mio scritto. (E qui penso all’Astra, ai compagni di Militant, alla Palestra Popolare del Tufello Valerio Verbano… realtà che stimo per il lavoro che portano avanti con passione e competenza.)
E io sono convinto che proprio la realtà andrebbe esplorata di nuovo con occhi diversi. Con occhi più attenti. Con orecchie che sappiano ascoltare ed accogliere.
Dal “vu cumprà” (e qui adopero appositamente un termine che è chiara manifestazione di un etichetta, o se vogliamo, di un luogo comune, che dovrebbe assolutamente essere sfatato) all’angolo dei semafori, a quello che cammina tutto il giorno di tutti i giorni estivi sotto al sole e sopra la sabbia bollente per vedersi rispondere male dalla maggior parte della gente a cui si presenta. Va rovesciato il punto di vista. Ci servono altri occhi e altre orecchie, un altro linguaggio con il quale comunicare il nostro disagio, il nostro inno alla giustizia individuale e sociale, il nostro disprezzo nei confronti del sopruso e dell’abominio umano. A me non piace essere usato. Bisogna, nonostante ciò, pur sempre stare attenti a non ‘ghettizzare’, a non far ‘tabù’ di ciò che le bassezze umane possono generare. Noi siamo questi stessi tabù, e quelle stesse bassezze, il nodo problematico, il focus su cui vanno centrate le attenzioni, non è l’abolizione di queste tendenze dell’animo, ma la scoperta e l’accettazione di tali inclinazioni, cercando ogni volta nello straniero che ci abita di poterle gestire senza proiettarle o scaricarle addosso all’altro, ma provando a giungere all’unica verità possibile, che “noi siamo l’altro”.
La forma d’intelligenza più grande e nobile sarebbe quella di fare qualcosa per se senza ledere la sensibilità di chi ci sta intorno, ma anzi, cercando di rendersi utili per una o più persone. Ma le varie sensibilità che non s’adeguano a questo strumento di perpetrazione delle ingiustizie vengono messe al bando, perché considerate inefficienti e pericolose. Io credo profondamente nel fatto che se ognuno facesse il proprio, magari lasciando umilmente spazio a chi sa fare meglio una cosa piuttosto che un’altra, tutto sarebbe più gestibile e vivibile. Senza nascondere la testa sotto la sabbia o cercando di fuggire dai disagi, ma semplicemente rendendo noi stessi in grado di conoscerci, e di poter essere il nostro miracolo.
Non mi spingo oltre, perché sono al limite della banalità e del buon senso, e so che non è per questo che ho cominciato a scrivere, per dire a qualcuno cosa e come o quanto… Essere o Fare anziché sembrare o possedere. A me non piace vivere nella bugia. Io credo nel patto fatto con se stessi e nei confronti dei nostri simili. Io credo in quegli animali bambini che tutto possono vedere perché sanno osservare. E credo nella prospettiva anziché in un mondo bidimensionale. Ho una sola certezza, generata pur sempre dal dubbio del non saper fare, o dall’impotenza, e questa certezza è fatta della rabbia che viene dall’abuso sui più deboli.
Mi piacerebbe pensare che la mia disperazione sia una forma superiore di protesta (o felicità), come diceva Leo Ferré. Un chiaro segnale del fatto che si può reagire a questo regime che ci incatena.
Mi piacerebbe pensare di poter dare il mio contributo per fare contro cultura.
E io questo so fare. Scrivere. E allora scrivo, e mi vergogno per coloro che raccontano solo fandonie sulle quali appendere le armi che servirebbero per contrastare tutto questo. Sono convinto che si possa non cedere all’indifferenza. Sono convinto che i giochi da Colosseo davanti ai quali ci hanno posto servano solo a creare uno scarto per chi sappia sentire e ragionare.
Contro la cultura della plastica e della finzione (quella con la f minuscola… che quella con la F maiuscola la lasciamo al Pessoa) vorrei poter urlare il mio silenzio al mondo, come unica forma possibile di espressione. Come unica mossa dalla quale poter ripartire per cominciare ad ascoltare di nuovo le voci, quelle che vengono dal passato e quindi dal di dentro di ognuno di noi. E proprio qui io individuo la possibilità di riscatto in cui spero. Il potere, sempre parafrasando Stefano Martini, è costituito da ingranaggi, e questi ingranaggi possono essere scardinati. Il potere più grande di cui si avvale la classe politica vigente è quello della comunicazione. È per questo che ho deciso di pubblicare il mio ‘saggetto’. Anche se sicuramente mancherò di freschezza linguistica, quella che non ho ancora acquisito per arrivare a tutti, mi espongo… perché… potrebbe pur sempre essere una chiave, una lettura ‘altra’ della realtà sulla quale dialogare…
… Mi piacerebbe pensare di poter restaurare almeno un modello tra i tanti che sono diventati così poveri per la nostra umanità. Perché è questo il problema, non abbiamo più un modello nella storia contemporanea da seguire. Allora si… prendiamo ispirazione dai grandi ‘del passato’ e del presente, da Marx a Pasolini, da Gramsci a Saramago. E potrei farne molti altri di nomi…
Abbiamo bisogno di un modello.
(Il mio io artistico, dopo aver cercato con tanta foga nel suo percorso una forma di trasgressione al manierismo che ha già detto tutto, non si sarebbe mai sognato di affermare ciò).
Di restituire un ‘esempio’ alle generazioni che verranno dopo di noi. Io ho bisogno di questo perché sento che ognuno di noi avrebbe bisogno di ciò. Aiutiamoci ad aiutarci, partecipiamo almeno dentro noi stessi, gridiamo il nostro disappunto nelle nostre intimità riappropriandoci del nostro privato, che già sarebbe un grandissimo atto rivoluzionario a ciò che accade nel mondo. Non è buonismo, è profonda indignazione. Non è ambizione, ma aspirazione. Non è bisogno, ma sogno. Desiderio. Desiderio d’uguaglianza. Di condivisione. Di comunione e fratellanza. Solo ora che ricomincio a prendere confidenza con le parole mi rendo conto di me e di ciò che mi circonda. L’autorità che passa attraverso il braccio armato del potere controlla ogni forma di socializzazione attraverso il linguaggio, e proprio la socializzazione, in questo periodo storico, è divenuta la più grande forma di controllo sociale.
Mi viene pure in mente come dal nulla, e di questo sono responsabili “i pro e i contro” di questo sistema, abbiano cominciato a confondere il pubblico col privato. E questo mi fa pensare con pietas e ardore alla scuola pubblica, luogo in cui il sapere dovrebbe circolare libero, invece di essere messo alla porta da chi vuol riscrivere addirittura la storia. Penso al fatto che pian piano parole come competitività e interesse hanno preso il posto di altre come Progresso e Bene Comune. Che fare qualcosa Insieme all’altro, è diventato fare qualcosa per l’altro. Una modalità cattolica d’intervento che rende impossibile, nella sua staticità, ogni sorta di scambio umano e quindi miglioramento della condizione di partenza. Vivo in un mondo in cui il rispetto delle radici culturali di altre etnie è diventato fobia delle altre culture, tanto da esserci creati la giustificazione per esportare una democrazia inesistente, che non è altro che pura demagogia. E purtroppo questo è un errore che commettiamo da secoli e che non ci ha insegnato ancora nulla. Anzi… il dramma è che ci sentiamo superiori agli ‘altri’ facendo quella che la chiesa chiama carità, quando in realtà stiamo solo cercando di colmare la nostra piccola coscienza colpevole, egocentrica, ed egoistica.
Ormai il denaro e le ‘cose’ non sono più considerati strumenti per giungere ad un fine, ma essi stessi, in nome del consumo, della presunzione di apparire e la vanità del mostrarsi, sono diventati fini e noi abbiamo permesso che ciò accadesse.
Un mio amico una volta mi ha detto che rimpiange il tempo in cui si lottava per un pezzo di terra; io credo che nonostante tutto questa affermazione sia assai attuale, perché ora la terra per cui lottare siamo noi. È dentro ognuno. E li dentro si può trovare dignità, rispetto per i nostri sentimenti, e apertura nei confronti del diverso. Vorrei che le idee partorite dall’intelligenza potessero scontrarsi con il mondo esterno, ma vivo in un mondo in cui nella maggior parte dei casi, forse per contegno o per protezione della propria fragilità, ognuno tiene per se il meglio che avrebbe da offrire.
Io sono dell’opinione che aldilà di ogni giudizio sterile la violata emotività umana vada indagata e compresa, tanto da poterla abbracciare e da poterci costruire sopra qualcosa di cui valga la pena fruire. Certo, io parlo anche e soprattutto da poeta “non-poeta”, ma è proprio da questo che muovono le mie parole.
Io credo che per alcuni di noi non ci sia più la possibilità (e deve continuare a non esserci) di essere perdonati. Non c’è più possibilità di riscatto per questa politica, per la casta dal grande potere materiale. Non è possibile l’oblio. Non si può dimenticare ciò che è stato. Non è possibile qui ed ora nessun compromesso etico, estetico e nemmeno morale. Nessun “cinismo in cui tutto è segretamente permesso e perdonato”. Non ci sono scuse. Solo fatti. E non ci sono nemmeno alternative. Così è questo ciò che io sto cercando di comunicare. Almeno questo. Una scheggia di consapevolezza e di rimorso. Sono finite le scuse, e sono rimaste solo le azioni incompiute e gli atti perversi. Io vorrei smettere di preoccuparmi così, tanto per fare un esempio, del ‘loro’ capo del governo. Lo immagino lasciato solo, abbandonato da ogni forma di vita di cui si circonda. E mi sento meglio. Anche se forse nemmeno la solitudine lo vorrebbe tra le sue braccia consolatrici. (Sono certo che infatti così non sarebbe). E tutto ciò che gli gravita intorno, lo immagino scomparire subito dopo di lui…
Perché in fondo… mi sono sempre chiesto “come si possano riciclare un nazista e un razzista”. Oppure come si possano recuperare (non sono responsabile io di tutti i possibili parallelismi tra questi e quelli sopradetti) un fascista, un capitalista sciacallo, un mafioso e un servo (tutti e quattro, nella maggior parte dei casi, secondo molte e varie fonti autorevoli, indissolubilmente legati tra loro)… e l’unica risposta che ho trovato è stata questa: “vanno tenuti a bada continuamente”, senza mai abbassare la guardia, “perché il male non potrà mai essere del tutto sconfitto” e non si può nient’altro contro di loro. Certamente credo nella coscienza individuale, ma questa è veramente un’altra storia… e qui correrei il rischio di ‘qualunquizzare’ il mio pensiero.
Non mi lascerò neppure andare alla narrazione di visioni distopiche a proposito di ciò che io immagino nel futuro di questo paese. E del mondo. Anche se mi sarebbe piaciuto. Non lo faccio perché come essere umano credo nella possibilità di potersi rinnegare. E ho la sensazione che la mia responsabilità nei confronti di chi leggerà queste pagine è talmente grande da non potersi risolvere tutto in un solo impareggiabile: Ve l’avevo detto! Per questo rimarrò torbido almeno di fronte a ciò. Perché c’è un limite invisibile tra ciò che non ci appartiene e ciò che non ci apparterrà.
Credo anche vada distrutta quasi ogni cosa di quelle portate avanti da 20 anni a questa parte, poiché nella distruzione è rintracciabile l’unico atto creativo adeguato… così ora che ho bisogno di un responso, ora che traduco questa abile somministrazione della paura in coraggio di affrontarla, in volontà di riappropriarsi dei simboli in cui ho fiducia, quelli che vengono dall’interno di ogni individuo, io… voglio resistere. E vorrò resistere. Ancora e ancora.
Tutto ciò che accade al di fuori di noi accade qui dentro. Entro i confini “del sangue e dello sperma”…  e questo è proprio ciò che dovrebbe interessarci, perché in fondo, anche se gran parte del mio essere si rifiuta di sentirsi ‘sullo stesso livello’ di chi (non)ci governa, e considerato tra l’altro che le mie scelte parlano da sole, “siamo la stessa cosa”.

