Altre Voci n.16: I sapienziali – Gianmario Lucini

SapienzialiGianmario Lucini

p. 88, 2010

puntoacapo editrice

 

di Marco Scalabrino


Salgono i barbari come un sole nero.

Tutti compresi nell’Antico Testamento, ci soccorreranno tra virgolette direttamente la Bibbia e i relativi commenti, “i libri sapienziali – detti anche poetici, per la loro forma letteraria, e didattici, perché insegnano in senso generale la sapienza – sono: Proverbi, Giobbe, Qohèlet (o Ecclesiaste), Cantico dei Cantici, Sapienza, Siracide (o Ecclesiastico), e risalgono ai secoli V-I a.C.” Ad essi, ovviamente, si rapporta Gianmario Lucini per le prime sei tracce di questo suo lavoro, sebbene in un ordine appena differente, oltre che, vedremo, a Isaia, il primo (dei Libri) dei Profeti, per le successive tre tracce.
Ma cos’è, in senso biblico, la sapienza?
E quale l’operazione che Lucini si prefigge di condurre?Quanto al primo quesito, apprendiamo che “in generale la si può descrivere come applicazione della mente ad acquisire conoscenze e a riflettere sull’esperienza umana per ricavarne indicazioni utili a dirigere con rettitudine, correttezza e successo la propria vita.”
Quanto al secondo, interroghiamo lo stesso Autore e riportiamo brevi emblematici stralci da taluni degli interventi che di recente si sono succeduti in RETE.
Il nesso che unisce i nove poemetti – dichiara Gianmario Lucini nella sua nota inclusa a margine dell’opera – nei quali di biblico ci sono soltanto i riferimenti che li hanno generati, va cercato nella  suggestione che si vuole trasmettere, nella riflessione sull’ingiustizia (o il nascondimento della giustizia) e la condizione di un mondo dominato dalla boria tecnologica, servita dalla scienza e a sua volta al servizio del potere; un mondo di violenza e di guerre, così diviso fra oppressori e oppressi.
Il libro di Gianmario Lucini – attesta Giorgio Linguaglossa – è un tentativo di scavalcamento all’indietro della modernità ripristinando sia le tematiche “alte” che quelle “basse” del “quotidiano”. La prima parte è formata da nove sequenze, sostanzialmente delle variazioni intorno a delle citazioni (da Giobbe, Qohèlet, Siracide, Isaia); la seconda, invece …
Francesco Aprile asserisce: Una lettura laicizzata della Bibbia che tocca le corde della religione per intrecciarsi col rapporto Stato-condizione sociale. Lucini mette in stretta relazione le condizioni espresse fra le pagine della Bibbia con le situazioni tipiche del reale, attualizzando un concetto che si fa trasposizione di una lettura mitologica delle Sacre Scritture, secondo cui al loro interno è possibile rintracciare verità insite nella natura umana da secoli.
E Rosa Salvia assevera: La mescolanza di precisione oggettiva e di estensione simbolica in un mondo riconoscibile dove il riferimento biblico rappresenta solo una sorta di intrigante, provocatoria, chiave di lettura. È il mondo dell’ingiustizia, del quale il poeta fa il luogo e la dimensione simbolica di un dramma e nel quale, in un gioco dialettico di domande e risposte, tutto acquista dimensioni dilatate, perché gli spettri del luogo coincidono con gli spettri dell’animo.
La combinazione delle precedenti autorevoli e acute osservazioni, che vagliano i contenuti di questo lavoro, ne rilevano la valenza concettuale e costruttiva, ne ravvisano i riferimenti colti e l’originalità, non lascia molto adito a ulteriori disquisizioni.
E allora, preferiamo dotare questo commento di una specifica natura e indirizzarlo alla individuazione e proposizione delle formulazioni, delle invenzioni, degli esiti, i più esplicativi dei quali verranno esposti in corsivo, che Gianmario Lucini ha realizzato nella sua rivisitazione di quei testi, nell’intento – a nostro avviso – di mettere in atto una sorta di veemente testimonianza della perenne attualità dei precetti in quelle Scritture contenuti. A ciò inframmettendo, di volta in volta, quelle notazioni che dovessero risultare più utili al fine di avvalorare l’esposizione.
Nessun libro contiene la parola / ma la parola tutti li contiene.
Torniamo dunque a Giobbe, il cui personaggio è universalmente noto per la proverbiale pazienza.
Giobbe è il “poema grandioso dell’innocente oppresso dalla sofferenza immeritata ma che non cessa di cercare Dio”; Lucini punta la sua attenzione sul capitolo 40, versetti 4-5.
Troppi uomini saggi hanno svuotato gli oceani / e non abbiamo che baratri.
Fra mondo e mondo ora corre l’abisso.
Dove trovare un altro centro / parole sapide, senso?

