Patrizia Cavalli – Scheda Autore

Patrizia Cavalli è nata a Todi nel 1947 e vive a Roma. Ha studiato filosofia.
La prima raccolta di versi: “Le mie poesie non cambieranno il mondo”, uscito per Einaudi nel 1974, è dedicato a Elsa Morante che aveva apprezzato le poesie, mostratele in dattiloscritto, dalla giovane Patrizia.
Sempre Einaudi ha pubblicato “Il cielo”(1981), “Poesie 1974- 1992” (1992),“L’io singolare proprio mio”(1999) e “Con Sempre aperto teatro”(1999), con il quale ha vinto nel 1999 il Premio Viareggio-Repaci.
Nel 2005 esce per Nottetempo il poemetto “La guardiana”.
Con l’ultima raccolta “Pigre divinità e pigra sorte” (Einaudi, 2006) si è aggiudicata il Premio internazionale di poesia Pier Paolo Pasolini.
Ha inoltre pubblicato alcuni racconti su varie antologie e ha scritto per la RAI due radiodrammi, La bella addormentata e Il guardiano dei porci. Ha tradotto per Carlo Cecchi Molière e Shakespeare ; la sua versione del Sogno di una notte d’estate è uscita nella collana einaudiana “Scrittori tradotti da scrittori”.  Le sue poesie sono state tradotte in varie lingue tra cui il francese, l’inglese, lo spagnolo e il tedesco.

All’interno del composito scenario della poesia italiana degli ultimi vent’anni la voce di Patrizia Cavalli è una delle più interessanti. I suoi primi tre libri, Le mie poesie non cambieranno il mondo (1974), Il cielo (1981) e L’io singolare proprio mio (1992), sono raccolti da Einaudi in volume unico per la serie “Collezione di Poesia”. Uno dei motivi di particolare interesse della poesia della Cavalli si trova in una costante, una certezza che opera nel sottofondo, nel pre-testo di ogni componimento. Questa consapevolezza, che è allo stesso tempo una chiave di lettura e una ragione di scrittura, ci è data da subito, dal testo che apre l’edizione Einaudi e che, non a caso, forniva anche il titolo alla prima raccolta pubblicata.

Qualcuno mi ha detto
che certo le mie poesie
non cambieranno il mondo.

Io rispondo che certo sì
le mie poesie
non cambieranno il mondo.

Anche se non particolarmente seducente a prima vista, questa poesia è un vero e proprio manifesto di poetica ed un piccolo gioiello di smaliziata tecnica versificatoria camuffata da apparente semplicità discorsiva. Oltre alla rima baciata mondo/rispondo, nascosta – come spesso accade nei testi della Cavalli – all’interno del verso successivo, si può notare l’interna simmetria ritmica quando si legga non lasciandosi guidare dalla disposizione tipografica dei versi, che in questo caso diventerebbero soltanto quattro, identici a due a due per valore ritmico. Se, come credo, la prima pausa si dovrebbe fare dopo “certo” e “le mie poesie” va letto naturalmente con il verso successivo, in entrambe le strofe, ci troviamo ad avere “le mie poesie non cambieranno il mondo” ripetuto due volte e fatto seguire a due novenari, uno piano e uno tronco con diversa disposizione degli accenti tonici. Quel “sì” del novenario tronco costituisce il perno ritmico e semantico di tutto il testo. Il suo valore assertivo è ancora più marcato dal confronto che si instaura tra il verso “Qualcuno mi ha detto che certo” e “Io rispondo che certo sì” dove la struttura ritmica, come il significato, sono speculari ma non identici. L’affermazione “le mie poesie non cambieranno il mondo” è la stessa nella struttura ed anche nel suo significato ultimo sia per il “qualcuno” che per chi dice “io”. La differenza sottile è nascosta in quel “sì” che per il linguaggio quotidiano dovrebbe essere un “no”. Normalmente in italiano per confermare una negazione si usa una doppia negazione; l’introduzione del “sì” può generare o ambiguità sul valore della conferma o, come io credo in questo caso, essere una perentoria affermazione della verità della proposizione di partenza. Quindi per l’io lirico è vero che le sue poesie non cambieranno il mondo, e questa constatazione è espressa con uno scarto minimo ma deciso dal linguaggio quotidiano, nonostante tutte le altre somiglianze con esso ribadite a più livelli nel componimento.
Ed è sempre e comunque in questo scarto minimo dalla lingua di tutti che si gioca la scommessa di tutta la lirica di Patrizia Cavalli. Come si è detto, questa poesia è un manifesto programmatico, esprime una consapevolezza che sta alla base della scrittura e della sua ricezione allo stesso tempo. Affermare in modo perentorio che dalla poesia non ci si può aspettare alcuna funzione salvifica o capacità di intervenire sulla realtà non vuol dire soltanto chiudersi a tutto quanto esorbita da un’autocontemplazione un po’ narcisistica, che è comunque spesso presente nelle poesie della Cavalli. Rivendicare l’irrilevanza pragmatica della propria scrittura, e della letteratura in genere, è prima di tutto una dimostrazione di umiltà intellettuale, espressione, tragica se si vuole, di chi non sta a farsi illusioni perché consapevole di quelli che sono ora più che mai il ruolo e l’importanza sociale della poesia. Al contempo però, significa anche ritagliarsi un immenso spazio di libertà espressiva in cui poter far rientrare il narcisismo, il gioco, lo scherzo e pure la più incomunicante idiosincrasia, tutte componenti, queste, ben presenti nei testi della Cavalli.

(Considerazioni su una poesia di Patrizia Cavalli, nota di Antonello Borra da “Bollettino ‘900”)

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