 

Citazioni tra virgolette di: Alan Moore – V per Vendetta, Milan Kundera, Carmelo Bene, J. K. Rowling, Stefano Martini, Paolo Maras e Gianni Ruscio.
Ispirato
da: Noemi O. – grazie.

Articoli correlati:

  1. Mio fratello è figlio unico…   cosa c’e di peggio di un dolore cosciente? del poterlo vedere, riconoscere, dell’averne consapevolezza? un dolore che non ti ucciderà, probabilmente, ma che ti sta attaccato sempre addosso e...
  2. Il numero di Gianni Ruscio [Visto il considerevole interesse suscitato dall'articolo di Gianni Ruscio pubblicato il mese scorso, “Il vuoto di plastica (oppure sull’Io antisociale)” diventa un nuovo tema di dibattito che...
  3. La conquista – Appendice a “Il vuoto di plastica” “La libertà va conquistata, altrimenti non è. E la libertà è non avere un padre, quindi autonomia.”   Vorrei soffermarmi per un attimo su questa affermazione che a me risulta...
  4. Lo scambio “Ognuno di noi, per quanto impensabile, è fondamentale per l’altro, anche se questo fosse il suo peggior nemico, anzi… a maggior ragione.” Affacciato alla finestra delle mia camera ragionavo sull’ultimo...
  5. Ma poi… come lo affrontiamo davvero il dolore?   Esco proprio ora dal confronto con un mio amico molto caro, confidente delle ore più tarde. Inaspettato nell’affettività che richiama dal profondo. Da questa fiamma che ho dentro e...

33 Responses Subscribe to comments

  1. Riccardo says:

    “Mi piacerebbe pensare di poter dare il mio contributo per fare contro cultura.
    E io questo so fare. Scrivere. E allora scrivo, e mi vergogno per coloro che raccontano solo fandonie sulle quali appendere le armi che servirebbero per contrastare tutto questo. Sono convinto che si possa non cedere all’indifferenza. Sono convinto che i giochi da Colosseo davanti ai quali ci hanno posto servano solo a creare uno scarto per chi sappia sentire e ragionare.”

    Ho scelto alcune parole dal tuo discorso, perchè hanno dentro una domanda che anche io nei miei “soli” vent’anni mi sono sempre posto. Cosa posso fare io, cosa so fare io? e allora tendevo al meglio, al meglio di tutto al meglio di me stesso. Provare, mi ripetevo, vedendo i continui fallimenti nella ricerca di una soluzione, ma soprattutto prese in giro.

    A allora scriviamo, comunichiamo, spostiamoci e condividiamo.
    Oggi non mi hai solo tolto le parole di bocca, ma anche il sangue dalla penna.

    Il destino ha voluto che arrivassi su questa pagina 2 minuti dopo la lettura di un Panphlet, Indignatevi! di Hessel.
    Che spirito!

  2. leopoldo attolico says:

    E’ sotto stress , ha settantacinque anni e un pacemaker . Soltanto il padreterno o chi per lui lo può togliere di mezzo , visto l’edificante spettacolo che sta dando l’Opposizione ( anch’essa specchio fedele degli italiani cialtroni e individualisti ) .

  3. marcello bellavia says:

    Lo spunto è proprio quello descritto sopra in questo piccolo saggio :scrivere ma non sempre lo si fa ovviamente non perché non se ne hanno le potenzialità o le possibilità ma perché non si scrive sull’indecenza che non ci appartiene, la si lascia morire e nei loro modi da finto-emarginati ,da omosessuali che vorrebbero inculcarti il loro essere con la minchiata e la falsa accusa “d’omofobia”, mentre t’infinocchiano
    O cercano di farlo perché sono persone malate (dentro e fuori della scrittura, nella quale mostrano anche indignità verso il normale colui che non essendo come loro diviene per assurdo “diverso” ,questo solo nei circoli viziosi e falsi del loro nulla ;nella realtà quella fuori dove ancora si respira l’aria buona e di tutti questo non avviene anzi ,ancora per logica e forse per giustezza avviene il contrario nella tradizione: lo scontro con le etichette e i cartellini indicativi veri tutti al proprio posto, dove perderebbero di sicuro,la verità ,il giusto anche se con difficoltà trionfa sempre).
    In ogni caso è il male che fanno ,il classico contrario della verità .
    E la si smettesse di darle anche solo semplicemente per vere: sono pagine prestabilite fatte apposta-come descritto da voi sopra- perché si cambi ciò che di buono si produce i propri
    Percorsi personali, terre e identità –quasi- dei soggetti.
    Insomma un giorno ci si spazientisce, perché, nell’ennesimo lettura dell’articolo (per informarsi veramente sulle correnti e il lavori di poeti e poesia italiana), all’ennesimo richiamo fastidioso tra le righe (e purtroppo è successo anche -prima no forse ma ora, si- in posti dove c’era gente seria che lavorava),dicevo ci si spazientisce e : glielo si dice apertamente ciò che sono in faccia ma non gli piace e come sempre parte il teatrino di false costruzioni e rigiramenti e minchiate che falsano anche il fatto nudo e crudo anche in 3 sole parole e offensive ,che li si è bastonati.
    ovviamente non provocano nessun male ne in me ne immagino in chi li legge ,però è una ridicolaggine e
    un fastidio che da troppo tempo si è permesso in letteratura e in tutte oltre che quella italiana, come inteso in riferimento a persone come Carroll o in arte come Balthus che anche nella realtà erano dei veri e propria assassini e vampiri delle società in cui vivevano. In ogni caso ritornando ai nostrani scrittori vanno
    trattati per quello che sono:
    piattole , bubboni che appestano da più di un ventennio la letteratura e che zavorrano o vorrebbero, il processo collettivo di creazione e di crescita della poesia. Questi pagliacci con le loro visioni speculari da netturbini raccoglitori delle immondizie e degli sforzi, facezie e letture del nostro quotidiano, che tengono o vorrebbero “accollarti” una cornice di uno specchio inesistente, poiché, il vero contenuto sono loro il mancante -il vuoto insostanziale-che sta dietro ma che in fondo è lapalissiano e evidente: il consistente e inutile nulla (e li ,si perché li si mostrano quando per quello che sono senza ritegno) :lettura o meglio proiezione di loro stessi :del Nulla, che falsa e distrugge e demagoga il contemporaneo di “testimonianze” ,ripeto false della poesia .Un po’ come una scatola nera che proietta il punto finale contrario alla luce iniziale perché falsato da umani/o e non meccanismi che focalizzano il reale dell’immagine .Ovviamente nessuno è un “bamboccione” e quando si perde la pazienza e li si offende per quello che sono, gli si prepara anche in parte –stesso gioco loro anche se in-volontario,da parte nostra -una strada che nella loro arroganza( da arrivati e falsificatori,da controllori delle pubblicazioni e degli andazzi pro domo loro ) non vedono e lo si continua a fare perché è giusto dirlo, perché si civilizzino e esista sul serio una società informatica di poeti e letterati :civile .Per chiarire ed evitare smacchi e trafugamenti e rigiramenti di ciò che ho appena detto e che ripeto: uno sputo e delle offese che io ,penso,scrivo,passano
    Il virtuale ma che vengono raccolte ,scrollate di dosso e cambiate nei commenti e quindi spacciate –per riflusso falso dalla bocca di chi è stato offeso-per verità ai lettori(sempre che ne esistano di “veri” ancora)sugli stessi schermi (e magari anche ai collettivi che se ne fanno idee sbagliate e involucri alle stesse d’ostrascismi ,che allontano me dal siti –altri questi,in parte anche lo stesso in qui sto scrivendo- fatto di aperture e varchi derivanti da riflessioni certosine che possono di certo portare a un’apertura più “universale” della poesia ma che approfondiscono nello stesso modo ,poco la stessa aggettivazione virgolettata .
    Feci una volta riferimento ironizzando (eh,si! ci si permette di farlo ,comunque quanto e come ci piace)sulle Mie amate ,nella vita. Le “Mie” cioè con la maiuscola illuminante sarebbero emblema e rappresentazione dell’amore perfetto e il rapporto a vita che si può avere con una donna,che è l’anima in carne ed ossa(per come la intendo io ,questo anche nella vita ).Mia era –e credo lo sia ancora, perché non morta- la moglie di Giger, che citavo infatti nel testo, come mi è capitato di citare la Gala di Dali,in altri.Serviva ciò che avevo scritto a sfatare le Vox bands e l’articolo a cui mi riferivo pubblicato al solito da
    e falso nulla.
    Va abolito In ogni caso a mio parere il male e la falsa convinzione della visone speculare (che alcuni utilizzano pro scritto proprio e costrutto letterario) . Ultimamente ho scritto le parole :“più specchi” , intendevo per contrapposizione al web –e alle buffonate sopra-,dire: che in natura vi sono più e più posti dove vedere la propria anima (anima ,ovviamente ,non animus) nient’altro che le donne di cui t’invaghisci dove puoi vedere l’amore :la ragazza della porta accanto o che si trovano ad uno sguardo mentre si va al lavoro o occasioni da una sera, gnocche che REALMENTE esistono e con cui durante la vita si ha o si ha avuto una storia e un condividere che a volte portano alla compagna/moglie (dopo che uno s’è l’è goduta a vita con tutte quelle che si può ,io così la penso) e a un cammino di felicità e realizzazione sino alla morte. La semplice ma più importante e per la quale (o avendone tante, più di alcune).
    Ragione per cui si scrive e si vive. Semplice come la stessa bellissima e stupenda (e pezzo di figa ;non voglio essere volgare ma essendolo per forza e a causa d’altri agli antipodi per inique e fandonie ,perché non esserlo in questo caso in e verità dove sono solito camminare ) ragazza con quell’accento sensuale e dolcissimo de “la leggenda del pianista sull’oceano” io alludo all’attrice e alle sue fattezze fisiche del film americano ma anche nel contesto e nelle movenze scritte come musa ispiratrice ,in italiano, in “novecento” di Baricco.

