Poernet n.2: Il poeta e l’Internet


[Ci sembra doveroso riproporre questo dibattito iniziato nell’ormai lontano 2005 da un intervento di Marina Pizzi ospitato su LiberinVersi, per meglio denotarlo, approfondirlo, ampliarlo, con il senno di poi di cinque anni. Buona lettura.]


di Marina Pizzi

Il poeta è un cane da tartufo, un segugio improvviso eppure perpetuo: scova le leccornie e, quandanche gli vada bene, si prende una carezza sulla testa: il vittimismo è proprio il volo pindarico fuori portata.

Le genesi del sale nonostante l’ammansire di qualche bellezza di gioia, ovvero i versi in grado di commettere epifanie, possono servire ad addolcire il buio, a far scaturire dal trampolino del segno il tuffo equoreo di una lambita felicità d’arte quale fonte di rimedio e, forse, di salvataggio.

Così ed anche l’Internet è una valanga di cose scoccate, resistenti e fragilissime, comunque cancellabili o rese invisibili o inservibili o ingannevoli. I motori d’archivio non sono ancora pienamente e facilmente competenti e consultabili atti a conservare,quindi a discernere, ciò che andrebbe preservato o, almeno, tenuto in fonte. L’indice di ogni cosa è trauma, in più qui l’Internet, spazio per atleti che, spesso, non sono appieno coscienti di misure di autocritica e rigore. La poesia non è di certo un’atmosfera di sentimenti allo stato brado o di colloqui tra i bigliettini delle occasioni le più disparate.

Per la prima volta nella storia dell’umanità, nel bene e nel male, le “oasi” (è un eufemismo) di sapienza – o “soltanto” di cultura – hanno conosciuto, hanno dovuto conoscere, un po’ di umiltà e di tangibile democrazia dal basso quale spostamento del baricentro del vetero potere dell’industria culturale sia di massa che di élite.

Certo dalla libertà magnifica si rischia la stabilizzazione del più tirannico e vuoto ed emetti-sentenze dei regimi con, in più, l’immanente indifferenza del mare magnum.

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