Proverbi. “Libro formato da nove collezioni di proverbi. La prima di esse è una lunga esortazione ad amare e acquisire la sapienza.” Lucini mira al capitolo 1, versetto 28.
Io sono  la Sapienza … scintilla / che graffia l’orizzonte.
Io sono  la Sapienza … l’orecchio che sente / vibrare nell’abisso altri mondi.
Il sale spezza le labbra ai miei sorrisi.

Qohèlet. “Raccolta di riflessioni disincantate sull’esistenza umana in cui tutto appare vano e senza senso.” Il richiamo è al capitolo 1, versetto 18: “Dove c’è molta sapienza c’è molta tristezza, se si aumenta la scienza si aumenta il dolore.”
Quello che stava a destra ora sta a sinistra / il sopra cambia nel sotto e cambia / di segno ogni pensiero … Capovolto nel mondo capovolto / se ne va l’uomo cercando direzioni / sprofonda nello zenit, ascende nel nadir / scende salendo e avanzando si ritira, / sguardo rovesciato, parola senza senso … tutto è giustizia e perfidia / tutto è sano e malato.

Cantico. È un “idillio che sotto forma dell’amore fra due giovani suggerisce il rapporto tra Israele e il suo Dio.” Lucini si sofferma sul capitolo 2, versetto 10.
Amica, cresci un nido nel mio petto … ti offro il mio cielo perché tu vi possa splendere … saranno bastioni i miei fianchi / torri d’avorio i seni.

Sapienza. “Riflessioni sul diverso destino di chi segue la vera sapienza e chi la rifiuta: c’è un giudizio di Dio e un’altra vita che attende l’uomo.” Il capitolo 12, versetto 23 è alla ribalta.
Seppellisci parole come un cane il suo osso / tutte le rivuoi per salvarti dalla morte.
Il ghigno del boia … ha il nostro volto, i nostri occhi.
Sono un punto / improbabile su una retta immaginaria.

Siracide. “Insegnamenti e riflessioni, frutto della scuola tenuta dall’autore come maestro di sapienza. Vera sapienza e la Tôrah, la Legge.” Due gli estratti di Lucini: dal capitolo 4, versetto 28:“Lotta per la verità sino alla morte e il Signore Dio combatterà al tuo fianco”, e dal capitolo 7, versetto 3.
Indossa il tuo zaino, allaccialo alla cintola / e segui l’indizio delle stelle: / non ci saranno scorciatoie in questo viaggio.

Isaia. Il “termine profeta deriva dal greco prophētēs e significa colui che annuncia, che proclama. Nella lingua ebraica il termine, però, ha un significato più vasto e racchiude anche quello di essere chiamato”. Si è soliti distinguere i profeti in maggiori: Isaia, Geremia, Ezechiele e Daniele, e minori: Gioele, Giona, Zaccaria e altri nove.” Lucini, per le tre tracce che ne derivano, si rifà al capitolo 2, versetto 8, al capitolo 29, versetti 11-12 e 13-14, nonché al capitolo 32, versetti 16-17: “Effetto della giustizia sarà la pace.” Ad essi, in questa circostanza, affianca delle citazioni da David Maria Turoldo.
L’uomo vive in angoscia il suo piccolo infinito … questo il suo inferno, il tramonto / irreversibile.
Ogni giorno improvvisiamo / nelle fabbriche nelle campagne / con l’ansia schizoide della normalità … la vera / democrazia misurata a ecoballe / acquedotti funzionali piani energetici / progressi medici e scientifici / stile di vita e senilità felice …
Ci muoviamo a scatti / circospetti guardandoci le spalle / abbiamo soldati bene armati, spie / congegni elettronici occhi dallo spazio / che ci scrutano / viviamo nel terrore protetti / dalla violenza di Stato … viaggiamo blindati, scortati … spendiamo molti averi per proteggere gli averi / sacrifichiamo … terra acqua aria / allo sviluppo del sistema / alimentiamo un fuoco che divora / e a morire sono sempre i poveri, gli ignari / coloro che leggono la vita / con occhi ancora animali / con l’innocenza del cane e la pazienza / del prigioniero.
Ritrovare l’arenile degli antichi Elleni / che qui approdarono e chiamarono bellezza / questa lingua di monti che sorge dal mare. / Qui ritrovo le loro vestigia, le mura / di Locri Epizephiri, i templi, le tombe / coi vasi preziosi.