    La stessa ragione per cui dipingo e scrivo quadri in cui sono anche rappresentate (non per semplice associazione d’idee ,psicologica,ne per transfert d’ideologia) ma perché sono effettivi studi e ricerche personali e scoperte che si espletano (REALMENTE,ripeto con donne che ho amato) nel loro essere, nelle movenze che rappresentano.
    Così per una importantissima, con cui stavo arrivando quasi a un unione matrimoniale 8 anni or sono ma fortunatamente essendo giovani (e in parte no perché ancora mi manca, quando mai poi si scordano le donne) si è superato tutto e io mi gettai a pesce nel lavoro e nelle ambizioni personali.
    In ogni caso a lei dedicai nel 2006 una lirica, in cui carezzandola con le dita che al solo tatto fremevano di e della passione ,ogni qualvolta toccavano la sua pelle irradiavano luce e nel toccarla ,lasciavano, impronte(tracce fosforescenti e desossiribonucleiche ,come battessimo per le nascite a venire) indelebili nel buio della notte, nella selva da esplorare dove lei anelava, dal profondo delle viscere nel “suo imbuto d’aria” , il desiderio di essere baciata amata, nello sfavillare in unico punto prospettico delle labbra che già nel suo corpo schiudevano le porte perché la luce del mio amore entrasse sino al convoglio finale e viaggio nel pensiero presente e nel pensato
    Dal quale avremmo dato vita e scoperto un nuovo mondo ,dove il cammino e la speranza potevano ricominciare e ad infinitum sino ad altri mondi a fine e parete ultima non la morte ma la conoscenze future.
    Va spiegato che porta di certo ad allusioni del rapporto d’amore fra un uomo e una donna-come io ho fatto ora- ma nulla per es. a che fare in degenerazioni e trascendimenti( e qui intendo in senso buono),come nell’articolo sopra e gl’impasti succitati.
    Soprattutto in ogni caso si riferiva al viaggio postumo di un fotone che riesce a passare la materia oscura
    Dei buchi neri e diventa generando di materia nuova in divenire.
    Penso che il processo da seguire sia di tipo (come si dovrebbe fare:) deduttivo, dal particolare all’universale e non viceversa: e il tutto ha, eccome una consecutio tempi reale, visibile e alla fine anche sostanziale.
    Bisogna,anzitutto pensare alla rotazioni luminari e spin pari a 1 che rappresentavano le ali dimenticate nell’unità materiale /paradossale ma possibile, da scoprire nel fotone che arriva a passare l’oscurita del wormhole.E ponendosi, quest’ultimo ,come speranza e salvezza che supera lo stringale, si deposita nel punto di fuga nel turbine a rotazione che si chiude. E’ in quel momento che che si assorbe (ma non termina :natura rigenerante quindi nuovo big bang e non crunch) e che questo puntino orfico, diviene unico creatore ,generando e generante,quindi: parte integrante e materia costruttrice che da vita alla citta edenica e ad altri universi da scoprire.
    Da vedere la similitudine che viene fatta nel punto in cui arriva e diviene: quinta dimensione delle cinque più una di cui è creatore(26 come sono o dovrebbero essere ) e li in perfetta armonia nel quadro di cui è protagonista agente, illumina ,la donna (il buco nero,il wormhole : l’anima) che si chiude da bocca aperta che respira,adesso e trattiene l’aria –il punto- e nello schiudersi che è piramide quadrangolare ,unica ed “essenziale” ;passato l’amore avviene come scritto prima la creazione. Ma non è tutto:il riferimento alle 5 dimensioni (comprese il fotone ,perché solo in quel caso sarebbero 4+1, la materia passa il wormhole e il futuro si può avverare) e anche una mappa cromosomatica della donna xx e invece quella del xy del fotone. Quindi y fotone(come i vettori delle stringhe attraversate dalla luce ), che passa il wormhole, piramide dimora e tempio schiuso/chiuso(come la x in un foglio di carta dove rimane-essendo tutt’uno- in un’unica dimensione) e divinità luce che diviene attraverso i secoli e la storia fino a ricompletarsi in una nuova era o “dimensione”.
    Il processo mostrato è angoscioso tanto quanto la scienza è al giorno d’oggi ;non riuscire a dimostrare e passare da materia a materia(fotone nella materia oscura sino ad altra materia inconosciuta) è un problema o comunque uno dei tanti che dovrebbero essere superati .La novità sta proprio nell’accettare senza porre aprioristicamente definizione, lo stato attuale della luce.
    Percorso che si dovrebbe seguire perché la vera luce entri a far /e nello spazio di luce vera il vero buio la vera “materia oscura” da passare perché infiniti mondi che non conosciamo si aprano e possano REALMENTE essere scoperta,progresso e un portarsi avanti nella luce e scientificamente nella letteratura.
    Avevo anche fatto di fatto riferimento a pawlowski per quanto riguarda la coesistenza di più universi collegati tra loro e lo svelarsi di queste matrioske che alla fine rappresentano le nude gestalts e geometrie attraverso le quali il trascendente opera .Infatti se s’arrivasse a scoprire questi cunicoli o sfatare il mito quadro dell’universo ,si potrebbe arrivare al suo modus agendi e comprendere le mosse anzi-e nel-tempo di quest’essere ed evitare genocidi (attraverso gli uomini che muove) e strage inutili d’innocenti. Avevo a proposito cercato di spiegare ,l’atto della trascendenza, e quindi maieusi di pensiero e visioni ,nei santi e posseduti e le varie rappresentazioni e conseguenze sociali e storiche che ne convengono. Ho parlato di tachioni ,paradossi del nonno ecc…risoluzioni ai problemi e possibili modeste (anche se ancora sempre ovviamente fantascientifiche) superamenti della luce e quindi pluripossibilità d’azione nel passato,per un futuro migliore(che nessuno dei pagliacci facenti parte del nulla travisi e si/ci veda fesserie che dovrebbero avere a che fare col web e false “testimonianze”). Comunque c’è tanto da dire troppo da dilungarsi e fanno comunque parte dei “punti” e capisaldi
    Che svelano sempre di più il buio reale e cercano di gettare luce vera ,scientifica ,progressiva attraverso quale l’uomo conosce e diventa sempre più padrone di un mondo che gli appartiene quello: REALE.
    E ripeto, infine -riprendendo sopra un attimo- che trovo assurdo e grave che non si possa leggere più nulla senza essere infastiditi da questi coglioni che non sanno scrivere e che sentendosi anche tagliati fuori a una certa età (perché ci sono quelli come qua e sono parecchio pure ,pericolosi) non fanno altro che appiccicare resoconti e pagliacciate da scorribande invece di testi informativi sulla poesia e il contemporaneo poetico . Comunque le mie sono puntualizzazioni (e sputi ,che per quanto mi riguarda hanno molto di eroico, giusto e vero e doveroso da farsi ) .Per quanto riguarda il resto come nelle poesie inserite in passato (risalenti per l’appunto al 2006 ,massimo 2008)e che sono servite solo a far capire il modo giusto di come e cosa si dovrebbe scrivere ,e questi ora detti e il resto dei miei scritti che scrivo e scriverò non porta e non porterà mai “testimonianza” di un falso e invero e schiavizzato modo vuoto ,di fare letteratura(come nei signori sopra e affini )ma al contrario innovazione e scienza affinchè la veridicità, sia costrutto di una poesia migliore e contenutisticamente sinonimo di progresso e padronanza della luce.
    E nel reale e nelle voluttà verso la natura e le sue figlie (e spero ora si sia capito ,cosa dicevo)per sempre me ne vado a ricercare ,lavorare e portare aventi “punti” e scoperte, risoluzioni e visioni di un possibile futuro luminoso :connubio indissolubile di scienza e materia ,forma e luce sostanziale.

