Il linguaggio fa luogo nello spazio. È il radicamento del sito letterario che la parola traccia come dimora. La poesia la abita. Di lì invita all’ospitalità. — Alberto Cappi

Il vuoto di plastica. (Oppure sull’Io antisociale.)

di Redazione

(di Gianni Ruscio)

È dalle marginalità che si possono cominciare a svelare i meccanismi di un sistema.
La nostra immaginazione pagata a caro prezzo. La nostra immaginazione e la possibilità di metterla in pratica è legata alla base dai rapporti economici che le persone vivono sulla propria pelle.
La struttura del nostro sistema socio-politico non viene più dal basso, da radici strettamente connesse col territorio, o dalla memoria. In questi vent’anni abbiamo assistito all’appiattimento della dualità da cui nasce e prende vita il confronto sociale e politico.
Non esiste più un sistema basato sull’opposizione, in cui il dialogo si sviluppa tra tesi ed antitesi, che dovrebbero essere rappresentate dalle realtà del territorio, ma solo un sistema in cui ormai le parti della contesa si limitano ad essere pro o contro la situazione vigente nel nostro paese. Con o contro Berlusconi, questo è diventato il problema del dibattito politico. Sarebbe sciocco essere indifferenti rispetto a questo argomento, ma l’analisi critica dovrebbe costituirsi a partire dai rapporti di potere e ciò che ne consegue. Tali rapporti di potere hanno portato alla creazione, per auto conservarsi, di una realtà parallela e fittizia, che chiameremo di plastica, rispetto a ciò che il piano della realtà fattuale necessita per aver dignità a che gli sia resa giustizia.
Ogni cosa che ci circonda ci è stata messa davanti agli occhi per coprire con un velo di menzogna e perbenismo la verità. Per nasconderci la verità di cui loro sono i padroni, ovvero, che tutto è stato mercificato. Pensiamo, tanto per fare un esempio, cosa hanno fatto (tra mass media del nulla e cartelloni di vacche da macello agli angoli delle strade) alla figura della donna nella nostra ‘civiltà’. L’hanno trasformata in merce, e intanto coloro che la rendevano tale per tornaconti di casta cos’altro facevano? Hanno fatto leva su una delle pulsioni più remote dell’uomo. L’hanno reso schiavo di quella merce. Ci hanno talmente bombardato che alla fine siamo diventati degli animali senza cervello. E senza sentimenti. Senza niente. Ci hanno tolto la purezza dell’innocenza. Hanno strumentalizzato una delle due parti più profonde e remote del nostro io. La sessualità… così facendo hanno preso due piccioni con una fava. Poiché la distruzione della naturale alternanza tra ciò che è femminile e ciò che è maschile non solo ha sminuito e impoverito la donna nella nostra cultura, ma ha pure reso impotente l’uomo di fronte allo spettacolo che hanno messo in scena.
Una carnalità svuotata, infatti,  è lo spettacolo ideale per far sentire l’uomo continuamente castrato. Il miglior modo per annichilirlo, renderlo innocuo e privarlo, attraverso la porno aggressività messa in cattedra dalle nostre televisioni, davanti alla quale non si può reagire, della sua energia vitale.
Come se non bastasse hanno saputo far leva anche sulla seconda delle due parti di cui accennavo, la paura della solitudine (o della morte) e hanno infettato con i loro tornaconti anche quella. Poveri noi, pensiamo di non poter vivere senza ciò che da qui in avanti chiamerò “Giochi da Colosseo”. Prendiamo il calcio. Sport nobile. Ma costituito da un grande potenziale intrinseco: la passione. Hanno saputo prenderci per la pancia e disperdere così la naturale tendenza dell’essere umano ad appassionarsi per qualcosa da cui si sente rappresentato. Dispersione delle energie e soddisfacimento dello spirito d’appartenenza. Un miscuglio micidiale di controllo e quella che chiamerò una vera e propria gestione statale delle risorse umane. Se ne deduce che ormai anche la politica è diventata tifo.
Anche se è difficile ammetterlo non basta più solo fare un’analisi minuziosa della situazione e dire le cose come stanno. Abbiamo bisogno di un progetto, di una prospettiva comune nella quale sublimare la nostra passionalità male espressa o, nella maggior parte dei casi, addirittura repressa. Perché ogni essere vivente se messo nella condizione di non poter subodorare una via d’uscita si arrenderà, prima o poi. Oppure perderà interesse per ciò che davvero conta, la sua spinta vitale, che è lo strumento, insieme alle parole (e alla comunicazione di cui dopo riparlerò) “per giungere al significato”. Ed è per questo che, parafrasando Stefano Martini, l’unica via di salvezza possibile sarebbe il ripristino delle caratteristiche specifiche della figura della donna. E della donna come essere vivente, non come prodotto di scambio, come accadeva nel mercato degli schiavi (che ora è diventato mercato dei servi). Le mie frecce, già da tempo, sono puntate verso il femminile e la giusta valorizzazione di questo tesoro inestimabile. Infatti ho sempre visto, tanto per fare un esempio, le famose ‘quote rosa’ (soltanto all’interno di questo sistema ovviamente) un’abile strategia sociale per ammazzare la dignità che spetta alla donna, che non penso risieda tanto nella parità dei sessi, quanto piuttosto nel comprendere che proprio uomo e donna sono portatori di alcune diversità sostanziali che andrebbero fatte sbocciare, per poterle gestirle al meglio. E solo con il confronto, l’unione, insomma con la dualità delle due fonti si potrebbe giungere ad una giusta amministrazione del potenziale umano. Per quanto mi riguarda la mia opinione è che bisognerebbe lasciar governare le donne, ma un’equa distribuzione dei compiti mi sembra un compromesso accettabile per entrambi. Ma non mi dilungherò a spiegarmi intorno a queste cose, perché finirei fuori strada. Invece il mio intento è cercare un plausibile anelito di verità in tutto ciò…