Gianmario Lucini è di Sondrio. La sua storia – non per caso – lo ha condotto, negli anni 2008 e 2009, in Calabria. Qui ha operato, in qualità di volontario, presso l’Associazione don Milani di Gioiosa Jonica e tale attività lo ha portato a innamorarsi – ma in verità crediamo che dentro di sé lo fosse già – della storia e delle bellezze naturali e artistiche di quel territorio e a compenetrarsi, a commiserare, a schierarsi con quella gente, e a decidere di spendersi, ancor più di quanto avesse in precedenza fatto, con le sole armi di cui dispone: la cultura, la poesia, la parola, in favore di quella popolazione e contro il male che subissa quella regione: la ‘ndrangheta.
Di quel che vedo non v’è traccia sui giornali … soltanto notizie ufficiali / dette nel tono che si conviene.

La seconda parte – prosegue Giorgio Linguaglossa – è formata da trentasei componimenti dai marcati accenti civici e politici. Ne risulta un libro costituito in due stili e due approcci metodologici completamente diversi: tendenzialmente ieratico il primo e tendenzialmente cronachistico il secondo.
Ma, sentiamo lo stesso Lucini: la sezione intitolata Scirocco raccoglie poesie che si ispirano all’ambiente della Calabria e sono segnate dal disgusto per la cultura mafiosa, per la violenza e l’oppressione sociale operata dalla ‘ndrangheta. Le due tematiche, che sembrano così estranee l’una all’altra, sono connesse da una medesima ricerca poetica sui temi della giustizia e della violenza, inquadrati nel contesto della vicenda contemporanea di evidente crisi dell’umanesimo. L’intento del libro non è solo quello della denuncia ma anche di incitare alla ribellione, alla rivolta morale, all’obiezione di coscienza e alla disobbedienza civile, cercando motivi di speranza. Speranza legata alla presenza di persone affatto normali che da sole e con tenacia, con pochi segni di solidarietà da parte di troppo poche realtà italiane e senza quasi sostegno dei politici, ogni giorno con i loro limitati strumenti si oppongono alla ‘ndrangheta rischiando e talvolta pagando di persona un conto che peraltro sarebbe collettivo, non individuale.
Il volto lunare del Sud / è il sorriso d’una vecchia agonizzante … un malessere ubbioso / che mi rende cinico e mi sdoppia: / ma non la sogno io, questa cappa / che piega al basso i sensi e la ragione / ricopre il paesaggio d’una crosta / di polvere e sangue rappreso.
L’esistenza qui pare un beffardo / rifiuto d’ogni decenza / e anche il volto di Dio sembra fuggire / nella luce del mare avvelenato.
La violenza che viene da un passato / che non vuole passare … ci vuole fiaccare da dentro / il desiderio d’essere liberi.
La morte ci succhia come una piattola / e ci rincuora.
Dove sono quelle labbra, quelle voci?
Biancheggia all’arenile / lo sozzura venuta giù con l’amaro / succo delle fiumare / e che risputa il mare quando s’infuria. / Io vi passeggio, catturo immagini / come potesse qualche scatto abradere / questo scempio … Anche l’epoca nostra / lascerà monumenti … grovigli carcasse, plastiche, cemento / e d’ogni veleno e porcheria / per le future leve dell’archeologia … discariche abusive sulla spiaggia … accumulate / per il disgusto collettivo fra i canneti / rifiuti con nomi e cognomi / che nessuno osa pronunciare, / che nessuna forza della Legge / potrebbe mai indagare. /
Sto seppellendo giorni in questa terra … dove … i figli d’uomo imparano mezze parole / gesti e pieghe della bocca / senza domande imparano a campare … si ribellano, a volte, tutti insieme … compiono un supremo / collettivo civico dovere / per continuare a peccare nel privato.
Mi viene incontro il mare … mi vuol parlare di un giorno più nuovo / d’un grande sole che lo ringiovanisce … oltre l’inganno / del riflesso.


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