  4. Redazione says:

    @ Gianni: sono d’accordo con molte delle cose che scrivi, soprattutto quando dici che abbiamo bisogno di un modello e quando dici che abbiamo bisogno di un sogetto “Tutto ciò che accade al di fuori di noi accade qui dentro. Entro i confini “del sangue e dello sperma”

    Sono un po’ meno d’accordo sul fatto che “ci hanno imbrogliati” o “ci hanno costretti” o “ci hanno fatto diventare…”. La responsabilità appartiene a ciascuno di noi: l’etica è molto più social di Facebook e se uno uccide, l’altro ruba e un altro fa un’altra cosa è anche un poco colpa nostra. Per il resto: spero ci sarà modo di riprendere il discorso e approfondirlo.

    @ marcello: non ho capito molto bene ciò che vuoi dire e nemmeno a chi esattamenti sono rivolti i tuoi sputi – legittimi sicuramente, però prima di dare dei coglioni agli altri che non sanno scrivere bisognerebbe che tu almeno rilegessi prima di postare i commenti ;)

    Luigi B.

  5. gianni says:

    … ciao Luigi,

    io non ho mai detto che ci hanno “imbrogliato” ecc. la cosa è un pò più complessa e parte da un altro piano di coscienza e consapevolezza. per il resto…
    niente. è tutto scritto. un saluto… : )

    … e sinceramente nemmeno io ho ben capito cosa volesse dire Marcello.

    gianni

    ps
    A me non piace essere usato. Bisogna, nonostante ciò, pur sempre stare attenti a non ‘ghettizzare’, a non far ‘tabù’ di ciò che le bassezze umane possono generare. Noi siamo questi stessi tabù, e quelle stesse bassezze, il nodo problematico, il focus su cui vanno centrate le attenzioni, non è l’abolizione di queste tendenze dell’animo, ma la scoperta e l’accettazione di tali inclinazioni, cercando ogni volta nello straniero che ci abita di poterle gestire senza proiettarle o scaricarle addosso all’altro, ma provando a giungere all’unica verità possibile, che “noi siamo l’altro”.

    questo è il giro di boa, il punto dal quale nessuno di noi può tornare indietro.

  6. marcellobellavia says:

    Il commento sopra è perfetto :ha una tesi ,uno svolgimento e una conclusione a prodromi d’illuminazione personale e chiara luce. E mi sembra ora, invece, che s’impari a leggere chiaramente così ,pulitamente compresi gli sputi e le offese gettate ai tizi sopra da me indicati .E dati gli intenti collimanti buoni anche se in strade differenti (visti sottintesi e altre coglionate negli articoli antecedenti e postumi) ma parallele ad es. nel saggetto da voi inserito in articolo sopra che spero,si persegua in fine ultimo, l’intento che è buono e in ogni caso comune.

    Poi (su Gianni e il suo commento ,questo) sono sicuro di non essere altro da me
    E quindi ,non differente da come sono che mi va benissimo. E se i /o il boa dovessero girare l’unico peripato che percorrerebbero sarebbe quello del chiodo alla parete ma non di casa mia ,nel mio giardino poiche:io non ho animali del genere, né ne ho mai voluti.

    buon lavoro
    e pro(non di cerrto “per”)-seguo buono

  7. gianni says:

    riporterò qui sotto l’intervento di una persona che mi ha risposto, e con cui ho intrattenuto un breve dialogo. questa persona è mia amica. esempio di come la coscienza personale (di cui accenno nel mio scritto ma che non approfondisco di proposito) e il calore umano, di cui invece mi faccio portatore, possano essere un ottima sveglia… per chiunque, o comunque Quasi per chiunque. direi per coloro che hanno sempre avuto un cuore per sentire e una testa per ragionare. e un corpo per fruire di questa alchimia. con questo intervento non voglio ritrattare nulla di ciò che ho scritto, perché è delicato e “pericoloso” (per centi versi) ciò di cui parlo, ma pur non ritrattando non posso che essere felice di ciò che leggerete pure voi. se vi sembra simile, questo intervento, alla trama di “American History X” non ci badate, e andate al di là delle apparenze. se non riuscite ad andare al di là delle apparenze… beh, mettiamola così: questo intervento avrebbe potuto benissimo ispirare il film, per come la vedo io. grazie per l’attenzione. Gianni

    “credo che difetti di un paio di parti…….. anche perche questo messaggio te lo scrive un nazista riciclato, che non va tenuto a bada, anzi,proprio in quel esser tenuto lontano, temuto e fatto sentir diverso si sentiva intoccabile, forte e onnipotente…. poi un bel giorno arrivo una donna…… non una qualunque, ma una femmina vera, una de quelle co li cojoni come se dice a Roma,che invece di tenere a bada il brutto e cattivo fascista, scelse di stare a sentire cosa avesse da dire e da non dire…….una sera, mentre discutevano, lui, il gerarca del reich, si rese conto che lei lo guardava , non lo ascoltava, lo guardava e basta, lei vedeva un uomo cosi’ fragile, nudo, lei non vedeva la divisa, vedeva l’uomo, un essere umano che dietro quelle parole lasciava trapelare un messaggio d’aiuto… dietro quell’odio, quella rabbia, al di la’ delle urla lei riusciva a sentire, sentiva un calore, il calore che i morti non hanno….. era quel calore che lui non sentiva piu’, era quel gelo infernale che gli aveva fatto indossare la divisa, quella divisa era la sua corazza, non poteva farne a meno, senza la quale si sarebbe ucciso, perche sapeva di esser nulla, e il nulla non puo’ vivere perche non c’è, non esiste….. ora non importa sapere da dove venisse quel nulla, ma la cosa che vorrei che tu vedessi, amico mio, è che proprio quel non dialogo, quel tenere a bada, tener lontano l’altro, non fara’ altro che renderlo piu’ cattivo, e piu’ sarai spaventato e piu’ lui se ne accorgera’, piu tu lo caccerai e piu’ lui si sentira diverso da te, e piu’ tu sarai diverso da lui e piu’ lui non vedra altro che un non esser umano……… sai io credo che gli uomini non uccidano mai gli altri uomini, quando succede è perche’ sono talmente lontani che uno non vede piu’ l’altro, non vedersi vuol dire allontanarsi, allontanarsi vuol dire annullarsi , annullarsi vuol dire vedersi diversi, non umani, materiale di scarto non riciclabile………. ogni tanto si puo’ finire nella merda, e credere che quella puzza sia profumo, be’ prova a porgere la mano a chi è caduto, leva quel letame dai suoi occhi, cosi che egli possa vedere dove sia finito, ma per far questo devi avere il coraggio di toccarlo, senza la paura di sporcarti le mani, in fondo egli è come te,…………. è momentaneamente non vedente e non udente, momentaneamente,,,,,,,,,,,,,,,,,, ora ti saluto, non condividero’, ma aspetto che tu mi faccia sapere quando sarai libero per una birra……….. distinti saluti da un uomo, che oramai è nudo, che con tutte le difficolta s’è spogliato di quella divisa, lasciandosela alle spalle e andando avanti……………….”

    … io ho risposto così più o meno…

    “che dire… mi fa piacere che tu mi abbia risposto… e ti dirò di più… sono d’accordo con quello che dici. ma se tu avessi letto più attentamente, se tu avessi letto come l’uomo di cui mi parli, quello che la donna sentiva, di cui sentiva il calore del sangue e non della merda, con quell’attenzione che io celo dietro il fumo per attirare orecchie che siano fatte per sentire, avresti visto che dietro questo tenere a bada, nonostante tutto, mi ricaccio dentro come uno qualsiasi degli altri uomini di cui parlo. e nel farlo mi sporco le mani, non uno sporcarsi le mani declamato, ostentato, furioso, ma uno sporcarsi le mani che quasi non fiata. e in quello sporcarsi le mani io credo risieda ciò di cui parli. e che è il significato profondo del mio scritto.”

    “A me non piace essere usato. Bisogna, nonostante ciò, pur sempre stare attenti a non ‘ghettizzare’, a non far ‘tabù’ di ciò che le bassezze umane possono generare. Noi siamo questi stessi tabù, e quelle stesse bassezze, il nodo problematico, il focus su cui vanno centrate le attenzioni, non è l’abolizione di queste tendenze dell’animo, ma la scoperta e l’accettazione di tali inclinazioni, cercando ogni volta nello straniero che ci abita di poterle gestire senza proiettarle o scaricarle addosso all’altro, ma provando a giungere all’unica verità possibile, che “noi siamo l’altro”.

    … e ancora…

    “Tutto ciò che accade al di fuori di noi accade qui dentro. Entro i confini “del sangue e dello sperma”… e questo è proprio ciò che dovrebbe interessarci, perché in fondo, anche se gran parte del mio essere si rifiuta di sentirsi ‘sullo stesso livello’ di chi (non)ci governa, e considerato tra l’altro che le mie scelte parlano da sole, “siamo la stessa cosa”.”

    … questa la aggiungo solo per voi che leggete qui sotto:

    ” vivo in un mondo in cui nella maggior parte dei casi, forse per contegno o per protezione della propria fragilità, ognuno tiene per se il meglio che avrebbe da offrire.”

    tutto ciò mi sembra finalmente carico di un materiale umano che fino ad ora mancava… grazie amico mio.

    g

  8. Andrea R. says:

    Ciao Gianni.

    Ho cancellato l’articolo dalla bacheca perchè l’avevo già letto.

    Non ho lasciato un commento perchè, detto fra amici, mi pesava il culo.
    Nonostante facebook si definisca un social network, quando sto su facebook non sono sicuramente in “fase sociale”.