… E come sempre, quando si parla di verità, “non si può fare a meno di guardarsi allo specchio”. Per fronteggiare tale condizione, sensibilizzarsi di fronte al controllo che il potere esercita su di noi, (tra l’altro questo potere ha la capacità di fagocitare ogni contraddizione che da esso proviene) proprio come se facessimo parte di una macchina in cui ognuno è un tassello fondamentale della catena di montaggio, bisognerebbe partire da se. Dal proprio luogo comune come persone che coabitano all’interno di uno stesso mondo. La consapevolezza di essere dei prodotti della società contemporanea è il primo passo a cui giungere per poter combattere ‘da dentro’ questo sistema di scatole cinesi in cui ci ritroviamo catapultati. Conosco persone che lottano ogni giorno per combattere dentro di loro quella parte di se stessi che non è altro che prodotto del potere che ci anestetizza e lobotomizza al solo scopo di alimentarlo. È una continua creazione di dipendenze fittizie, di necessità e bisogni ai quali crediamo o ci facciamo persuasi di dover sopperire, e che in realtà non sono altro che la presenza dell’istituzione che ci vuole istituzionalizzati. Istituzionalizzati e incoscienti. Controllati e ignoranti. Mediocri. E io questo prodotto che mi sono dentro non lo sopporto più, non lo voglio più, e mi fa incazzare come un ape sentirmi schiavo di questo meccanismo che mi tiene a bada.
La coscienza e il sapere bisogna, io credo, ognuno dentro di se, osare. Liberarsi dalle catene che ci rendono schiavi, appunto, perché per fortuna la maggior parte di noi almeno è ‘solamente’ schiava, e non serva, di questo sistema di potere e di controllo. È dalla marginalità, dalle piccole grandi lotte di realtà cittadine, o di quartiere, che prende ispirazione il mio scritto. (E qui penso all’Astra, ai compagni di Militant, alla Palestra Popolare del Tufello Valerio Verbano… realtà che stimo per il lavoro che portano avanti con passione e competenza.)
E io sono convinto che proprio la realtà andrebbe esplorata di nuovo con occhi diversi. Con occhi più attenti. Con orecchie che sappiano ascoltare ed accogliere.
Dal “vu cumprà” (e qui adopero appositamente un termine che è chiara manifestazione di un etichetta, o se vogliamo, di un luogo comune, che dovrebbe assolutamente essere sfatato) all’angolo dei semafori, a quello che cammina tutto il giorno di tutti i giorni estivi sotto al sole e sopra la sabbia bollente per vedersi rispondere male dalla maggior parte della gente a cui si presenta. Va rovesciato il punto di vista. Ci servono altri occhi e altre orecchie, un altro linguaggio con il quale comunicare il nostro disagio, il nostro inno alla giustizia individuale e sociale, il nostro disprezzo nei confronti del sopruso e dell’abominio umano. A me non piace essere usato. Bisogna, nonostante ciò, pur sempre stare attenti a non ‘ghettizzare’, a non far ‘tabù’ di ciò che le bassezze umane possono generare. Noi siamo questi stessi tabù, e quelle stesse bassezze, il nodo problematico, il focus su cui vanno centrate le attenzioni, non è l’abolizione di queste tendenze dell’animo, ma la scoperta e l’accettazione di tali inclinazioni, cercando ogni volta nello straniero che ci abita di poterle gestire senza proiettarle o scaricarle addosso all’altro, ma provando a giungere all’unica verità possibile, che “noi siamo l’altro”.
La forma d’intelligenza più grande e nobile sarebbe quella di fare qualcosa per se senza ledere la sensibilità di chi ci sta intorno, ma anzi, cercando di rendersi utili per una o più persone. Ma le varie sensibilità che non s’adeguano a questo strumento di perpetrazione delle ingiustizie vengono messe al bando, perché considerate inefficienti e pericolose. Io credo profondamente nel fatto che se ognuno facesse il proprio, magari lasciando umilmente spazio a chi sa fare meglio una cosa piuttosto che un’altra, tutto sarebbe più gestibile e vivibile. Senza nascondere la testa sotto la sabbia o cercando di fuggire dai disagi, ma semplicemente rendendo noi stessi in grado di conoscerci, e di poter essere il nostro miracolo.
Non mi spingo oltre, perché sono al limite della banalità e del buon senso, e so che non è per questo che ho cominciato a scrivere, per dire a qualcuno cosa e come o quanto… Essere o Fare anziché sembrare o possedere. A me non piace vivere nella bugia. Io credo nel patto fatto con se stessi e nei confronti dei nostri simili. Io credo in quegli animali bambini che tutto possono vedere perché sanno osservare. E credo nella prospettiva anziché in un mondo bidimensionale. Ho una sola certezza, generata pur sempre dal dubbio del non saper fare, o dall’impotenza, e questa certezza è fatta della rabbia che viene dall’abuso sui più deboli.
Mi piacerebbe pensare che la mia disperazione sia una forma superiore di protesta (o felicità), come diceva Leo Ferré. Un chiaro segnale del fatto che si può reagire a questo regime che ci incatena.
Mi piacerebbe pensare di poter dare il mio contributo per fare contro cultura.
E io questo so fare. Scrivere. E allora scrivo, e mi vergogno per coloro che raccontano solo fandonie sulle quali appendere le armi che servirebbero per contrastare tutto questo. Sono convinto che si possa non cedere all’indifferenza. Sono convinto che i giochi da Colosseo davanti ai quali ci hanno posto servano solo a creare uno scarto per chi sappia sentire e ragionare.
Contro la cultura della plastica e della finzione (quella con la f minuscola… che quella con la F maiuscola la lasciamo al Pessoa) vorrei poter urlare il mio silenzio al mondo, come unica forma possibile di espressione. Come unica mossa dalla quale poter ripartire per cominciare ad ascoltare di nuovo le voci, quelle che vengono dal passato e quindi dal di dentro di ognuno di noi. E proprio qui io individuo la possibilità di riscatto in cui spero. Il potere, sempre parafrasando Stefano Martini, è costituito da ingranaggi, e questi ingranaggi possono essere scardinati. Il potere più grande di cui si avvale la classe politica vigente è quello della comunicazione. È per questo che ho deciso di pubblicare il mio ‘saggetto’. Anche se sicuramente mancherò di freschezza linguistica, quella che non ho ancora acquisito per arrivare a tutti, mi espongo… perché… potrebbe pur sempre essere una chiave, una lettura ‘altra’ della realtà sulla quale dialogare…
… Mi piacerebbe pensare di poter restaurare almeno un modello tra i tanti che sono diventati così poveri per la nostra umanità. Perché è questo il problema, non abbiamo più un modello nella storia contemporanea da seguire. Allora si… prendiamo ispirazione dai grandi ‘del passato’ e del presente, da Marx a Pasolini, da Gramsci a Saramago. E potrei farne molti altri di nomi…
Abbiamo bisogno di un modello.
(Il mio io artistico, dopo aver cercato con tanta foga nel suo percorso una forma di trasgressione al manierismo che ha già detto tutto, non si sarebbe mai sognato di affermare ciò).