    Comunque, già che ci sono…
    Penso che il tuo articolo sia come tu stesso lo definisci, al limite del banale.
    Frasi come: “bisogna liberarsi dalle catene che ci rendono schiavi” oppure “gridiamo il nostro disappunto nelle nostre intimità riappropriandoci del nostro privato”, sono a mio parere un colpo troppo duro per chi ha deciso di cimentarsi
    SU FACEBOOK (lasciamelo ripetere) nella lettura di quattro pagine di solo testo.
    Ho compreso e condivido il messaggio: competitività e interesse hanno preso il posto di Progresso e Bene Comune.
    Tuttavia non sono d’accrodo con te quando dici: “io questo so fare: scrivere. E allora scrivo.”.
    Sai scrivere? Bene, ora puoi fare altro!
    Tu stesso citi Astra, Militant, e la palestra popolare del tufello.
    In che modo senti il tuo articolo vicino a ciò che hai preso a modello?
    Lo so che tu starai pensando: “Ognuno fa il suo. Loro portano avanti i loro progetti, io il mio, che è quello di diffondere il mio pensiero e cercare un confronto”.
    Ti parlo da cittadino medio: resto abbastanza indifferente davanti ai sensibilizzatori di menti intorpidite.
    Credo che le parole non abbiano più il peso di un tempo. Forse anche per nostra fortuna.
    Il concetto è che un testo in cui il soggetto più ricorrente è: “loro” oppure “il sistema”, non attira la mia attenzione più a lungo della durata della lettura dell’articolo stesso.

    È sempre più difficile trovare le parole giuste in una società in cui per contegno, o per protezione della propria fragilità, ognuno tiene per sé il meglio
    che avrebbe da offrire. Tuttavia, nel momento in cui ti definisci “poeta-non-poeta”, automaticamente ti condanni all’onere di dover trovare le parole giuste. Sempre.
    …e dato che l’obiettivo di questo articolo è il confronto: secondo me QUESTE non sono le parole “giuste”.
    O meglio: non lo sono, se il tuo scopo è quello di venire a contatto con I VERI destinatari dell’articolo (gli incoscienti, gli indifferenti e gli ignavi),
    e non solamente quello di dar vita a una masturbazione fra “coscienti”.

    Ovviamente questo è solo il mio modesto parere.

    Detto questo, ti ringrazio per avermi mandato l’articolo.
    Sei un amico, e proprio per questo ho voluto dirti quello che penso senza fronzoli.

    A presto.

    Andrea

  9. gianni says:

    lascio un altro piccolo dialogo sostenuto privatamente tra me ed un mio amico del liceo. mi sembrava interessante postarlo. ed eccolo qui. grazie.

    Ciao Gianni.

    Ho cancellato l’articolo dalla bacheca perchè l’avevo già letto.

    Non ho lasciato un commento perchè, detto fra amici, mi pesava il culo.
    Nonostante facebook si definisca un social network, quando sto su facebook non sono sicuramente in “fase sociale”.

    Comunque, già che ci sono…
    Penso che il tuo articolo sia come tu stesso lo definisci, al limite del banale.
    Frasi come: “bisogna liberarsi dalle catene che ci rendono schiavi” oppure “gridiamo il nostro disappunto nelle nostre intimità riappropriandoci del nostro privato”, sono a mio parere un colpo troppo duro per chi ha deciso di cimentarsi
    SU FACEBOOK (lasciamelo ripetere) nella lettura di quattro pagine di solo testo.
    Ho compreso e condivido il messaggio: competitività e interesse hanno preso il posto di Progresso e Bene Comune.
    Tuttavia non sono d’accrodo con te quando dici: “io questo so fare: scrivere. E allora scrivo.”.
    Sai scrivere? Bene, ora puoi fare altro!
    Tu stesso citi Astra, Militant, e la palestra popolare del tufello.
    In che modo senti il tuo articolo vicino a ciò che hai preso a modello?
    Lo so che tu starai pensando: “Ognuno fa il suo. Loro portano avanti i loro progetti, io il mio, che è quello di diffondere il mio pensiero e cercare un confronto”.
    Ti parlo da cittadino medio: resto abbastanza indifferente davanti ai sensibilizzatori di menti intorpidite.
    Credo che le parole non abbiano più il peso di un tempo. Forse anche per nostra fortuna.
    Il concetto è che un testo in cui il soggetto più ricorrente è: “loro” oppure “il sistema”, non attira la mia attenzione più a lungo della durata della lettura dell’articolo stesso.

    È sempre più difficile trovare le parole giuste in una società in cui per contegno, o per protezione della propria fragilità, ognuno tiene per sé il meglio
    che avrebbe da offrire. Tuttavia, nel momento in cui ti definisci “poeta-non-poeta”, automaticamente ti condanni all’onere di dover trovare le parole giuste. Sempre.
    …e dato che l’obiettivo di questo articolo è il confronto: secondo me QUESTE non sono le parole “giuste”.
    O meglio: non lo sono, se il tuo scopo è quello di venire a contatto con I VERI destinatari dell’articolo (gli incoscienti, gli indifferenti e gli ignavi),
    e non solamente quello di dar vita a una masturbazione fra “coscienti”.

    Ovviamente questo è solo il mio modesto parere.

    Detto questo, ti ringrazio per avermi mandato l’articolo.
    Sei un amico, e proprio per questo ho voluto dirti quello che penso senza fronzoli.

    A presto.

    Andrea

    mi fa piacere ricevere il tuo commento. lo apprezzo. e lo condivido. le parole che ho scritto non sono un’etichetta a qualcosa, ma una ricerca di confronto, come dici tu. e se può venire il confronto, anche da un “cittadino medio” come ti definisci, mi aiuta a capire meglio ciò che mi circonda, come potermi migliorare, e cercare sempre la soluzione migliore a qualsiasi tipo di intenzione, voglia, desiderio, o atto che si cerca di portare avanti mettendoci la faccia e il coraggio. questo credo sia importante al di là di tutto. ritrovare il coraggio. e il mio lavoro non vuole essere lontano da questo orizzonte. anzi… costruire qualcosa insieme è molto difficile, se è possibile trovare i modi nella partecipazione, nella condivisione, anche se solo di un pensiero, che ben venga. credo anche che la vita, purtroppo, il più delle volte è banale, (con mio rammarico), ma proprio di fronte a questo banale bisogna trovare la forza di reagire, e di tirarlo in ballo, e di parlarne, perché mentre molti credono che sia indispensabile una avanguardia, io credo sempre nel ‘potere’ della retroguardia, quando questa sia necessaria al progresso culturale di un determinato popolo in un determinato contesto sociale. il nostro contesto sociale è un contesto di persone che per lo più, indagando qui e la, la pensa come te, mentre io credo indispensabile riaprire la voce, ritrovare il logos, che può essere laicamente ben rappresentato dalla nostra pasqua, come la resurrezione della parola. ogni volta che una parola risorge lo fa perché ha bisogno di elevarsi verso concetti nuovi, ma mai dimenticando quelle radici, quella intuitività fisica di cui non parlo nell’articolo, ma che è indispensabile all’uomo che percepisce, sente e poi scrive ciò che lo circonda. il mio non è mero intellettualismo, ma esperienza. pelle. carne. ed è erroneo anche chiamarlo “il mio” o “la mia”. io non sono il proprietario di queste parole che scrivo, sono solo un essere umano che ha lasciato che lo attraversassero. ne sono partecipe, e distante. coinvolto, e lontano. ne sono appassionato, ma anche freddamente affascinato. è il ruolo che mi sono scelto. ha i suoi pro e i suoi contro come ogni altro ruolo. tutto qui. : ) il mio discorso segue un filo organico che non può essere separato dal flusso che segue. è per questo che sono restio a parlare di pezzi di concetti anziché del concetto che esprimo, o che si esprime attraverso di me. da poeta te lo dico, non da scrittore di saggi o da giornalista, che è una cosa, che come mi fai notare, mi riesce forse non bene come vorrei, o come mi riesce bene di scrivere una poesia, dicevo…da poeta posso dirti che è per questo che sono sempre stato contrario alla prosa, alla mediocrità. l’”Infinito” di “Leopardi” è l’”Infinito di “Leopardi”. non si possono separare i pezzi per fare una analisi come lo si fa in altri ambiti umani. non si può perché si rischia di diventare ingegneri di qualcosa che presuppone un cuore. e questo è il mio cuore. vulnerabile forse. come mi fai notare tu. ma è da ciò che viene la sua forza. perché io scrivo ciò che sento. non ciò che voglio. grazie ancora, Andrea,

    gianni

  10. gianni says:

    scusate,non avevo visto che era stato già postato. beh, sopra trovate il suo commento, sotto la mia risposta. restiamo umani

    g

  11. gianni says:

    mi fa piacere ricevere il tuo commento. lo apprezzo. e lo condivido. le parole che ho scritto non sono un’etichetta a qualcosa, ma una ricerca di confronto, come dici tu. e se può venire il confronto, anche da un “cittadino medio” come ti definisci, mi aiuta a capire meglio ciò che mi circonda, come potermi migliorare, e cercare sempre la soluzione migliore a qualsiasi tipo di intenzione, voglia, desiderio, o atto che si cerca di portare avanti mettendoci la faccia e il coraggio. questo credo sia importante al di là di tutto. ritrovare il coraggio. e il mio lavoro non vuole essere lontano da questo orizzonte. anzi… costruire qualcosa insieme è molto difficile, se è possibile trovare i modi nella partecipazione, nella condivisione, anche se solo di un pensiero, che ben venga. credo anche che la vita, purtroppo, il più delle volte è banale, (con mio rammarico), ma proprio di fronte a questo banale bisogna trovare la forza di reagire, e di tirarlo in ballo, e di parlarne, perché mentre molti credono che sia indispensabile una avanguardia, io credo sempre nel ‘potere’ della retroguardia, quando questa sia necessaria al progresso culturale di un determinato popolo in un determinato contesto sociale. il nostro contesto sociale è un contesto di persone che per lo più, indagando qui e la, la pensa come te, mentre io credo indispensabile riaprire la voce, ritrovare il logos, che può essere laicamente ben rappresentato dalla nostra pasqua, come la resurrezione della parola. ogni volta che una parola risorge lo fa perché ha bisogno di elevarsi verso concetti nuovi, ma mai dimenticando quelle radici, quella intuitività fisica di cui non parlo nell’articolo, ma che è indispensabile all’uomo che percepisce, sente e poi scrive ciò che lo circonda. il mio non è mero intellettualismo, ma esperienza. pelle. carne. ed è erroneo anche chiamarlo “il mio” o “la mia”. io non sono il proprietario di queste parole che scrivo, sono solo un essere umano che ha lasciato che lo attraversassero. ne sono partecipe, e distante. coinvolto, e lontano. ne sono appassionato, ma anche freddamente affascinato. è il ruolo che mi sono scelto. ha i suoi pro e i suoi contro come ogni altro ruolo. tutto qui. : ) il mio discorso segue un filo organico che non può essere separato dal flusso che segue. è per questo che sono restio a parlare di pezzi di concetti anziché del concetto che esprimo, o che si esprime attraverso di me. da poeta te lo dico, non da scrittore di saggi o da giornalista, che è una cosa, che come mi fai notare, mi riesce forse non bene come vorrei, o come mi riesce bene di scrivere una poesia, dicevo…da poeta posso dirti che è per questo che sono sempre stato contrario alla prosa, alla mediocrità. l’”Infinito” di “Leopardi” è l’”Infinito di “Leopardi”. non si possono separare i pezzi per fare una analisi come lo si fa in altri ambiti umani. non si può perché si rischia di diventare ingegneri di qualcosa che presuppone un cuore. e questo è il mio cuore. vulnerabile forse. come mi fai notare tu. ma è da ciò che viene la sua forza. perché io scrivo ciò che sento. non ciò che voglio. grazie ancora, Andrea,

    gianni

  12. gianni says:

    “L’educazione al bello è una via spirituale che io prendo in considerazione.”

    grazie

  13. massimiliano says:

    Riscriverei così questo passaggio: Non c’è più possibilità di riscatto per questa politica, per la casta dal grande porno-materiale. Personalmente non credo sia possibile smontare Berlusconi, e intendo con Berlusconi non Berlusconi, ma il sistema di semplicioneria (molto diverso da semplificazione) – di pensiero e di riforma – costruito attorno alla sua figura. A volte essere semplicemente volgari viene scambiato per semplificare. La semplicità è una dote di natura (così ci insegna la fisica) , è una dote di Dio, è una dote d’amore e forse è, ancora oggi, una dote di internet; nel momento in cui viene rispettato questo concetto: “La net neutrality è uno slogan dogmatico che significa: niente di interessante può accadere dentro la rete”. Internet siamo noi che ci diamo la possibilità di comunicare. Adesso – con l’e-G8 che si terrà a fine maggio in Francia – Sarkozy vorrebbe “civilizzare” internet. Chi sa cosa intende? Diciamo che si intuisce..diciamo che forse non è il caso che Tim e Vodafone facciano la fine dei Blockbuster tra qualche anno, diciamo anche che le cose sono più complesse, come al solito. Riprendendo il link: “Il potere più grande di cui si avvale la classe politica vigente è quello della comunicazione.”. Questo potere oggi sta passando di mano.Sta passando nelle nostre mani. Nella mani degli africani e degli immigrati. La democrazia sta diventando troppo democratica? Una democrazia incivile, “da civilizzare”, come direbbe e vorrebbe Sarkozy. Ah, in ogni caso, le cose sono più complesse di così. O meglio sarebbe più civile renderle più complesse di così – come direbbe Sarkozy – ma non per una questione di economia e grandi marchi – no – per una questione civile, vogliamo dire anche morale, etica?O forse è troppo complesso?

  14. gianni says:

    Votiamo “SI” contro il nucleare, contro la privatizzazione dell’acqua pubblica, e il contro il legittimo impedimento il 12 e 13 giugno. bisogna darsi da fare, amici miei, stanno facendo di tutto per boicottare questo referendum. diffondi la notizia. in ogni modo possibile. a costo di farlo diventare spam. tocca a noi ora! grazie

    gianni

    Massimiliano, grazie di aver messo sul muro il tuo commento. mi è utile. g

  15. gianni says:

    leggetevi questo. a proposito dell’etica.

    http://rebstein.wordpress.com/2011/05/10/discorso-sulla-via-estetica-alla-liberazione/

  16. Giacomo says:

    Perdonami se le mie parole ti sembreranno dure e irrispettose, ma non riesco a trattenermi.

    Non sopporto più gli intellettuali (o aspiranti tali) che costruiscono castelli di parole intorno al nulla. Non conosco la tua attività poetica, ma su questa prosa ho molto da ridire, e non sulla forma, curatissima e celatamente auto-compiaciuta, ma sul contenuto.

    Ho fatto il liceo classico, e sono oramai immune alle suggestioni ipnotiche della retorica facile. Vado dritto al contenuto, e se il contenuto mi stanca, faccio una grossa fatica a leggere. Sarà colpa del lavoro che faccio, di un deficit di concentrazione, del periodo della vita che sto attraversando, ma non apprezzo più la speculazione intellettuale, la “forma pura”, i fumogeni dell’introspezione “culturoide” (passami il neologismo) che mi è venuta a noia, e se vogliamo buttarla in politica, è esattamente il motivo per cui la porno-destra di Berlusconi avanza e le opposizioni non “bucano”.

    Entro nel merito delle cose. Sarò schematico ma (spero) efficace.

    In primo luogo, non puoi impostare un discorso usando termini come “il sistema”, che non significano nulla. Uffa. Chi è “il sistema”? Cos’è questa parola da centro sociale, che evoca complotti, una regia di manovratori cattivi, e sa un po’ anche di qualunquismo, di “piove governo ladro”? Si tratta, come gran parte dei concetti che evochi, di una suggestione priva di un concreto riflesso sulla realtà. Il “sistema” non esiste, ci siamo NOI, e non siamo “animali senza cervello”, siamo banalmente disorientati, impauriti e stanchi.

    E poi allunghi il brodo con riferimenti generici a un po’ di tutto e un po’ di niente, il calcio come arma di distrazione per le masse, la figura della donna mortificata nella sua dignità, il “progetto collettivo” da portare avanti per salvare il mondo, è un temino di italiano con qualche strizzatina d’occhio alla prof. (“pietas e ardore”), ben svolto ma che non mi da nulla.

    DIMMI QUALCOSA CHE NON SO.

    Vuoi un progetto concreto? Una proposta più efficace delle tue suggestioni? Ecco qui.
    Hai mai sentito della “Broken Windows Theory” o “Teoria dei vetri rotti”? Secondo me la vera ricetta per cambiare la società funziona esattamente così, cominciando dalle piccole cose. Nel tempo che hai impiegato per formulare questo dotto soliloquio avresti potuto ripulire la via dove abiti, o avresti potuto organizzare una raccolta firme contro gli incivili che non raccolgono le deiezioni (più prosaicamente ed efficacemente denominate “merde”) dei propri cani… e nel tempo che ho impiegato a leggere, avrei potuto aiutarti io stesso.

    Serve impegno concreto sul territorio, rispetto delle piccole regole, parole semplici ed efficaci. Un linguaggio nuovo, che magari usa solo l’indicativo e l’imperativo, ma che porta a risultati concreti e misurabili. Strade più pulite e più sicure, amministratori capaci, politiche reali per l’occupazione. La tua poesia è il cibo della mente, ma il carburante della società sono i piccoli gesti quotidiani, non i pistolotti di “uno che ha studiato”. Non serve il “logos” o “un modello”, serve un briciolo di senso civico per cominciare.

    Altrimenti facciamo masturbazione di gruppo tra gente che ha studiato latino e greco. Io lo saprei fare benissimo ma non mi pare utile.

    Riflettici.

    Scusami se sono stato indelicato, ma credo in una dialettica schietta.
    Saluti.

  17. gianni says:

    ti ringrazio del tuo commento, come con gli altri mi è stato utile leggerlo. credo che io e te ci siamo già scritti in privato, se non sbaglio… ma comunque… ciò che io faccio del mio tempo privato è affar mio… e per quanto mi riguarda non ho bisogno di raccontarlo a te, e tantomeno a coloro che hanno letto questa mia. potrei fare tutto oppure niente di tutto ciò che tu reputi utile per la nostra civiltà, ma immagina la caduta a picco, la perdita di, il ridicolo che genererebbe una mia elencazione di quanto sono bello e bravo nel mondo. so che una delle direzioni che poteva prendere la tua provocazione, almeno io l’ho letta così, era certamente questa. inutile e scontato dire che non mi abbasserò a questo gioco di dimostrazioni “animalesche” a chi ha il fallo più lungo dell’altro. perché appunto è a questo che mi sembra porti la tua polemica.
    invece più interessante per me sarebbe sapere come mai ti senti direttamente attaccato da questo mio scritto. cos’è che provi? impotenza? rancore? ingiustizia? inutilità? rabbia? invidia? un senso di superiorità? disperazione? speranza? beh… non è con me che dovresti prendertela… io credo. anche io provo le stesse cose, sai… e reagisco ANCHE così, anche scrivendo, magari non in modo infallibile, perché un mio “nemico”, l’ho sempre pensato, potrebbe sconfiggermi con poco visto che mi sono aperto senza preoccuparmi di difendermi, ma la forza di coloro che non offendono per difendersi, e che anzi lasciano le loro porte aperte alla resistenza, e se non per forza al dialogo (che a volte è inutile e non serve come strumento di risoluzione) ad una possibilità di combattere… sta proprio in questo. non l’autocompiacimento, cosa c’entra? di cosa mi sarei dovuto compiacere? di poterti o di potermi compiacere? io non sono niente, non ho bisogno di compiacermi, provo abbastanza pietà e vergogna per la mia anima da aver abbondantemente superato questa dimensione delle cose che però TU mi ricordi esistere. si può uscire da imbarazzi come questi solo con un sorriso, io credo. io scrivo della fiamma che mi abita, del senso di vuoto, non dell’astrazione per l’astrazione, cosa c’entra ciò che dici? ho radici, non deliri di onnipotenza. sono finito scrittore, non eternamente imbecille. ma… non fa niente, forse… non fa niente.
    per quanto riguarda quell’intellettualismo del quale parli e del saluto ai miei professori… : ) preferirei evitarti… o meglio… diciamo che secondo me ti commenti da solo. e poi… io che sono prima di tutto un essere umano, che sono prima di tutto Gianni, (o che non sono affatto, è questo il guaio, ma non apriamo parentesi di questo genere che non è il caso) e che poi sono un compagno… non vedo troppo di buon occhio l’imperativo…
    a me non pare nemmeno tu sappia riconoscere una cosa scritta fisicamente, di corpo, di pancia potrei dire, da quel viscerale che sente e fa esperienza concreta del mondo che lo circonda e cerca disperatamente di dargli un senso, di collocarlo, di trovare un compromesso tra il se che prova ed il se che legge, guarda e ascolta, da una… scritta per la pura voglia di masturbazione intellettuale. una delle cose che io più aborro come essere vivente.