Di restituire un ‘esempio’ alle generazioni che verranno dopo di noi. Io ho bisogno di questo perché sento che ognuno di noi avrebbe bisogno di ciò. Aiutiamoci ad aiutarci, partecipiamo almeno dentro noi stessi, gridiamo il nostro disappunto nelle nostre intimità riappropriandoci del nostro privato, che già sarebbe un grandissimo atto rivoluzionario a ciò che accade nel mondo. Non è buonismo, è profonda indignazione. Non è ambizione, ma aspirazione. Non è bisogno, ma sogno. Desiderio. Desiderio d’uguaglianza. Di condivisione. Di comunione e fratellanza. Solo ora che ricomincio a prendere confidenza con le parole mi rendo conto di me e di ciò che mi circonda. L’autorità che passa attraverso il braccio armato del potere controlla ogni forma di socializzazione attraverso il linguaggio, e proprio la socializzazione, in questo periodo storico, è divenuta la più grande forma di controllo sociale.
Mi viene pure in mente come dal nulla, e di questo sono responsabili “i pro e i contro” di questo sistema, abbiano cominciato a confondere il pubblico col privato. E questo mi fa pensare con pietas e ardore alla scuola pubblica, luogo in cui il sapere dovrebbe circolare libero, invece di essere messo alla porta da chi vuol riscrivere addirittura la storia. Penso al fatto che pian piano parole come competitività e interesse hanno preso il posto di altre come Progresso e Bene Comune. Che fare qualcosa Insieme all’altro, è diventato fare qualcosa per l’altro. Una modalità cattolica d’intervento che rende impossibile, nella sua staticità, ogni sorta di scambio umano e quindi miglioramento della condizione di partenza. Vivo in un mondo in cui il rispetto delle radici culturali di altre etnie è diventato fobia delle altre culture, tanto da esserci creati la giustificazione per esportare una democrazia inesistente, che non è altro che pura demagogia. E purtroppo questo è un errore che commettiamo da secoli e che non ci ha insegnato ancora nulla. Anzi… il dramma è che ci sentiamo superiori agli ‘altri’ facendo quella che la chiesa chiama carità, quando in realtà stiamo solo cercando di colmare la nostra piccola coscienza colpevole, egocentrica, ed egoistica.
Ormai il denaro e le ‘cose’ non sono più considerati strumenti per giungere ad un fine, ma essi stessi, in nome del consumo, della presunzione di apparire e la vanità del mostrarsi, sono diventati fini e noi abbiamo permesso che ciò accadesse.
Un mio amico una volta mi ha detto che rimpiange il tempo in cui si lottava per un pezzo di terra; io credo che nonostante tutto questa affermazione sia assai attuale, perché ora la terra per cui lottare siamo noi. È dentro ognuno. E li dentro si può trovare dignità, rispetto per i nostri sentimenti, e apertura nei confronti del diverso. Vorrei che le idee partorite dall’intelligenza potessero scontrarsi con il mondo esterno, ma vivo in un mondo in cui nella maggior parte dei casi, forse per contegno o per protezione della propria fragilità, ognuno tiene per se il meglio che avrebbe da offrire.
Io sono dell’opinione che aldilà di ogni giudizio sterile la violata emotività umana vada indagata e compresa, tanto da poterla abbracciare e da poterci costruire sopra qualcosa di cui valga la pena fruire. Certo, io parlo anche e soprattutto da poeta “non-poeta”, ma è proprio da questo che muovono le mie parole.
Io credo che per alcuni di noi non ci sia più la possibilità (e deve continuare a non esserci) di essere perdonati. Non c’è più possibilità di riscatto per questa politica, per la casta dal grande potere materiale. Non è possibile l’oblio. Non si può dimenticare ciò che è stato. Non è possibile qui ed ora nessun compromesso etico, estetico e nemmeno morale. Nessun “cinismo in cui tutto è segretamente permesso e perdonato”. Non ci sono scuse. Solo fatti. E non ci sono nemmeno alternative. Così è questo ciò che io sto cercando di comunicare. Almeno questo. Una scheggia di consapevolezza e di rimorso. Sono finite le scuse, e sono rimaste solo le azioni incompiute e gli atti perversi. Io vorrei smettere di preoccuparmi così, tanto per fare un esempio, del ‘loro’ capo del governo. Lo immagino lasciato solo, abbandonato da ogni forma di vita di cui si circonda. E mi sento meglio. Anche se forse nemmeno la solitudine lo vorrebbe tra le sue braccia consolatrici. (Sono certo che infatti così non sarebbe). E tutto ciò che gli gravita intorno, lo immagino scomparire subito dopo di lui…
Perché in fondo… mi sono sempre chiesto “come si possano riciclare un nazista e un razzista”. Oppure come si possano recuperare (non sono responsabile io di tutti i possibili parallelismi tra questi e quelli sopradetti) un fascista, un capitalista sciacallo, un mafioso e un servo (tutti e quattro, nella maggior parte dei casi, secondo molte e varie fonti autorevoli, indissolubilmente legati tra loro)… e l’unica risposta che ho trovato è stata questa: “vanno tenuti a bada continuamente”, senza mai abbassare la guardia, “perché il male non potrà mai essere del tutto sconfitto” e non si può nient’altro contro di loro. Certamente credo nella coscienza individuale, ma questa è veramente un’altra storia… e qui correrei il rischio di ‘qualunquizzare’ il mio pensiero.
Non mi lascerò neppure andare alla narrazione di visioni distopiche a proposito di ciò che io immagino nel futuro di questo paese. E del mondo. Anche se mi sarebbe piaciuto. Non lo faccio perché come essere umano credo nella possibilità di potersi rinnegare. E ho la sensazione che la mia responsabilità nei confronti di chi leggerà queste pagine è talmente grande da non potersi risolvere tutto in un solo impareggiabile: Ve l’avevo detto! Per questo rimarrò torbido almeno di fronte a ciò. Perché c’è un limite invisibile tra ciò che non ci appartiene e ciò che non ci apparterrà.
Credo anche vada distrutta quasi ogni cosa di quelle portate avanti da 20 anni a questa parte, poiché nella distruzione è rintracciabile l’unico atto creativo adeguato… così ora che ho bisogno di un responso, ora che traduco questa abile somministrazione della paura in coraggio di affrontarla, in volontà di riappropriarsi dei simboli in cui ho fiducia, quelli che vengono dall’interno di ogni individuo, io… voglio resistere. E vorrò resistere. Ancora e ancora.
Tutto ciò che accade al di fuori di noi accade qui dentro. Entro i confini “del sangue e dello sperma”…  e questo è proprio ciò che dovrebbe interessarci, perché in fondo, anche se gran parte del mio essere si rifiuta di sentirsi ‘sullo stesso livello’ di chi (non)ci governa, e considerato tra l’altro che le mie scelte parlano da sole, “siamo la stessa cosa”.