    ma per il resto sono d’accordo su tutto………… ! : =

    gianni

  18. Giacomo says:

    Ciao Gianni,

    no, non ci siamo mai scritti in privato e per ora non ci conosciamo. Apprezzo molto la tua risposta, nei contenuti e nei toni (schietti e diretti), anche se penso che parte del mio (sicuramente opinabile, controverso e indelicato) commento sia stato frainteso.

    Sì, era una provocazione e uno sfogo, ma l’attacco non era alla tua sfera privata, quanto a questo *singolo* messaggio di “sprono morale” che hai offerto al pubblico di questo sito web, e dunque anche a me, che mi sono trovato a leggerlo. Non c’è alcuna gara al fallo più lungo, e non so davvero dove l’hai vista: evidentemente mi sono espresso male e rettifico immediatamente.

    Io non mi sento né meglio né peggio di te, e ti dirò di più… Nel privato non faccio molto per aiutare gli altri, e il motivo non è rilevante in questo contesto, appunto perché il mio commento va letto come esclusivamente inerente al contenuto di *questa* pagina web e non della tua o della mia vita.

    Come chiarimento ulteriore, non me la prendo con te per NESSUNO dei motivi che hai elencato sopra (invidia, disperazione, ecc…). La mia è una reazione totalmente A FREDDO.

    Semplicemente, non sopporto più questo modo di scrivere “per suggestioni” e questa forma di comunicazione “per immagini” quando si parla di attualità e dei problemi concreti del mondo, e credo di aver già detto il perché: è come girare in tondo nel giardino dell’Eden della propria raffinatezza intellettuale.

    Sono stanco delle suggestioni. Voglio leggere roba più tosta, con nomi e cognomi, “chi, cosa, dove, quando, perché, in che modo”, intenti programmatici chiari, proposte, soluzioni. Siamo sommersi da queste elucubrazioni, Gianni!!! Qui non parlo di poesia, della quale ohimè capisco poco e non oso entrare nel merito, parlo di un altro piano di comunicazione.

    Visto che i commenti sono liberi e non censurati (ringrazio chi ne è responsabile), lo dico senza mezzi termini e NON perché protetto dall’anonimato di internet (lo ripeterei tale e quale parlando con te faccia a faccia, e chissà che non capiti, allora capiresti che non ho nulla contro di te).

    Un saluto
    Giacomo

  19. gianni says:

    morale? no grazie. amorale sempre. e comunque. etico, estetico, moribondo… forse, ma non morale. : )

    gianni

  20. Giacomo says:

    Mah, come vuoi.

    Ciao
    Giacomo

  21. gianni says:

    : ) mah si… la spinta alla vita. è per questo che scrivo. qui tutti parlano di crisi economica, ma non ci si accorge che in realtà la crisi è appunto una crisi dei valori, dei sentimenti, se vuoi una crisi “morale”… nel senso più profondo della parola.

    grazie Giacomo,

    g

  22. Giacomo says:

    Ciao Gianni, non so se mi ringrazi davvero o è per cortesia, o per una qualche forma di ironia.

    Comunque… sì, la crisi è anche dei “valori”, e “morale” nel senso più profondo della parola. Però questo ed altri concetti affini sono stati già approfonditi fino alla nausea, e il risultato è che chi non è sensibile al messaggio continua a non riceverlo, chi è sensibile al messaggio è sazio di quest’orgia di parole, e inizia a volere dei fatti, oppure vuole sentirsi dire qualcosa che non sappia già.

    Questo non vuol dire che tu non fai un bel niente e io invece faccio grandi cose (magari…), te lo ribadisco altrimenti torniamo al solito equivoco, penso solo che sarebbe più utile che ci parlassi di un *progetto concreto*, dai risultati effettivi, verificabili e misurabili, messo in atto da un gruppo di ragazzi dei quali eventualmente fai parte. Insomma dammi qualcosa di fattuale su cui discutere, non immagini suggestive.

    Ho riletto una cosa nel tuo primo commento di risposta, e vorrei replicare. Ti parlavo della necessità di un linguaggio per comunicare con le masse che sia semplice e che magari usi solo l’indicativo e l’imperativo, ma arrivi dritto al dunque e porti un messaggio costruttivo, contrapposto al linguaggio suggestivo di chi è prigioniero della sua retorica ma alla fine non comunica.

    Tu hai detto che l’imperativo non ti piace: immagino volessi dire che non bisogna impartire comandi a delle teste pensanti. Ma se guardi a frasi come: “Troviamo insieme una soluzione a questo problema”, quel “troviamo” è imperativo, e non c’è nessun comando proveniente dall’alto.

    Tra l’altro, è inconcepibile una società perfetta in cui ognuno è in armonia con i bisogni della collettività: mi dispiace Gianni ma ci sarà sempre e comunque anche la seconda persona dell’imperativo, perché ci saranno regole, leggi, ma anche criminali, assassini e quindi punizioni, carceri, ecc… Volendo usare il tuo linguaggio per immagini, ti dico che “il male esisterà sempre”.

    E quindi non si può pensare di costruire una società perfetta basata sul logos e nell’idillio di un garbato simposio tra poeti illuminati, in cui nessuno si sovrappone all’altro, tutti ascoltano e non alzano la voce. La società è questo porcaio qui e se vuoi renderti utile è bene che spieghi in modo comprensibile cosa non va e cosa si può fare per migliorare, ma per farlo ti devi forzare a non inzeppare ciò che scrivi di orpelli vari, e invece sintetizzare, schematizzare, “chi cosa quando… ecc…” e devi parlare di fatti. Lo so, è dura.

    Ciao
    Giacomo

  23. [...] scritto un piccolo saggio intitolato “Il vuoto di plastica (oppure sull’Io antisociale)” e il sito Poesia 2.0 me lo ha pubblicato. Entrando nella pagina in cui era stato inserito il mio [...]

  24. Pietro Roversi says:

    Vero verissimo che la nostra speranza sono le donne e i loro diritti che da millenni sono calpestati e negati. Ed e’ anche chiara una dell cose a cui dobbiamo ambire per propiziare, per far crescere questa speranza in una realta’: costruire una cultura in cui gli uomini sospendono il lavoro per andare in paternita’, in cui gli asili nido sono nei posti di lavoro, in cui sia normale che gli uomini si prendano cura dei figli quanto (e anzi: piu’, visto che in qualche modo bisogna compensare per tutto il tempo e le energie che gravidanza e allattamento richiedono) le donne. Alcuni paesi al mondo si sono instradati gia’ verso una cultura cosi’. Allora quando avremo questa cultura avremo la parita’ dei diritti, e con quella una societa’ migliore e degli individui migliori.

  25. gianni says:

    ciao Giacomo, non ero ironico… : )

    la pace.

    g

  26. federica says:

    Letto.
    Mi dispiace dover constatare che tutto è già stato detto da almeno una cinquantina d’anni e, a parte la missione profetica di cui si sente investito il suddetto Gianni, il quale tra l’altro scrive molto bene, e che gli fa molto onore, credo poco alla sua rabbia.

    Da notare che ho usato la parola credere, credo poco.
    Quello che io mi auguro è che sia finita l’era delle ideologie-religioni, per far spazio alla vera novità della mia generazione (di matrice nietzschiana?): quel cinismo scettico e disfattista, che, attenzione, non è qualunquismo, ma valore nel suo essere antivalore e che è la bandiera pirata di un futuro non roseo di cui siamo stati avvertiti, per la prima volta storicamente coscienti, disillusi.

    Penso invece che in realtà questo feticismo delle merci e questa lobotomizzazione ci faccia proprio comodo.
    La rivoluzione non c’è, il nemico non c’è: ma il nemico c’è e dov’è?
    E certo che per il contadino era più facile lottare per un pezzo di terra, aveva un obiettivo, ma soprattutto, aveva il latifondista e la frusta, veri, vivi di fronte a sé.
    E il nostro nemico dov’è? L’hai detto proprio tu: nelle nostre teste. Diventa un po’ più complicato prendersela con se’ stessi, non trovi?

    Parli di controcultura, ci aveva già provato Wahrol e si è reso conto che non è proprio possibile nell’era del consumismo esasperato: diventa subito cultura, ed una sola cultura possibile: quella delle merci, è chiaro.