 

Citazioni tra virgolette di: Alan Moore – V per Vendetta, Milan Kundera, Carmelo Bene, J. K. Rowling, Stefano Martini, Paolo Maras e Gianni Ruscio.
Ispirato
da: Noemi O. – grazie.

Articoli correlati:

  1. Felice Pasqua
  2. Perché ho firmato l’Appello
  3. Per la critica
  4. Parola ai Poeti: Gianni Ruscio
  5. Verona 2.0. Postumi di un incontro.

facebook comments:

7 Responses Subscribe to comments

  1. Riccardo says:

    “Mi piacerebbe pensare di poter dare il mio contributo per fare contro cultura.
    E io questo so fare. Scrivere. E allora scrivo, e mi vergogno per coloro che raccontano solo fandonie sulle quali appendere le armi che servirebbero per contrastare tutto questo. Sono convinto che si possa non cedere all’indifferenza. Sono convinto che i giochi da Colosseo davanti ai quali ci hanno posto servano solo a creare uno scarto per chi sappia sentire e ragionare.”

    Ho scelto alcune parole dal tuo discorso, perchè hanno dentro una domanda che anche io nei miei “soli” vent’anni mi sono sempre posto. Cosa posso fare io, cosa so fare io? e allora tendevo al meglio, al meglio di tutto al meglio di me stesso. Provare, mi ripetevo, vedendo i continui fallimenti nella ricerca di una soluzione, ma soprattutto prese in giro.

    A allora scriviamo, comunichiamo, spostiamoci e condividiamo.
    Oggi non mi hai solo tolto le parole di bocca, ma anche il sangue dalla penna.

    Il destino ha voluto che arrivassi su questa pagina 2 minuti dopo la lettura di un Panphlet, Indignatevi! di Hessel.
    Che spirito!

  2. leopoldo attolico says:

    E’ sotto stress , ha settantacinque anni e un pacemaker . Soltanto il padreterno o chi per lui lo può togliere di mezzo , visto l’edificante spettacolo che sta dando l’Opposizione ( anch’essa specchio fedele degli italiani cialtroni e individualisti ) .

  3. marcello bellavia says:

    Lo spunto è proprio quello descritto sopra in questo piccolo saggio :scrivere ma non sempre lo si fa ovviamente non perché non se ne hanno le potenzialità o le possibilità ma perché non si scrive sull’indecenza che non ci appartiene, la si lascia morire e nei loro modi da finto-emarginati ,da omosessuali che vorrebbero inculcarti il loro essere con la minchiata e la falsa accusa “d’omofobia”, mentre t’infinocchiano
    O cercano di farlo perché sono persone malate (dentro e fuori della scrittura, nella quale mostrano anche indignità verso il normale colui che non essendo come loro diviene per assurdo “diverso” ,questo solo nei circoli viziosi e falsi del loro nulla ;nella realtà quella fuori dove ancora si respira l’aria buona e di tutti questo non avviene anzi ,ancora per logica e forse per giustezza avviene il contrario nella tradizione: lo scontro con le etichette e i cartellini indicativi veri tutti al proprio posto, dove perderebbero di sicuro,la verità ,il giusto anche se con difficoltà trionfa sempre).
    In ogni caso è il male che fanno ,il classico contrario della verità .
    E la si smettesse di darle anche solo semplicemente per vere: sono pagine prestabilite fatte apposta-come descritto da voi sopra- perché si cambi ciò che di buono si produce i propri
    Percorsi personali, terre e identità –quasi- dei soggetti.
    Insomma un giorno ci si spazientisce, perché, nell’ennesimo lettura dell’articolo (per informarsi veramente sulle correnti e il lavori di poeti e poesia italiana), all’ennesimo richiamo fastidioso tra le righe (e purtroppo è successo anche -prima no forse ma ora, si- in posti dove c’era gente seria che lavorava),dicevo ci si spazientisce e : glielo si dice apertamente ciò che sono in faccia ma non gli piace e come sempre parte il teatrino di false costruzioni e rigiramenti e minchiate che falsano anche il fatto nudo e crudo anche in 3 sole parole e offensive ,che li si è bastonati.
    ovviamente non provocano nessun male ne in me ne immagino in chi li legge ,però è una ridicolaggine e
    un fastidio che da troppo tempo si è permesso in letteratura e in tutte oltre che quella italiana, come inteso in riferimento a persone come Carroll o in arte come Balthus che anche nella realtà erano dei veri e propria assassini e vampiri delle società in cui vivevano. In ogni caso ritornando ai nostrani scrittori vanno
    trattati per quello che sono:
    piattole , bubboni che appestano da più di un ventennio la letteratura e che zavorrano o vorrebbero, il processo collettivo di creazione e di crescita della poesia. Questi pagliacci con le loro visioni speculari da netturbini raccoglitori delle immondizie e degli sforzi, facezie e letture del nostro quotidiano, che tengono o vorrebbero “accollarti” una cornice di uno specchio inesistente, poiché, il vero contenuto sono loro il mancante -il vuoto insostanziale-che sta dietro ma che in fondo è lapalissiano e evidente: il consistente e inutile nulla (e li ,si perché li si mostrano quando per quello che sono senza ritegno) :lettura o meglio proiezione di loro stessi :del Nulla, che falsa e distrugge e demagoga il contemporaneo di “testimonianze” ,ripeto false della poesia .Un po’ come una scatola nera che proietta il punto finale contrario alla luce iniziale perché falsato da umani/o e non meccanismi che focalizzano il reale dell’immagine .Ovviamente nessuno è un “bamboccione” e quando si perde la pazienza e li si offende per quello che sono, gli si prepara anche in parte –stesso gioco loro anche se in-volontario,da parte nostra -una strada che nella loro arroganza( da arrivati e falsificatori,da controllori delle pubblicazioni e degli andazzi pro domo loro ) non vedono e lo si continua a fare perché è giusto dirlo, perché si civilizzino e esista sul serio una società informatica di poeti e letterati :civile .Per chiarire ed evitare smacchi e trafugamenti e rigiramenti di ciò che ho appena detto e che ripeto: uno sputo e delle offese che io ,penso,scrivo,passano
    Il virtuale ma che vengono raccolte ,scrollate di dosso e cambiate nei commenti e quindi spacciate –per riflusso falso dalla bocca di chi è stato offeso-per verità ai lettori(sempre che ne esistano di “veri” ancora)sugli stessi schermi (e magari anche ai collettivi che se ne fanno idee sbagliate e involucri alle stesse d’ostrascismi ,che allontano me dal siti –altri questi,in parte anche lo stesso in qui sto scrivendo- fatto di aperture e varchi derivanti da riflessioni certosine che possono di certo portare a un’apertura più “universale” della poesia ma che approfondiscono nello stesso modo ,poco la stessa aggettivazione virgolettata .
    Feci una volta riferimento ironizzando (eh,si! ci si permette di farlo ,comunque quanto e come ci piace)sulle Mie amate ,nella vita. Le “Mie” cioè con la maiuscola illuminante sarebbero emblema e rappresentazione dell’amore perfetto e il rapporto a vita che si può avere con una donna,che è l’anima in carne ed ossa(per come la intendo io ,questo anche nella vita ).Mia era –e credo lo sia ancora, perché non morta- la moglie di Giger, che citavo infatti nel testo, come mi è capitato di citare la Gala di Dali,in altri.Serviva ciò che avevo scritto a sfatare le Vox bands e l’articolo a cui mi riferivo pubblicato al solito da
    e falso nulla.
    Va abolito In ogni caso a mio parere il male e la falsa convinzione della visone speculare (che alcuni utilizzano pro scritto proprio e costrutto letterario) . Ultimamente ho scritto le parole :“più specchi” , intendevo per contrapposizione al web –e alle buffonate sopra-,dire: che in natura vi sono più e più posti dove vedere la propria anima (anima ,ovviamente ,non animus) nient’altro che le donne di cui t’invaghisci dove puoi vedere l’amore :la ragazza della porta accanto o che si trovano ad uno sguardo mentre si va al lavoro o occasioni da una sera, gnocche che REALMENTE esistono e con cui durante la vita si ha o si ha avuto una storia e un condividere che a volte portano alla compagna/moglie (dopo che uno s’è l’è goduta a vita con tutte quelle che si può ,io così la penso) e a un cammino di felicità e realizzazione sino alla morte. La semplice ma più importante e per la quale (o avendone tante, più di alcune).
    Ragione per cui si scrive e si vive. Semplice come la stessa bellissima e stupenda (e pezzo di figa ;non voglio essere volgare ma essendolo per forza e a causa d’altri agli antipodi per inique e fandonie ,perché non esserlo in questo caso in e verità dove sono solito camminare ) ragazza con quell’accento sensuale e dolcissimo de “la leggenda del pianista sull’oceano” io alludo all’attrice e alle sue fattezze fisiche del film americano ma anche nel contesto e nelle movenze scritte come musa ispiratrice ,in italiano, in “novecento” di Baricco.