    Sul perchè l’Italia sia storicamente spaccata in due ci hanno scritto tanti libri: fascismo- antifascismo, anticomunisti-comunisti, berlusconiani-antiberlusconiani, in queste categorie l’italiano è molto più riconosciuto che nell’identità nazionale, patriottica. E non c’è sintesi, nasciamo così divisi che la categoria dell’italiano ce la ricordiamo solo quando andiamo all’estero e la maggior parte delle volte con un po’ di vergogna.
    Ma per noi giovani dell’era della demistificazione c’è di più: il dualismo non ci interessa, perchè non ci crediamo, come ogni merce l’ideologia ci ha già annoiati, quindi passiamo ad altro.

  27. [...] se il potere di cui ho parlato nel mio piccolo saggio precedente ci toglie la possibilità di strutturarci a partire da questo elemento così pregnante per la [...]

  28. gianni says:

    grazie di aver detto la tua…

    g

  29. gianni says:

    riflettevo su come in questa società l’impotenza di cui parlo si trasforma, volenti o nolenti (grazie Noemi per questa illuminazione) in autolesionismo.

    impariamo a pensare, a ragionare, siamo esseri umani, “carne intelligente” cazzo!

  30. gr says:

    “a parte la missione profetica di cui si sente investito il suddetto Gianni, il quale tra l’altro scrive molto bene, e che gli fa molto onore, credo poco alla sua rabbia.”

    … lo capisco.. anche io ci crederei poco, faccio fatica a fidarmi del fatto che le persone non se approfittino… che posso dire? forse sarebbe il tempo, soprattutto per me, di imparare di nuovo ad aver fiducia negli altri… un gran bel cazzo di luogo comune… ma quanto sarebbe bello… forse addirittura importante… : )

    g

  31. giannir says:

    ciao gia’ sono filippo, ho letto il vuoto di plastica e mi ha fatto sedere a scrivere….bella storia….

    Buonasera, ho letto il vuoto di plastica. Mi aspettavo qualcosa di poetico, in realta’ e’ un saggio, considerazioni personali, hai elaborato qualcosa che la nostra generazione ha dentro ma di cui non ha piu’ voglia di parlare…..una generazione cupa disillusa, infantile non nel senso dispregiativo del termine, parlo di una generazione che doveva essere quasi la prima a dover solo studiare ( in alcuni casi non in tutti) e che disimpegnata dagli incarichi gravosi dal dover crescere a 12 anni magari con una pala in mano dopo la scuola, si e’ ritrovata senza gli impegni della fatica a non crescere mai, a rimanere infantile …..pappa pronta piedi sul tavolo e difficolta’ piccole che diventano montagne da scalare, troppa importanza al superfluo e a furia di dirlo, si e’ ritrovata con una simpatica dipendenza dal superfluo peraltro non diagnosticata e diagnosticabile. E’ un po che non ho un’idea politica chiara, so solo che una volta ritiratosi Berlusconi saro’ magari di nuovo incuriosito dalla politica, questo essere anti pero’ genera uno scompenso propositivo, non c’e’ un percorso, speriamo solo che chi comanda la corsa vada fuori strada, ma non ci poniamo piu’ il problema di sapere dove porta la strada. Madre teresa di calcutta a una richiesta se fosse andata ad una marcia contro la guerra rispose: “ no , ma fatene una a favore della pace e io verro’”. Non credo molto nei buoni propositi cattolici ma ricordo che fu una risposta che mi diede da pensare. Io sono anti, anzi sono di piu’, sono anche contestatore dell’anti ma non sono piu’ a favore di ….oh cazzo mi sono scordato di che cosa dovevo essere a favore….magari il primo passo e’ schierarsi a favore di qualcosa e non contro.

    Diceva Thoreau :“Piuttosto dell’amore, del denaro, della fama, datemi la verità”. Mi vennero’ i brividi la prima volta che la lessi, credo molto nella verita’ ma il vero gioco di prestigio di questi ultimi venti anni e’ far credere che la verita’ non sia univoca ma ognuno possa avere la propria. La verita’ e’ diventata un punto di vista e noi ci abbiamo creduto.

    Panem et circenses I romani l’avevano capito gia’ da parecchio, la nuova classe dirigente non ha scoperto niente di nuovo ma le nostre inclinazioni l’hanno aiutata, anche io sono schifato da tutto ma quando c’e’ la partita me la guardo. Una bella canzone dei mau mau dice : “ il calcio e’ come fossero pasqua e natale, feste inventate per farci dimenticare ” …be’ mi sa che di qualcosa ci siamo dimenticati.
    Poiche’ non assomiglio a nessun prodotto di questa società ma avendone assimilato le caratteristiche principali di voyeurismo e qualunquismo sono perso nel mio combattimento. Io mi sto sconfiggendo. Credo che il senso sia tutto qui.
    Istituzionalizzato mi fa invece venire in mente le ali della libertà: Morgan freeman parlando della galera dice :Io dico che queste mura sono strane: prima le odi, poi ci fai l’abitudine, e se passa abbastanza tempo non riesci più a farne a meno: sei istituzionalizzato… È la tua vita che vogliono, ed è la tua vita che si prendono. La parte che conta almeno.”
    Mi chiedo nuovamente chi ci ha messo in galera? Io mi ci sono messo da solo forse…e voi? Un altro mio amico mi dice che se le cose vanno cosi’ non e’ perche’ i cattivi sono piu’ forti ma perche’ i buoni non fanno piu’ i buoni….ma io ogni tanto me lo scordo e devo richiederglielo.
    Parlando con una mia amica che ha un figlio piccolo gli ho detto che la sua grande risorsa sarà cercare di crescere suo figlio senza pregiudizi, avrà un grande futuro se nessuno gli dovra’ inculcare le sue idee, quella sara’ la sua forza. Altra citazione musicale di ben harper “ When I was a baby I was not prejudiced Hey how about you
    This was something That I learned in school “ da bambino non avevo pregiudizi e tu ? e’ qualcosa che ho imparato a scuola……. Ecco io credo che dovremmo ripartire da scuola dovremmo insegnare ai bambini a mantenere la loro purezza e anche il loro infantile cinismo intatti….sempre nella canzone di cui sopra viene detto che “ non possiamo permettere al futuro di diventare il nostro passato se vogliamo salvare il mondo “ , quindi impopolarmente dico basta con la politica come contrapposizione, facciamo un discorso che sia derivante dalle nostre considerazioni, dal nostro viaggio, non dalle nostre ideologie ( anche perche’ sono di altri, non nostre ). Io ci ho messo cosi’ tanto a togliermi i pregiudizi che mi hanno inculcato che sono rimasto zoppo….e tutto quel lavoro dopo tanto tempo ti fa pensare che la tua purezza, il fatto di non esserti mai venduto potrebbe magari voler dire che l’offerta era semplicemente bassa e che non sei meglio di nessun altro, hai voluto giocare a un tavolo da poker in modo onesto contro dei farabutti…ok tanti complimenti e tanti applausi ma e’ da fessi, quando la partita finisce devi rimettere a posto un sacco di cocci…..e’ faticoso.
    Comunque mi e’ piaciuto leggere quello che hai scritto, stavo per accendere la tv e vedermi un film, quindi sei in piccola parte riuscito nel tuo intento, avventurandoti poi in un percorso in cui cammini sul baratro delle banalita’ e del qualunquismo di questi tempi, molto difficile….ce l’hai fatta, sara’ un manuale per la sopravvivenza per dei ragazzi che lo leggeranno e un saggio sulle proprie responsabilita’ che i 30/40 anni si affretteranno a mettere nel cassetto per non fare i conti con quello che avrebbero e dovrebbero fare….non so neanche piu’ a chi dare la colpa e stavolta non me la prendo, ne ho gia’ altre immaginarie da espiare….ma io sono un demolitore, quello che non ti aspetti da uno che distrugge tutto pero’ è che non viene mai in cuor suo il momento di arrendersi sogna sempre un rivincita non una sconfitta, c’e’ tempo per entrambe fortunatamente, questo e ancora il mio tempo.
    Letta sui muri di roma davanti al parcheggio della regione lazio “ Ci volevate sotto i ponti, ci vedrete sopra i tetti “ …..spero di vederli quei ragazzi sui tetti……

    10 ore faGianni Ruscio
    la commozione che viene è il prezzo da pagare. io sto cercando qualcosa, e tu mi hai dato probabilmente l’unica cosa degna di essere trovata. non perché il resto non lo sia, degno… ma questa commozione rimane dentro… e mi da la forza per continuare la mia personalissima ricerca, che non è altro che un tentativo di chiedere la parola, di chiedere la ragione, i sentimenti e le emozioni, se non addirittura i sogni delle persone che arrivano a leggere ciò che ho scritto. è solo un invito, è una voglia di farmi dire: guarda che si può fare così, guarda che io vedo cosa… e io ti ringrazio per esserti fermato a leggere, tu che hai un cuore grande e una energia che sa capire ed accettare, ma non arrendersi ancora, questo no… che belle cose mi ha regalato questo soggiorno… ancora non me ne capacito, e non so nemmeno se lo voglio o se ne sono in grado. vorrei trovare una soluzione… dico davvero, per ora mi costruisco qualcosa che possa innanzitutto far crescere e svegliare me. e le tue parole mi hanno aiutato in questo. io scrivo d’altronde… come un bambino… e come tale vorrei che il mondo mi risvegliasse. ciao Filippo… un abbraccio e a presto, g

  32. giannir says:

    … cmq non capisco perché tutte le volte che uno è ragionato da ciò che lo attraversa si debba credere che ci si sente investiti da una missione profetica… di chi è davvero il problema di chi si pone questa domanda, Federica? perché non provare ad essere propositivi, invece di giudicare senza critica?

    g

  33. [...] di fronte a questo interrogativo, che è stato mosso anche da un commento al mio primo scritto: “Il vuoto di plastica”: cosa faccio davvero per voi? A che servono queste “pippe mentali”? A cosa serve scrivere in [...]

Leave a Reply

Bookliners