    La stessa ragione per cui dipingo e scrivo quadri in cui sono anche rappresentate (non per semplice associazione d’idee ,psicologica,ne per transfert d’ideologia) ma perché sono effettivi studi e ricerche personali e scoperte che si espletano (REALMENTE,ripeto con donne che ho amato) nel loro essere, nelle movenze che rappresentano.
    Così per una importantissima, con cui stavo arrivando quasi a un unione matrimoniale 8 anni or sono ma fortunatamente essendo giovani (e in parte no perché ancora mi manca, quando mai poi si scordano le donne) si è superato tutto e io mi gettai a pesce nel lavoro e nelle ambizioni personali.
    In ogni caso a lei dedicai nel 2006 una lirica, in cui carezzandola con le dita che al solo tatto fremevano di e della passione ,ogni qualvolta toccavano la sua pelle irradiavano luce e nel toccarla ,lasciavano, impronte(tracce fosforescenti e desossiribonucleiche ,come battessimo per le nascite a venire) indelebili nel buio della notte, nella selva da esplorare dove lei anelava, dal profondo delle viscere nel “suo imbuto d’aria” , il desiderio di essere baciata amata, nello sfavillare in unico punto prospettico delle labbra che già nel suo corpo schiudevano le porte perché la luce del mio amore entrasse sino al convoglio finale e viaggio nel pensiero presente e nel pensato
    Dal quale avremmo dato vita e scoperto un nuovo mondo ,dove il cammino e la speranza potevano ricominciare e ad infinitum sino ad altri mondi a fine e parete ultima non la morte ma la conoscenze future.
    Va spiegato che porta di certo ad allusioni del rapporto d’amore fra un uomo e una donna-come io ho fatto ora- ma nulla per es. a che fare in degenerazioni e trascendimenti( e qui intendo in senso buono),come nell’articolo sopra e gl’impasti succitati.
    Soprattutto in ogni caso si riferiva al viaggio postumo di un fotone che riesce a passare la materia oscura
    Dei buchi neri e diventa generando di materia nuova in divenire.
    Penso che il processo da seguire sia di tipo (come si dovrebbe fare:) deduttivo, dal particolare all’universale e non viceversa: e il tutto ha, eccome una consecutio tempi reale, visibile e alla fine anche sostanziale.
    Bisogna,anzitutto pensare alla rotazioni luminari e spin pari a 1 che rappresentavano le ali dimenticate nell’unità materiale /paradossale ma possibile, da scoprire nel fotone che arriva a passare l’oscurita del wormhole.E ponendosi, quest’ultimo ,come speranza e salvezza che supera lo stringale, si deposita nel punto di fuga nel turbine a rotazione che si chiude. E’ in quel momento che che si assorbe (ma non termina :natura rigenerante quindi nuovo big bang e non crunch) e che questo puntino orfico, diviene unico creatore ,generando e generante,quindi: parte integrante e materia costruttrice che da vita alla citta edenica e ad altri universi da scoprire.
    Da vedere la similitudine che viene fatta nel punto in cui arriva e diviene: quinta dimensione delle cinque più una di cui è creatore(26 come sono o dovrebbero essere ) e li in perfetta armonia nel quadro di cui è protagonista agente, illumina ,la donna (il buco nero,il wormhole : l’anima) che si chiude da bocca aperta che respira,adesso e trattiene l’aria –il punto- e nello schiudersi che è piramide quadrangolare ,unica ed “essenziale” ;passato l’amore avviene come scritto prima la creazione. Ma non è tutto:il riferimento alle 5 dimensioni (comprese il fotone ,perché solo in quel caso sarebbero 4+1, la materia passa il wormhole e il futuro si può avverare) e anche una mappa cromosomatica della donna xx e invece quella del xy del fotone. Quindi y fotone(come i vettori delle stringhe attraversate dalla luce ), che passa il wormhole, piramide dimora e tempio schiuso/chiuso(come la x in un foglio di carta dove rimane-essendo tutt’uno- in un’unica dimensione) e divinità luce che diviene attraverso i secoli e la storia fino a ricompletarsi in una nuova era o “dimensione”.
    Il processo mostrato è angoscioso tanto quanto la scienza è al giorno d’oggi ;non riuscire a dimostrare e passare da materia a materia(fotone nella materia oscura sino ad altra materia inconosciuta) è un problema o comunque uno dei tanti che dovrebbero essere superati .La novità sta proprio nell’accettare senza porre aprioristicamente definizione, lo stato attuale della luce.
    Percorso che si dovrebbe seguire perché la vera luce entri a far /e nello spazio di luce vera il vero buio la vera “materia oscura” da passare perché infiniti mondi che non conosciamo si aprano e possano REALMENTE essere scoperta,progresso e un portarsi avanti nella luce e scientificamente nella letteratura.
    Avevo anche fatto di fatto riferimento a pawlowski per quanto riguarda la coesistenza di più universi collegati tra loro e lo svelarsi di queste matrioske che alla fine rappresentano le nude gestalts e geometrie attraverso le quali il trascendente opera .Infatti se s’arrivasse a scoprire questi cunicoli o sfatare il mito quadro dell’universo ,si potrebbe arrivare al suo modus agendi e comprendere le mosse anzi-e nel-tempo di quest’essere ed evitare genocidi (attraverso gli uomini che muove) e strage inutili d’innocenti. Avevo a proposito cercato di spiegare ,l’atto della trascendenza, e quindi maieusi di pensiero e visioni ,nei santi e posseduti e le varie rappresentazioni e conseguenze sociali e storiche che ne convengono. Ho parlato di tachioni ,paradossi del nonno ecc…risoluzioni ai problemi e possibili modeste (anche se ancora sempre ovviamente fantascientifiche) superamenti della luce e quindi pluripossibilità d’azione nel passato,per un futuro migliore(che nessuno dei pagliacci facenti parte del nulla travisi e si/ci veda fesserie che dovrebbero avere a che fare col web e false “testimonianze”). Comunque c’è tanto da dire troppo da dilungarsi e fanno comunque parte dei “punti” e capisaldi
    Che svelano sempre di più il buio reale e cercano di gettare luce vera ,scientifica ,progressiva attraverso quale l’uomo conosce e diventa sempre più padrone di un mondo che gli appartiene quello: REALE.
    E ripeto, infine -riprendendo sopra un attimo- che trovo assurdo e grave che non si possa leggere più nulla senza essere infastiditi da questi coglioni che non sanno scrivere e che sentendosi anche tagliati fuori a una certa età (perché ci sono quelli come qua e sono parecchio pure ,pericolosi) non fanno altro che appiccicare resoconti e pagliacciate da scorribande invece di testi informativi sulla poesia e il contemporaneo poetico . Comunque le mie sono puntualizzazioni (e sputi ,che per quanto mi riguarda hanno molto di eroico, giusto e vero e doveroso da farsi ) .Per quanto riguarda il resto come nelle poesie inserite in passato (risalenti per l’appunto al 2006 ,massimo 2008)e che sono servite solo a far capire il modo giusto di come e cosa si dovrebbe scrivere ,e questi ora detti e il resto dei miei scritti che scrivo e scriverò non porta e non porterà mai “testimonianza” di un falso e invero e schiavizzato modo vuoto ,di fare letteratura(come nei signori sopra e affini )ma al contrario innovazione e scienza affinchè la veridicità, sia costrutto di una poesia migliore e contenutisticamente sinonimo di progresso e padronanza della luce.
    E nel reale e nelle voluttà verso la natura e le sue figlie (e spero ora si sia capito ,cosa dicevo)per sempre me ne vado a ricercare ,lavorare e portare aventi “punti” e scoperte, risoluzioni e visioni di un possibile futuro luminoso :connubio indissolubile di scienza e materia ,forma e luce sostanziale.

  4. Redazione says:

    @ Gianni: sono d’accordo con molte delle cose che scrivi, soprattutto quando dici che abbiamo bisogno di un modello e quando dici che abbiamo bisogno di un sogetto “Tutto ciò che accade al di fuori di noi accade qui dentro. Entro i confini “del sangue e dello sperma”

    Sono un po’ meno d’accordo sul fatto che “ci hanno imbrogliati” o “ci hanno costretti” o “ci hanno fatto diventare…”. La responsabilità appartiene a ciascuno di noi: l’etica è molto più social di Facebook e se uno uccide, l’altro ruba e un altro fa un’altra cosa è anche un poco colpa nostra. Per il resto: spero ci sarà modo di riprendere il discorso e approfondirlo.

    @ marcello: non ho capito molto bene ciò che vuoi dire e nemmeno a chi esattamenti sono rivolti i tuoi sputi – legittimi sicuramente, però prima di dare dei coglioni agli altri che non sanno scrivere bisognerebbe che tu almeno rilegessi prima di postare i commenti ;)

    Luigi B.

  5. gianni says:

    … ciao Luigi,

    io non ho mai detto che ci hanno “imbrogliato” ecc. la cosa è un pò più complessa e parte da un altro piano di coscienza e consapevolezza. per il resto…
    niente. è tutto scritto. un saluto… : )

    … e sinceramente nemmeno io ho ben capito cosa volesse dire Marcello.

    gianni

    ps
    A me non piace essere usato. Bisogna, nonostante ciò, pur sempre stare attenti a non ‘ghettizzare’, a non far ‘tabù’ di ciò che le bassezze umane possono generare. Noi siamo questi stessi tabù, e quelle stesse bassezze, il nodo problematico, il focus su cui vanno centrate le attenzioni, non è l’abolizione di queste tendenze dell’animo, ma la scoperta e l’accettazione di tali inclinazioni, cercando ogni volta nello straniero che ci abita di poterle gestire senza proiettarle o scaricarle addosso all’altro, ma provando a giungere all’unica verità possibile, che “noi siamo l’altro”.

    questo è il giro di boa, il punto dal quale nessuno di noi può tornare indietro.

  6. marcellobellavia says:

    Il commento sopra è perfetto :ha una tesi ,uno svolgimento e una conclusione a prodromi d’illuminazione personale e chiara luce. E mi sembra ora, invece, che s’impari a leggere chiaramente così ,pulitamente compresi gli sputi e le offese gettate ai tizi sopra da me indicati .E dati gli intenti collimanti buoni anche se in strade differenti (visti sottintesi e altre coglionate negli articoli antecedenti e postumi) ma parallele ad es. nel saggetto da voi inserito in articolo sopra che spero,si persegua in fine ultimo, l’intento che è buono e in ogni caso comune.

    Poi (su Gianni e il suo commento ,questo) sono sicuro di non essere altro da me
    E quindi ,non differente da come sono che mi va benissimo. E se i /o il boa dovessero girare l’unico peripato che percorrerebbero sarebbe quello del chiodo alla parete ma non di casa mia ,nel mio giardino poiche:io non ho animali del genere, né ne ho mai voluti.

    buon lavoro
    e pro(non di cerrto “per”)-seguo buono

  7. gianni says:

    riporterò qui sotto l’intervento di una persona che mi ha risposto, e con cui ho intrattenuto un breve dialogo. questa persona è mia amica. esempio di come la coscienza personale (di cui accenno nel mio scritto ma che non approfondisco di proposito) e il calore umano, di cui invece mi faccio portatore, possano essere un ottima sveglia… per chiunque, o comunque Quasi per chiunque. direi per coloro che hanno sempre avuto un cuore per sentire e una testa per ragionare. e un corpo per fruire di questa alchimia. con questo intervento non voglio ritrattare nulla di ciò che ho scritto, perché è delicato e “pericoloso” (per centi versi) ciò di cui parlo, ma pur non ritrattando non posso che essere felice di ciò che leggerete pure voi. se vi sembra simile, questo intervento, alla trama di “American History X” non ci badate, e andate al di là delle apparenze. se non riuscite ad andare al di là delle apparenze… beh, mettiamola così: questo intervento avrebbe potuto benissimo ispirare il film, per come la vedo io. grazie per l’attenzione. Gianni

    “credo che difetti di un paio di parti…….. anche perche questo messaggio te lo scrive un nazista riciclato, che non va tenuto a bada, anzi,proprio in quel esser tenuto lontano, temuto e fatto sentir diverso si sentiva intoccabile, forte e onnipotente…. poi un bel giorno arrivo una donna…… non una qualunque, ma una femmina vera, una de quelle co li cojoni come se dice a Roma,che invece di tenere a bada il brutto e cattivo fascista, scelse di stare a sentire cosa avesse da dire e da non dire…….una sera, mentre discutevano, lui, il gerarca del reich, si rese conto che lei lo guardava , non lo ascoltava, lo guardava e basta, lei vedeva un uomo cosi’ fragile, nudo, lei non vedeva la divisa, vedeva l’uomo, un essere umano che dietro quelle parole lasciava trapelare un messaggio d’aiuto… dietro quell’odio, quella rabbia, al di la’ delle urla lei riusciva a sentire, sentiva un calore, il calore che i morti non hanno….. era quel calore che lui non sentiva piu’, era quel gelo infernale che gli aveva fatto indossare la divisa, quella divisa era la sua corazza, non poteva farne a meno, senza la quale si sarebbe ucciso, perche sapeva di esser nulla, e il nulla non puo’ vivere perche non c’è, non esiste….. ora non importa sapere da dove venisse quel nulla, ma la cosa che vorrei che tu vedessi, amico mio, è che proprio quel non dialogo, quel tenere a bada, tener lontano l’altro, non fara’ altro che renderlo piu’ cattivo, e piu’ sarai spaventato e piu’ lui se ne accorgera’, piu tu lo caccerai e piu’ lui si sentira diverso da te, e piu’ tu sarai diverso da lui e piu’ lui non vedra altro che un non esser umano……… sai io credo che gli uomini non uccidano mai gli altri uomini, quando succede è perche’ sono talmente lontani che uno non vede piu’ l’altro, non vedersi vuol dire allontanarsi, allontanarsi vuol dire annullarsi , annullarsi vuol dire vedersi diversi, non umani, materiale di scarto non riciclabile………. ogni tanto si puo’ finire nella merda, e credere che quella puzza sia profumo, be’ prova a porgere la mano a chi è caduto, leva quel letame dai suoi occhi, cosi che egli possa vedere dove sia finito, ma per far questo devi avere il coraggio di toccarlo, senza la paura di sporcarti le mani, in fondo egli è come te,…………. è momentaneamente non vedente e non udente, momentaneamente,,,,,,,,,,,,,,,,,, ora ti saluto, non condividero’, ma aspetto che tu mi faccia sapere quando sarai libero per una birra……….. distinti saluti da un uomo, che oramai è nudo, che con tutte le difficolta s’è spogliato di quella divisa, lasciandosela alle spalle e andando avanti……………….”

    … io ho risposto così più o meno…

    “che dire… mi fa piacere che tu mi abbia risposto… e ti dirò di più… sono d’accordo con quello che dici. ma se tu avessi letto più attentamente, se tu avessi letto come l’uomo di cui mi parli, quello che la donna sentiva, di cui sentiva il calore del sangue e non della merda, con quell’attenzione che io celo dietro il fumo per attirare orecchie che siano fatte per sentire, avresti visto che dietro questo tenere a bada, nonostante tutto, mi ricaccio dentro come uno qualsiasi degli altri uomini di cui parlo. e nel farlo mi sporco le mani, non uno sporcarsi le mani declamato, ostentato, furioso, ma uno sporcarsi le mani che quasi non fiata. e in quello sporcarsi le mani io credo risieda ciò di cui parli. e che è il significato profondo del mio scritto.”

    “A me non piace essere usato. Bisogna, nonostante ciò, pur sempre stare attenti a non ‘ghettizzare’, a non far ‘tabù’ di ciò che le bassezze umane possono generare. Noi siamo questi stessi tabù, e quelle stesse bassezze, il nodo problematico, il focus su cui vanno centrate le attenzioni, non è l’abolizione di queste tendenze dell’animo, ma la scoperta e l’accettazione di tali inclinazioni, cercando ogni volta nello straniero che ci abita di poterle gestire senza proiettarle o scaricarle addosso all’altro, ma provando a giungere all’unica verità possibile, che “noi siamo l’altro”.

    … e ancora…

    “Tutto ciò che accade al di fuori di noi accade qui dentro. Entro i confini “del sangue e dello sperma”… e questo è proprio ciò che dovrebbe interessarci, perché in fondo, anche se gran parte del mio essere si rifiuta di sentirsi ‘sullo stesso livello’ di chi (non)ci governa, e considerato tra l’altro che le mie scelte parlano da sole, “siamo la stessa cosa”.”

    … questa la aggiungo solo per voi che leggete qui sotto:

    ” vivo in un mondo in cui nella maggior parte dei casi, forse per contegno o per protezione della propria fragilità, ognuno tiene per se il meglio che avrebbe da offrire.”

    tutto ciò mi sembra finalmente carico di un materiale umano che fino ad ora mancava… grazie amico mio.

    g

Leave a Reply

  • RSSRSS
  • TwitterTwitter
  • FacebookFacebook
  • YouTubeYouTube
  • Social Slider
  • RSS
  • Twitter
  • Facebook
  • YouTube